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5 domande al Napoli


E' stata una settimana caratterizzata da voci di mercato, ma anche dall'ennesimo ko del Napoli in campionato: ormai la squadra, come predico da tempo, è in vacanza da quando ottenne il punto salvezza a Reggio Calabria. Neppure mi soffermo sulle ingiuste critiche a Donadoni, colpevole secondo alcuni di non aver dato un gioco agli azzurri: non vale la pena commentare, preferisco appellarmi all'intelligenza dei tifosi napoletani, perchè il Mister ha semplicemente svolto un apprendistato in vista della prossima stagione, con annesse problematiche ormai croniche. Non avrebbe certo potuto, insomma, ridestare dal torpore una compagine schiacciata da una preparazione approssimativa e da una gestione singolare della vita notturna.
Basta ora, guardiamo avanti e proviamo ad immaginare un futuro migliore: il Napoli in queste ore sta tentando di strappare alla Juventus Quagliarella, visto che De Laurentis ha capito che per puntare in alto servono anche i campioni, oltre ai giovani.
Ripartire da Quagliarella e dal metronomo atalantino sarebbe davvero un bell'inizio, da proseguire affiancando a Gargano, Cigarini e spero ancora Hamsik, un giocatore di valore sempre sulla linea mediana; poi ci sarà da fare il possibile per trattenere Lavezzi o al contrario cederlo subito, qualora il Pocho dimostrasse di non credere al progetto, sostituendolo a dovere con i tanti soldi da incassare.
Per il resto mi affido alla saggezza e alla competenza di Donadoni, purchè le componenti societarie remino tutte dallo stesso verso: spero che Marino crei la giusta empatia con il tecnico bergamasco, anche se non l'ha scelto lui. Rilancio affermando che, qualora il Presidente dovesse capire in questi giorni che la convivenza tra i due non è serena, converrebbe lanciarsi in una scelta definitiva tra i due, per quanto questa ipotesi possa apparire ardita: il mio auspicio è che non si tolleri una convivenza forzata.
Il numero 1 azzurro dovrà essere chiaro prima di tutto con sé stesso e poi con chi come noi ama il Napoli: con Marino c'è vera fiducia, o lo si tiene solo in virtù di un contratto blindato? Se si è soddisfatti, perché chiedere conto di altri dg ai colleghi presidenti, informandosi su altri dirigenti presenti sulla scena? A che pro braccare questo tipo di mercato? Nel mondo del calcio, si sa sempre tutto di tutti, ed al sottoscritto, seppur in camera caritatis, ben due presidenti hanno fatto questo tipo di rivelazioni, aggiungendo che il patron partenopeo vedrebbe di buon occhio sotto il Vesuvio un giovane dirigente che opera in una società del centro nord... Senza contare i colloqui avuti in passato con l'amministratore delegato della Sampdoria Beppe Marotta.
Oltre a puntare forte sul mercato, mettendo il bavaglio a chi lo accusa ingiustamente di tirchieria, De Laurentiis deve fare chiarezza nell'aspetto societario, onde evitare problemi ormai arcinoti: imitando il bravissimo Ezio Mauro, anch'io sarei curioso di fare qualche domanda al Presidente.
A) Caro Presidente, lei crede ancora in Marino?
B) Lo conferma solo per il suo contratto oneroso, difficile da interrompere?
C) Se soddisfatto di Pierpaolo, perché tratta altri dirigenti?
D) E' certo che Donadoni e Marino si stimino reciprocamente?
E) Conoscendo Marino e sapendo quanto è orgoglioso, pensa davvero che accetterà di collaborare con un allenatore non scelto da lui?
Non essendo all'altezza del Direttore di Repubblica, mi fermo al 50% dei quesiti, sperando in risposte di sincerità e non di diplomazia. Ne va del bene del Napoli che non è solo del Presidente, ma dei milioni di tifosi sparsi nel mondo: in fondo perdonatemi, ma, come diceva Andreotti, "a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si prende".

Ora un centrocampista


Se come è sempre più probabile Antonio Conte vincerà il suo ballottaggio con Ciro Ferrara e diventerà il prossimo proprietario della panchina bianconera, la Juventus farà un grande investimento su un centrocampista di qualità. I dirigenti di corso Galileo Ferraris hanno ristretto a tre i nomi dei papabili: Gaetano D'Agostino, David Pizarro e Xabi Alonso.

D'AGOSTINO E... CRISCITO - La mente dell'Udinese, che piace anche all'Inter, in questo momento è il favorito. Il ds Secco è in contatto da tempo con i dirigenti dell'Udinese. Non appena Conte si insedierà sulla panchina bianconera (ma anche Ferrara gradirebbe averlo...), partirà l'assalto. Il suo prezzo si è alzato (14-15 milioni chiedono i friulani) e c’è l’interesse anche di club esteri come l'Atletico Madrid. Intanto per la difesa la Juve sembra avere risolto il problema dell’esterno sinistro. A Torino tornerà infatti Criscito dopo il prestito al Genoa.

XABI ALONSO - Il centrocampista del Liverpool lo scorso anno è stato il tormentone dell'estate bianconera, ma adesso è di nuovo nei piani della Juve. Arrivare allo spagnolo però non sarà facile visto che Benitez non intende mollarlo. C’è poi da considerare la concorrenza del Real Madrid. Per prenderlo servono almeno 20 milioni.

PIZARRO - Il cileno è l'ultima idea che sta circolando con sempre più insistenza a Torino. La prossima settimana David avrà un colloquio con la dirigenza giallorossa per rinnovare il contratto in scadenza nel 2010. Gli indizi portano a credere che un prolungamento sia possibile, ma c'è una variabile della quale tener conto: il futuro di Spalletti. Se il tecnico di Certaldo lascerà la capitale, allora per la Juventus trattare Pizarro sarebbe più facile.

Roma, idea Mancini


Ultimatum a Spalletti. Entro martedì prossimo la società vuole sapere dal tecnico le sue intenzioni. Oggi, alla ripresa degli allenamenti a Trigoria, Spalletti incontrerà Pradè, forse non Conti, che è impegnato con i cerimoniali dell’Uefa per la finale di Champions League.

Ma l’incontro decisivo sarà quello con Rosella Sensi, che conta di parlare con l’allenatore entro l’inizio della prossima settimana, non più tardi. La Sensi proverà in tutti i modi a convincere il tecnico a restare, la Roma non ha ancora preso in consi­derazione l’ipotesi di cambiare e non vorrebbe prenderla. La società giallorossa spera che Juventus e Milan ufficializzino le loro scelte per la panchina (che non comprenderanno Spalletti) in tempi brevi, per arrivare all’incontro con il tecnico con un maggior peso contrattuale.

Chissà se gli attestati di stima ricevuti in questi giorni dai suoi giocatori possano far tornare Spalletti su una decisione che ha confidato di aver già preso ad amici e ad alcuni tifosi che lo hanno sostenuto. Se il tecnico mantenesse la sua posizione dovrebbe dimettersi, perché la Roma non accetterebbe nessuna transazione o buonuscita.

I nomi dei possibili successori di Spalletti sono stati già individuati. Ranieri e Giampaolo su tutti, con Allegri più defilato. Ma c’è un’ipotesi che non sarebbe sgradita alla piazza. Riguarda Roberto Mancini, che lunedì sera in una cena tra amici ha confidato che allenerebbe volentieri la Roma.

Milan ostaggio dei tifosi


Paolo Maldini, quello che è accaduto domenica, in occa­sione del suo addio a San Si­ro, è davvero stupefacente.
«In effetti. Uno pensa di ave­re visto tutto e invece...».

Amareggiato?
«È stata una domenica sur­reale. Così bella all’inizio, con lo stadio pieno. Davvero stu­pendo. Poi però c’è stata quel­la bravata di 100-200 persone che non va sopravvalutata ma che non deve neppure passare sotto silenzio. Io ho sbagliato, ho offeso i contestatori con un gesto istintivo e tante parolac­ce. Me ne assumo la responsa­bilità. Però l’ho fatto per reagi­re contro una cosa organizza­ta, preparata e pensata senza che io potessi rispondere. Pur­troppo, questo è il calcio in Ita­lia ».

Lei non ha un grande fee­ling con gli ultrà.
«È vero. Non ho mai cercato un rapporto con loro ma non l’ho fatto per snobismo. È che ho sempre puntato sulle mie forze, cercando di meritarmi tutto sul campo: il rispetto dei miei tifosi e quello del mondo del calcio. Per il cognome che porto mi sono sempre dovuto fare un mazzo così. Nessuno mi ha mai regalato niente».

Perché invece tanti calcia­tori hanno rapporti privile­giati con le curve?
«Ti avvicini a loro perché ti senti più protetto. Ti fanno i cori a favore, ti fanno gli stri­scioni. Ma sa qual è stata la persona che ha rafforzato le mie convinzioni? Franco Bare­si. Mi ripeteva: fai tutto in cam­po, non cercare aiuti esterni. Ero capitano da 6 mesi e già mi contestavano: Maldini non sei degno di essere capitano».

Ma cos’è successo esatta­mente tra lei e gli ultrà?
«Da quello che alcuni di lo­ro sono andati a dire in tv, io gli avrei dato dei pezzenti ma una parola del genere non ap­partiene al mio vocabolario. In tutti questi anni ci sono stati soltanto due motivi di frizio­ne. Nel 2005, di ritorno dalla fi­nale di Istanbul, all’aeroporto mi si avvicina uno di vent’an­ni e mi dice: ci dovete chiede­re scusa. Cosa? Io gioco da vent’anni e devo chiedere scu­sa a un ragazzino dopo una fi­nale perduta ma dominata sul piano dello spettacolo? Ma sia­mo matti?».

L’altro episodio?
«Supercoppa europea di Montecarlo contro il Siviglia, nel 2007. In curva stavano tut­ti zitti, volevano picchiare chi provava a tifare. Non so cosa li spingesse a non tifare, se que­stioni economiche o di potere. Allora io, in un’intervista, dis­si: la squadra non è contenta, San Siro per il Milan è uno sta­dio magico ma sta perdendo la sua magia. Giancarlo, uno dei capi, dice che l’ho chiama­to per chiedere scusa ma non è vero: non ho neppure il suo numero di telefono. Abbiamo chiarito tutto un giorno: li ho incontrati per strada, è stato un confronto pacato».

Dopo quello che è succes­so non sarebbe il caso di un nuovo chiarimento?
«Io sono a posto così. Non devo chiarire niente con nessu­no ».

Accetterebbe delle scuse?
«Per carità. Le scuse non le voglio».

Quali sono i messaggi di solidarietà che le hanno fatto più piacere?
«Esclusi quelli provenienti dal mio ambiente e dalla mia famiglia, e già facciamo un centinaio di persone, ne potrei citare tanti. Platini, che mi ha mandato una lettera bellissi­ma prima della partita; Frey, che mi ha detto che la festa me la fa lui domenica; De Biasi, un allenatore che conosco poco; Ciro Ferrara, che avrà avuto an­che i cavoli suoi; Fiorello, che è pure interista. E poi Stefano Borgonovo, Meneghin, Panca­ro, Javier Zanetti, Serena, Al­bertini... Comunque c’è un pa­radosso...».

E quale sarebbe?
«Lo striscione affettuoso che mi ha dedicato la curva dell’Inter nell’ultimo derby e quello di domenica della cur­va del Milan».

Ma è vero che ha litigato con Leonardo?
«Ridicolo. Lui mi ha detto in un orecchio di lasciare per­dere e io gli ho risposto che non ci pensavo nemmeno, che un uomo deve essere un uo­mo fino in fondo. Quando ci è stato riferito che secondo alcu­ni avremmo litigato, ci siamo messi a ridere».

Paolo, c’è ancora amarezza dentro di lei?
«Devo dire che, pur essen­do passate più di 48 ore da quell'episodio, la società non ha ancora preso posizione. Il Milan avrebbe anche potuto dissociarsi e invece non l'ha fatto».

Chi sarebbe dovuto interve­nire? Berlusconi? Galliani?
«Il presidente l'ho visto un minuto... Galliani gira con la scorta... Bastava un dirigente qualsiasi. Pensavo che una pre­sa di posizione pubblica fosse dovuta».

Il mercato degli allenatori

Il mercato degli allenatori, come quello dei giocatori, già impazza. Chi resta al 100%, chi è sicuro di partire e chi invece ha il futuro in bilico e già si fanno i nomi dei sostituti. Se Leonardo e Delneri sono una certezza sulle panchine di Milan e Samp, per altre squadre la situazione è da definire. In casa Atalanta prende quota il nome di Gregucci, Zenga è in orbita Lazio ma anche Bologna, mentre per la Reggina spunta il nome di Novellino.

All'Atalanta c'è un nome nuovo per sostituire Delneri, che andrà a Genova sponda blucerchiata: si tratta dell'attuale tecnico del Vicenza Angelo Gregucci, che avrebbe superato Delio Rossi, ai titoli di coda con la Lazio, e Mario Beretta. E proprio per la panchina biancoceleste sono in corsa Walter Zenga, che domenica ha detto addio al Catania (ma sulle sue tracce c'è anche il Bologna), e l'ex allenatore del Palermo Stefano Colantuono (c'è il Bari). Ritorna poi in scena Walter Novellino, gradito al presidente della Reggina Lillo Foti ma che piace anche al Bari per guidare la squadra nella stagione del ritorno in Serie A. E chissà che il suo ex presidente Cairo non ci faccia un pensierino per la panchina del Toro...
Il presidente Pulvirenti punta dritto a Gianluca Atzori, giovane allenatore del Ravenna e vecchia conoscenza etnea, essendo già stato in Sicilia come allenatore in seconda di Baldini e dello stesso Zenga. Per Wikipedia è cosa fatta: se cerchi Atzori, alla voce 'carriera' c'è già il nome Catania per la prossima stagione. Tutto deciso al Milan e in sostanza alla Juve, con la dirigenza che ha optato per Antonio Conte, resta il rebus Roma: se Spalletti dovesse lasciare, è corsa a tre Ranieri, Mazzarri, Giampaolo.

Mou stravince su Moratti

Da "Lo Monaco chi? Io conosco monaco di Tibet, Gran Premio di Monaco, Principato di Monaco" a "Barnetta" al posto di Beretta, per arrivare alla "Prostituzione intelletuale" fino a "zero titoli" e "Resto al 99.9%, anzi al 99.99%". Tutto questo è Josè Mourinho che in pochi mesi ha vinto una supercoppa italiana, uno scudetto fino a diventare il faro dell'Inter oscurando a tratti la figura del presidente Massimo Moratti.

Un'affaire che al numero uno nerazzurro non piace fino in fondo. Lui, che è stato negli ultimi anni, dopo la scomparsa di Giacinto Facchetti, il vero comunicatore dell'Inter, sempre pronto a farsi intervistare dalla stampa, deve fare i conti con Mou. Risultati a favore o contro nulla importava. Sotto gli uffici milanesi della Saras all'appuntamento del lunedì non mancava mai. Ma in questi mesi qualcosa sta cambiando. Ora c'è lui, Josè Mourinho.

Il tecnico che l'Inter ha voluto fortemente per il dopo Mancini e che mette, forse troppo spesso, in secondo piano il maggior azionista del club di corso Vittorio Emanuele. Così come le vittorie dell'Inter.

Mourinho si sente star e da tale si comporta. Tutto calcolato con grande furbizia e colpi ad effetto grazie alla sua invidiabile dialettica. Una delle ultime conferme è che dopo la vittoria del 17mo titolo l'opinione pubblica e i media hanno parlato più del possibile addio di Mourinho che del quarto titolo consecutivo che porta l'Inter a pari merito del Milan quanto a scudetti vinti.

Un addio studiato a tavolino che ha avuto l'effetto che Mourinho voleva: il rinnovo e più potere. A questo è agganciata l'ultima conferma che Mou ormai è il vero faro dell'Inter. Infatti, l'irritazione mostrata anche davanti alle telecamere da Moratti è stata ofuscata dall'ufficializzazione del rinnovo fino al 2012 dello Speciale One.

Fino a quando continueranno ad amarsi Mourinho e Moratti nel caso la prossima stagione l'Inter dovesse uscire di nuovo dalla Champions League?

Fonte calciomercato.com

Vergogna Toro, vergogna tifosi


Una buona notizia dopo la domenica dell'indecenza a San Siro. Giancarlo Abete, presidente della Federazione Italiana Giuoco Calcio, stamane ha annunciato: "La Figc sta pensando di organizzare una partita, anche non agonistica, per celebrare un grande campione come Paolo Maldini. La contestazione nei suoi confronti? È stata una cosa vergognosa. Maldini merita il rispetto di tutti per quello che ha rappresentato e rappresenta. Certe cose sono incomprensibili". Siamo doppiamente grati ad Abete: per avere condiviso la proposta del tributo a Maldini, lanciata un mese fa da Quotidiano.net e, soprattutto, per avere pronunciato parole chiare e forti contro quegli striscioni e quei fischi ributtanti che una frangia di tifosi milanisti ha riservato al Capitano nel giorno del suo addio al Meazza.
Una contestazione che non sta né in cielo né in terra e suona ancora più disgustosa, essendo stata inscenata anche sotto gli occhi della moglie Adriana e dei due figli del fuoriclasse, Christian, 12 anni e Daniel, 7 anni nonchè di suo padre Cesare, dei suoi cari e di 71.500 milanisti che a Paolo hanno riservato applausi, lacrime ed emozioni. Per non dire dei giocatori della Roma, scesi in campo con la t-shirt che recitava "Grazie Paolo, grande capitano".
Maldini non è mai stato un ruffiano, un opportunista, un conformista. Maldini è un uomo vero e rende lillipuziani dello spirito quelli che lo insultano e che lo offendono. E non ce ne frega nulla sapere se siano "un'esigua minoranza". Sono sempre troppi. Roberto Baggio, oggi sulla Gazzetta ha scritto parole giuste: "Paolo è stata l'ultima persona che ho abbracciato su un campo di calcio, il 16 maggio di cinque anni fa, quando è toccato a me, proprio in un Milan-Brescia. Ci siamo incrociati in mezzo al campo: ho sentito che in quell'abbraccio gli trasmettevo qualcosa e lui a me... Chi ha dato tutto come Paolo non avrà mai rimpianti. Gli sono vicino con tutta l'intensità che deriva dal nostro percorso comune".
Siamo tutti con Maldini. E siamo tutti con Gasperini, tecnico di un Genoa leale e onesto che a Torino ha giocato benissimo e ha meritato di vincere, pur sopportando l'incredibile, isterica reazione finale di una squadra che, se retrocederà in B, dovrà scatenare una rissa con se stessa e con la propria società, per i suoi errori e i suoi orrori. "Caro Cairo, ecco il tuo fallimento", ha titolato stamane Tuttosport, fondato da Renato Casalbore, scomparso a Superga il 4 maggio 1949 con il Grande Torino. "Dal settembre 2005, Cairo ha cambiato o delegittimato sei direttori sportivi (Salvatori, Tosi, Antonelli, Lupo, Pederzoli, Foschi: pure quest'ultimo avrebbe le valigie pronte, annota Piero Venera). Con gli allenatori non ha combinato di meglio, passando e ripassando in rassegna De Biasi, Zaccheroni, Novellino e Camolese...". E lasciamo stare il battaglione di giocatori presi e ceduti, sennò facciamo notte.
Non ne possiamo più di dietrologie, malignità, culture del sospetto e dell'insinuazione: vogliamo una buona volta imparare ad accettare i verdetti del campo, qualunque essi siano? Vogliamo imparare a perdere? Vogliamo piantarla di cercare alibi, di recriminare, di giocare a scaricabarile? Un altro calcio è possibile. Ma non questo. Non merita né Maldini né Gasperini né tutti quelli che lo onorano.

Toro, sei ridicolo

La sconfitta del Toro allo scadere, la serie B ad un passo e poi la rissa. Torino-Genoa si è chiusa malissimo, e il giorno dopo il presidente granata Urbano Cairo cerca di spiegare cosa è successo: «Abbiamo ancora una piccola speranza che domenica siano tutte partite vere, non solo le nostre... Il campionato non è ancora chiuso- dice a Radio Anch'io Sport- Non è piaciuto sentire alcuni commenti della Menarini o di Di Vaio. Quando il presidente del Bologna dice che non si sono pestati i piedi col Chievo. Non ho visto una parata di un portiere, nemmeno un tiro in porta. Se questa è una partita vera... Il Genoa con noi ha giocato come se dovesse vincere lo scudetto. E mica mi lamento. L'Europa per loro era svanita dalla domenica prima, ma anche se non avesse avuto quell'obiettivo è giusto che il Genoa abbia fatto la sua partita. Ma deve essere così sempre».

LA RISSA
- Certo, il risultato non giustifica quel finale... «Un finale che non condivido, ma ci sono le provocazioni di Thiago Motta che zittiva la panchina, o lo stesso Olivera che ha dato un pugno a Colombo. Ho visto anche tifosi del Genoa in campo. Guardiamo bene le immagini. Chi ha provocato tutto è stato Thiago Motta, nel momento in cui gli animi sono esacerbati. Nella vittoria un filo di signorilità ci vorrebbe. Ma non giustifico nulla, multerò i miei giocatori che hanno sbagliato. Abate lo multerò, è chiaro. Ma credo che anche qualcuno del Genoa andrebbe multato. Il Genoa non ha saputo vincere. Gasperini ha detto cose da primo della classe. Ora mi auguro che il Catania faccia una bella partita col Bologna, domenica prossima. Zenga ha detto che andrà via, e poteva evitare di anticipare la sua decisione, ma ciò non toglie che possano fare una bella».
Cairo si lamenta, di cosa poi non si capisce. Dice che Chievo e Bologna si sono divisi un punto che ha fatto comodo ad entrambe le squadre: si, è vero, ma, caro Cairo se la tua squadra avesse vinto o quantomeno pareggiato contro il Genoa, il punto del Bologna sarebbe valso a poco, anzi a niente! Quindi, un bel esame di coscienza bisogna farselo per chi ha allestito una rosa scadente ed insufficiente e, soprattutto, da chi ha cambiato tre allenatori non dando a nessuno la fiducia necessaria per guidare un gruppo in una piazza come quella di Torino. E poi, Cairo ricordati come hai vinto la partita col Napoli... Hai la memoria corta!

Gli stupidi rossoneri


E' difficile capire ormai le dinamiche di uno stadio, tanto più quelle dei gruppi ultrà. Probabilmente quelli del secondo anello di San Siro saranno molto contenti per essere riusciti a rovinare la festa di Maldini e soprattutto per averne avuto tanta pubblicità. La contestazione a Maldini ha soverchiato la stessa festa di Maldini. Inutile ripetere i 25 anni di Milan del capitano rossonero, le sue 901 partite, i 7 scudetti e le 5 Coppe dei Campioni, inutile spiegare qui che cosa rappresenti Maldini per il Milan e per il calcio italiano. In un paradosso del genere c'è tutta l'assurdità del pallone di oggi. Che di questi paradossi se ne debbano coltivare così tanti proprio in casa del Milan è imspiegabile. Molte cose si possono contestare a Berlusconi, rimproverargli di non aver speso soldi per il Milan è però una colossale idiozia. E la contestazione a Maldini più che un gesto violento o di ribellismo è stato un qualcosa di ridicolo, fuori luogo, certamente stupido nella sua spettacolarità. Assolutamente senza senso. Gli ultrà oggi saranno molto fieri della loro singolare posizione e del loro isolamento.

Napoli scatenato: Iaquinta


Quello che c’era da seminare, è stato seminato. Il Napoli dispo­ne già del «sì» di Cigarini al trasferimento; aspetta en­tro lunedì pomeriggio di ricevere quello di Acqua­fresca; spera, infine, con il passare dei giorni, di «stregare» De Ceglie, già corteggiato quando gioca­va nel Siena. Tre naziona­li Under 21, giovani pron­ti da lanciare in orbita, co­me già fatto con Santacro­ce pescato a gennaio del 2008 quando era ancora in B e proiettato fino alle soglie della nazionale maggiore. Ormai è chiara la strategia portata avanti dal tandem De Lauren­tiis- Marino ed avallata da Donadoni: investire su giovani talenti di casa no­stra, puntare sul sicuro anche a costo di sborsare una manciata di euro in più e costruire così una squadra capace di decol­lare in tempi più o meno brevi. Ma non si limiterà qui: il Napoli sa che per trasci­nare i giovani occorrono anche un paio di elementi di spiccata personalità. Da qui, altre finestre aperte sul calcio mercato, un paio apparentemente difficili da condurre in porto (Quagliarella, ma c’è la Juve in pole, e Ia­quinta), qualche altra an­cora possibile ( Daniele Conti) e un’altra ancora spuntata nelle ultime ore (Crespo) ma anche tra­montata visto che l’argen­tino sta andando al Genoa facendo infuriare la Fio­rentina. De Laurentiis che domani compie gli an­ni (60) è scatenato. Lui si muove in una direzione, Marino nell’altra, entram­bi presenti su più tavoli e così quelle che sembrano trattative reali di mercato si trasformano all’im­provviso in amabili depi­staggi. Rientra nella nuo­va strategia avviata dal Napoli. «Mi dispiace, per queste cose deve parlare con Marino» , risponde uno. «Purtroppo per tali questioni decide il Presi­dente», replica l’altro. E così anche per quei pro­curatori che battono cassa diventa un rompicapo ar­rivare al nodo del proble­ma. Oggi a Catania ci sarà uno dei manager di La­vezzi, Mazzoni. Proverà a capire da Marino quali so­no le intenzioni del Napo­li per il suo assistito. Pro­spetterà le proposte di in­gaggio raccolte un pò in giro per l’Europa (Inghil­terra e Spagna) per il Po­cho ed anche la possibili­tà di una eventuale ces­sione a cifre importanti. Ma la risposta del Napoli sarà sempre la stessa:«Per noi Lavezzi è incedibile, il Presidente non ha alcuna intenzione di privarsi di lui» . Si va verso il braccio di ferro ma non sarà questo a spa­ventare De Laurentiis, a cui peraltro nessuno an­cora si è presentato for­malizzando una vera of­ferta per Lavezzi. Solo pa­role. A chi gioverebbe, poi, un vero braccio di ferro?

Mou, Ibra e il Real


Quello del cronista è un mestieraccio, nel senso che per deformazione professionale si è portati a considerare scenari diversi. A voler pensar male, dietro la pista Real per Mourinho, forse non c'è l'idea di lasciare l'Inter ma quella di trasformarla.
Riflettete un attimo: quante volte Mourinho si è lamentato di di un'Inter ereditata da Mancini per giustificare certe carenze nella personalità a livello europeo?
Ora, forte di un campionato vinto in carrozza, Mourinho punta dritto all'Europa e non vuole perdere tempo. Le sirene spagnole sono lo strumento per convincere Moratti a grandi esposizioni finanziarie per 'mourinhizzare' l'Inter. Lo Special One è tutt'altro che stupido e sa che la cantonata presa con Quaresma ha tolto forza alle sue indicazioni di mercato presso Moratti, ma un terzo della rosa attuale non gli piace e vuole spazzarla via. Poi, a voler pensare proprio male, anche gli ultimi atteggiamenti di Ibrahimovic sembrano dargli una mano. Moratti insiste per un mercato morigerato ma intanto ha già preso Milito, Thiago Motta e Arnautovic, e tratta D'Agostino.
Mourinho vorrebbe aggiungere pure Obi Mikel, Deco, Drogba e Carvalho. Investimenti pesantissimi, a cui Moratti non era preparato. Certo, dovesse spuntarla lo Special One, per i tifosi nerazzurri sarebbe una pacchia con l'Inter più forte di sempre e con buona pace del Real. Senza contare che secondo indiscrezioni provenienti da Madrid sarebbe stato proprio Mourinho, attraverso il suo procuratore Jorge Mendes, a contattare Florentino Perez e non viceversa. Anzi, fonti vicine a Florentino Perez riferiscono che l'aspirante presidente, favorito nell'elezione del 14 giugno, sulla panchina del Real più che Mourinho vedrebbe volentieri Arsene Wenger o al limite Manuel Pellegrini, il tecnico del Villarreal che, giungendo ai quarti di finale di Champions League, ha recentemente superato nel ranking Uefa lo stesso Real Madrid, umiliato dal Liverpool negli ottavi. Un sorpasso storico per il calcio spagnolo.
Insomma diverse verità per una tipica vicenda da mercato estivo, destinata comunque a chiudersi presto. Almeno per quest'anno. E a voler essere ancora più maligni, siamo proprio sicuri che Moratti si strapperebbe i capelli per un improvviso addio dello Special One? Al presidente i tecnici che pretendono carta bianca non sono mai piaciuti. Marcello Lippi docet.

Inchinandosi a Paolo Maldini


Sarà l'ultima partita a San Siro quella di domenica pomeriggio contro la Roma per il nostro Capitano Paolo Maldini. Sarà una domenica speciale, unica, per tutti coloro che saranno presenti nel tempio rossonero per salutare il 'Numero 3' alla sua partita numero 901, nella sua casa e davanti al calore di tutti i cuori rossoneri che sanno quale emozione si provi alla sola pronuncia del nome Paolo Maldini.

Fosse per Paolo, saluterebbe uno ad uno ogni tifoso, regalando un sorriso, un abbraccio a tutti coloro che in questi venticinque anni gli hanno dimostrato il proprio affetto e gli hanno fatto sentire il proprio calore e così alla fine della partita contro la Roma, il Capitano non potrà mancare nel ringraziare e salutare i suoi fans, coloro che lo hanno accompagnato conquista di ben ventisei trofei con il Club rossonero nel corso della sua carriera da calciatore professionista con un immancabile giro di campo. 

Ogni tifoso che parteciperà alla festa di domenica a San Siro riceverà un regalo speciale per ricordare il Capitano, la sciarpa “Tre solo per te” creata apposta per l'occasione e l’album Panini con le ventiquattro figurine della carriera del Capitano.

Una domenica di festa ricca di un doppio significato: l'ultimo incontro interno del Campionato di Serie A che coincide con il saluto di Maldini al pubblico di San Siro e per l'occasione il Milan scenderà in campo nel match contro la Roma con la nuova divisa della stagione 2009/2010. Per tutti i cuori rossoneri ci sarà la possibilità di acquistare la nuova maglia rossonera 2009-2010 personalizzata “MALDINI 3” e impreziosita dal patch celebrativo “Tre solo per te” presso il San Siro Store.

Una domenica così importante rimarrà certamente impressa nella mente e nel cuore del nostro Capitano e in quello di ogni tifoso rossonero, un pomeriggio speciale, ricco di emozioni, come è stata ogni gara in cui Paolo è sceso in campo impegnandosi sempre al massimo per la causa rossonera, grazie Capitano, ci mancherai (acmilan.com)

Toglietemi tutto, ma non Mou


Il neo campione d’Italia è bramato e desiderato da tutti: non hanno atteso neanche una settimana per sferrare l’attacco su Josè Mourinho, lui, che dice che resterà all’Inter al 99,99%. Fernando Perez lo vuole a tutti i costi al Real Madrid, Mou tranquillizza tifosi e società e per ora sembra sia stato solo un fuoco di paglia: lo Speciale rimane e che Perez se ne faccia una ragione, il suo amore, come tutte le grande storie d’amore, è destinato ad essere un amore infelice. Resta un’unica postilla che ronza in testa soprattutto ai più scettici: cosa accadrà a quello 0,1%?  Si sa, i colpi di scena sono ammiccanti, sia mai che ce ne sia uno in riservo per i neroazzurri… Ricordiamo, a chi non se lo ricordi, che l’ultima volta che s’incrociarono le stra¬de di Moratti e Perez fu nel 2002 per un altro, a modo suo, tutto speciale: Ronaldo. Fu un’estenuante odissea, conclusa il 31 agosto. Sta¬volta, speriamo tutti di no.
La parola a Mou – Queste le parole dello Special One: “Resto all’Inter al 99,9%, chi allenerà il Real Madrid sarà un uomo fortunato. Per me la cosa più importante è che il mio presidente sappia tutto e sappia tutto da me, non dalla stampa o perché qualcuno gliel’ha detto. Il primo a sapere che c’è qualcosa è stato il mio presidente. Non il Real Madrid, ma è l’essere felice la grande tentazione. Lavorare felice, svegliarmi tutti i giorni e andare, in questo caso, ad Appiano con grande gioia, soddisfazione, e lavorare. Come diceva un allenatore tanti anni fa: dove c’è un campo, i giocatori e qualche pallone, tu puoi essere felice. Ma ovviamente il Real è il Real e si può dire che è una piccola tentazione…”. Le tentazioni sono il peccato originale da cui si cerca di tenersi alla larga, Mou ci è dentro fino al collo, starà a lui seguire il cuore, seguire la fama oppure semplicemente credere nel suo futuro in neroazzurro. Il progetto c’è, Motta e Milito anche.
Non solo Mou –  Fernando Perez ha deciso di razziare l’Inter e c’è chi si chiede se non sia una piccola rivincita per casa Moratti verso chi  ripete da troppo tempo ormai che l’Inter non si è meritata lo scudetto, che il gioco dei campioni d’Italia non è stato esaltante, poi, arriva Perez e senza volerlo smentisce tutto: vuole Mou e non solo. Questo interesse, quindi, non può che è esser dato da una grande ammirazione per il lavoro dello Speciale e per i suoi giocatori: tanto di cappello a tutta l’Inter, la stima che stanno dimostrando nei confronti dei suoi componenti non può che esser una conferma di quello che l’Inter ha mostrato in campo quest’anno. Non è, quindi, solo Mou il sogno nel cassetto di Fernando Perez. L’imprenditore spagnolo è infatti pronto a buttarsi anche su Zlatan Ibrahimovic, che dovrà divincolarsi tra le adulazioni del Barcellona, già da tempo sui suoi passi, ed il Real.
Sarà vero? – Il quotidiano spagnolo AS non crede a Josè Mourinho: “Mourinho gioca al depistaggio” scrivono. %. Secondo AS  il tecnico morirebbe dalla voglia di allenare il Real Madrid e starebbe pensando seriamente di lasciare il club nerazzurro. Le voci sul fattaccio verrebbero, sempre secondo AS, da Mou stesso che avrebbe confidato a una persona di fiducia di Florentino Perez di esser disposto a tutto pur di sedere sulla panchina dei merengues: “Io voglio allenare il Real Madrid. È chiaramente la mia priorità”. Sembra strano per una persona così sincera (fin troppo alle volte) e corretta come Mou. Sarà vero quindi? I più maligni già vociferano sul suo possibile sostituto, si parla di uno tra Diego Simeone o Walter Zenga, due ex interisti graditissimi in società: scelte di cuore nel caso lo speciale decida di terminare questo amore italiano.
SuperMario – Per ora, nonostante le insinuazioni, il progetto neroazzurro procede che sia con Mou o senza di Mou e non poteva certo mancare un pensiero-Speciale su SuperMario Balotelli, amore ed odio infinito che fa parlare di sé nel bene e nel male: “Continuo a fare fatica tuttora a inserirlo, tutti i giorni, è molto faticoso. Visto i suoi nuovi capelli? Un disastro, con lui è una sfida tutti i giorni. Basti pensare a quello che è successo domenica contro il Siena tra lui e Ibra. Lo svedese, ovviamente, in questo momento ha un’ambizione personale: diventare capo cannoniere. La nostra squadra è una squadra che ha dipeso molto da lui, dal punto di vista offensivo, dai suoi movimenti. Prima del Siena, ci siamo detti che il titolo di capocannoniere non deve essere un obiettivo di Ibra, ma della squadra. Se vince, vince. Se non vince, non vince, però dobbiamo fare qualcosa in più. Mario ha fatto gol, ha festeggiato con Santon, non è un ragazzo cattivo, lo ha fatto per istinto. Poi, la reazione di Ibra è stata quella di un pò di frustrazione”. Il treno neroblu va avanti e come finirà la storia lo vedremo solo vivendo…

Retroscena e verità

Ecco l'intervista ad un misterioso personaggio che ci svela importanti retroscena e curiosità sul prossimo calciomercato.

Finisce il campionato, come da copione, ed immediatamente si inizia con la bagarre…
"Oddio, bagarre mi sembra esagerato. Si stanno muovendo in pochi…"

Ma non lo stanno facendo di certo in silenzio
"Beh la Juventus con questa dirigenza passa inosservata come un elefante in cristalleria. Non ha senso esonerare un allenatore a due giornate dalla fine, per di più disattendendo una tradizione come quella bianconera".

Che prospettive vede per la Juve?
"Non rosee. Si finirà col pagare due allenatori togliendo soldi ad un mercato che sarebbe dovuto essere quello della rinascita".

Si sa già qualcosa su chi potrebbe essere il dopo Ferrara?
"Non lo sanno nemmeno loro, quindi non posso saperlo io. Mi sbilancerei su Spalletti se dovessi fare un nome

A proposito di allenatori, il Real fa sul serio con Mourinho
"Sì, fa sul serio. Hanno già presentato un'offerta ufficiale a Mourinho della quale non conosco l'entità. Ma.."

Ma… ?
"Ma l'allenatore dell'Inter ha rifiutato ogni tipo di contatto. Da qui a dire che non se ne farà nulla al mille per mille ce ne corre, ma al momento è così".

Una sua impressione?
"La mia impressione è che se Mourinho dovesse andare da Moratti a dire che vuole il Real, la società nerazzurra avrebbe in mano tutte le possibilità per un risarcimento ultramilionario dal portoghese".

In che senso?
"Ovviamente sto estremizzando il concetto, ma l'Inter sta facendo mercato su precise indicazioni di Mourinho. Milito, Thiago Motta, Arnautovic li ha voluti lui. Sono sacrifici economici che non possono essere resi vani, di questo sono abbastanza certo".

Resta il Milan, con la telenovela Ancelotti
"Telenovela già scritta, tra l'altro…".

Ovvero?
"Da quello che so io, Ancelotti ha già firmato con il Chelsea. Entro fine Maggio sarà ufficiale".

E al Milan chi ci va?
"Ci sono due possibilità. Berlusconi vorrebbe Van Basten, su questo non ci piove, mentre Galliani spinge per Galli e Tassotti, in nome della continuità".

Obiettivi Tevez e Quagliarella


Cobolli conferma l'interessamento per Quagliarella. ''L'ho letto anche io sui giornali, è un buon giocatore e questo dimostra che la Juve continua a guardarsi in giro per completare ancora di più la sua rosa dopo il probabilissimo arrivo di Diego e quello di Cannavaro". Per un Quagliarella che potrebbe arrivare, un Iaquinta che potrebbe partire e finire al Tottenham. "Io credo che rimarrà sicuramente alla Juventus. E' uno dei nostri pezzi forti, lo ha dimostrato in questi ultimi tempi". Nessuna trattativa, invece, per Lavezzi. "Ha ragione Marino, non lo seguiamo''. Infine una battuta sul presunto interessamento per l'argentino del Manchester United, Carlos Tevez: "Credo sia solo un sogno di mezza estate".

Juve, in auge Xabi Alonso


La nuova Juve ha un sapore antico. Ciro Ferrara in panchina e il suo concittadino e amico, Fabio Cannavaro, da ieri di nuovo vestito di bianconero, dopo la parentesi ma­dridista. «Sono felice di essere tornato», dice. Ora si attende soltanto l'ufficializzazione di Diego, praticamente un dettaglio visto che il Bayern di Monaco si è fatto da parte. L'amini­stratore delegato, Jean Claude Blanc, ha parlato di una pausa di riflessione. Ma il mercato non può attendere. Cannavaro e Die­go sono soltanto i primi due tas­selli di un puzzle, altri bisogna aggiungerne. Le scelte sono legate alla figu­ra del nuovo allenatore ma l'in­gaggio di Diego condiziona le so­luzioni tattiche. Si sa che il bra­siliano preferisce agire da trquartista, vertice avanzato del centrocampo a rombo. Se questa è la strada, allora è prevedibile che la società si metta alla ricer­ca di un regista basso. Offerta limitata e molto costo­sa.
IDEA D'AGOSTINO - Potrebbe rispuntare l'ipotesi dello spagnolo del Liverpool, Xabi Alonso, lungamente corteggiato la scorsa estate, ma poi scomparso nelle brume di Vinovo e riap­parso con le sembianze del danese Poulsen, evidentemente altra cosa rispetto al campio­ne d'Europa. Xabi Alonso non è sicuramente a buon mercato e l'investimento che la socie­tà bianconera sta facendo su Diego ha ogget­tivamente ridimensionato le disponibilità. Poi c'è sempre il mercato italiano che offre qualche soluzione. Nei mesi scorsi gli osserva­tori bianconeri avrebbero seguito con grande interesse le prestazioni del regista dell'Udi­nese, D'Agostino. Il ragazzo nel ruolo è esplo­so negli ultimi due anni, seguendo un po' lo stesso percorso di Pirlo. Nato trequartista (ma forse un po' troppo lento per quella posizione), fu trasformato in regista basso da Alberto Ma­lesani. Pasquale Marino ha proseguito e ulte­riormente perfezionato quel lavoro. Oggi D'Agostino è una certezza. Non costa pochis­simo ma potrebbe sempre essere più abbor­dabile di Xabi Alonso, anche perché l'opera­zione potrebbe prevedere contropartite tec­niche. La Juventus sarebbe intenzionata a riporta­re a Torino alcuni dei giocatori che oggi vesto­no altre maglie, in particolare Palladino e Cri­scito. Giocatori giovani che pos­sono anche interessare una squadra come l'Udinese che la­vora molto sulla valorizzazione.

Milan, tentativo Mexes

Tocca fare in fretta, perché la concorrenza è pronta a saltare alla gola della Roma per assicurarselo. Philippe Mexes e il Milan è una storia vecchia di un anno che nei prossimi giorni arriverà a uno snodo cruciale: dentro o fuori, senza più possibilità di prendere tempo. Il francese, che a Roma vorrebbero tenersi stretto, è finito nel mirino dell'Inter, che ha per il momento sondato il terreno. Per prenderlo il Milan deve sborsare 15 milioni.

E, soprattutto, deve farlo in fretta. Il punto, ad oggi, è più o meno questo: i rossoneri, Berlusconi in testa, sono convinti che il centrale giallorosso sia il giocatore ideale da affiancare a Thiago Silva per rinforzare la difesa. La Roma, dal canto suo, fa resistenza - e questo complica le cose, perché i rapporti tra le società sono buoni e il Milan non si muoverà senza il consenso dei capitolini -, ma è consapevole della possibilità di fare cassa con il francese. Cassa, nel caso specifico, sono i 15 milioni previsti nel contratto di Mexes per liberarsi. O, se la concorrenza dovesse farsi importante, dai tre ai cinque milioni in più. Roba buona, insomma, con cui la Roma, che chiuderà con un lieve passivo il bilancio, potrebbe far tornare i conti.

Detta così, dunque, non resterebbe che mettersi attorno a un tavolo e chiudere l'affare. La questione, però, è leggermente più complicata. Intanto perché l'interessamento - interessamento, per ora niente di più - dell'Inter sta rompendo le scatole ai cugini rossoneri. Quindi perché, a Roma, la situazione societaria in evoluzione potrebbe cambiare tutte le carte in tavola. In altre parole, il rischio è quello di trattare un giocatore con la persona sbagliata - i Sensi - e di veder naufragare tutti i pre-accordi una volta cambiata la proprietà del club giallorosso.

Logico, in questo senso, che la rapidità di esecuzione diventi un fattore importante. Chiudere e chiudere al più presto. Manca solo un dettaglio affatto trascurabile: cosa pensa Mexes? Lui, dicono a ragione, a Roma sta bene e tutto sommato resterebbe lì volentieri. Però, come tutti, vuole certezze che l'attuale dirigenza, per ovvi motivi, non può dargli. Certezze economiche, e qui il problema è relativo, ma anche un progetto di rafforzamento che riporti Totti e compagni al livello delle migliori. Senza queste rassicurazioni, ben venga il Milan.

Ranieri-Juve: in tribunale


"Blanc si è rimangiato la parola data. E con lui la Juventus. Un comportamento del genere non è da uomini. E, soprattutto, non è da Juventus". La rabbia di Ranieri è una nube gonfia e nera che sembra poter travolgere tutta Torino. E che invece finisce incanalata nella strettoia giudiziaria di una causa civile. Il giorno dopo l'esonero è anche quello della decisione più pesante, di quelle che un uomo di sport come lui non vorrebbe mai prendere: "Li porto tutti in tribunale", dice al suo avvocato, Mattia Grassani. Come tutte le storie di non amore, anche il rapporto tra la Signora e l'uomo che l'ha illusa per due anni, finisce così davanti a un giudice. Tutti lì, in piedi, a elencare torti e angherie, incomprensioni ed equivoci. Vergogne private di un legame che non ha mai soddisfatto fino in fondo nessuna delle due parti. Motivo del contendere, i soldi. Che però, come spesso succede, non sono che un pretesto che nasconde tutta la rabbia accumulata dal tecnico per un trattamento ritenuto ingiusto. L'appiglio scelto da Ranieri e dal suo legale è una clausola minuscola. Voluta in calce al contratto dallo stesso Ranieri. Una clausola che prevede il pagamento di una indennità di buonuscita (caparra penitenziale), in alternativa alla modalità classica dell'esonero (mantenimento del vincolo di tesseramento e dell'impegno economico sino a scadenza del contratto, 30-06-2010). In pratica: Ranieri, in virtù di quella clausola, poteva essere licenziato solamente dopo il pagamento di una penale da un milione e mezzo di euro (come accade all'estero). La Juve, invece, lo ha silurato tenendolo comunque in organico (come si fa di solito in Italia) e ora continuerà a pagargli lo stipendio fino al 2010, o almeno fino a quando Ranieri non troverà un'altra squadra. Il tecnico e il suo vice, dunque, sono ostaggio della società alla quale devono continuare a rispondere, e alla quale devono chiedere il permesso in caso di contatti con altri club. "Quando abbiamo stipulato quel contratto - ha ricordato Ranieri al momento di decidere l'azione legale - con Blanc avevamo fatto un discorso chiaro, faccia a faccia, e mi aveva dato la sua parola di gentiluomo che qualora la Juventus non fosse stata soddisfatta si sarebbe avvalsa della clausola di recesso. Così non ha fatto. Ed è venuto meno alla parola data. Davvero non me l'aspettavo, pensavo che alla Juve certe cose non succedessero". A Ranieri non è andata giù l'intera operazione della Juventus, quella che lui considera "il voltafaccia" di una società che gli ha imposto di condividere tutte le scelte, anche quelle più discutibili, e che poi lo ha "scaricato all'ultimo e in maniera dannosa anche per l'immagine". Una riflessione, quest'ultima, che apre la strada a un secondo mandato all'avvocato: quello di valutare l'ipotesi per una richiesta di risarcimento danni. "Ma io spero che il fair play e gli impegni morali assunti dal club alla fine possano prevalere", si augura Grassani.

Ibra gela i suoi tifosi

Ebbene sì, anche se ha già il titulo in tasca, l’Inter ha ancora una missione sportiva nel campionato 2008-09. Cioè nelle prossime – e ultime – due giornate. Una missione che ha molto a che vedere con la scenata di Zlatan Ibrahimovic nei confronti di Mario Balotelli in occasione del gol di quest’ultimo, il secondo dei nerazzurri al Siena ieri sera.

IL GOL DELLA DISCORDIA — E’ lo stesso Mourinho a spiegare il siparietto: “Colpa mia – dice -. Avevo detto ai ragazzi che era importante giocare per Ibra: per me l’obiettivo che lui diventi capocannoniere del campionato non è individuale ma di squadra, e dunque la squadra doveva fare qualcosa in più per lui. Ho cambiato modulo mettendogli più vicino un giocatore, in modo che lui partecipasse meno alla manovra e puntasse più alla porta. Così quando Mario ha segnato ci siamo arrabbiati tutti: lui poteva, anzi doveva fare l’assist per Ibra, anche a costo del rischio che l’azione poi sfumasse. Ma, dopo la reazione emozionale iniziale, abbiamo considerato che Mario è fatto così, è giovane e naif, davanti alla porta la sua abituale fame del gol gli ha fatto dimenticare le mie parole e gli obiettivi di Ibra, e ha segnato: non va colpevolizzato, è un bravo ragazzo”.

I DUBBI DI IBRA: in campo — Certo, prosegue Mou, ieri sera in quel momento Ibra può aver avuto dei dubbi sull’appoggio della squadra nei suoi confronti, e infatti chiedeva alla panchina di fare qualcosa: “Ma allora non mi stanno veramente aiutando - avrà pensato, secondo Mou -. E io avevo paura che decidesse per conto suo di uscire dal campo – spiega l’allenatore -. Poi però tutto è finito per il meglio, Zlatan ha segnato ed è ancora in corsa per il titolo. E’ vero, infatti, che Di Vaio gioca in una squadra che ha una grossa motivazione, quella di non retrocedere, ma su questo punto c’è anche una grossa pressione. Ibra invece è in una squadra che gioca tranquilla”. Tranquilla sì, ma da adesso anche con il dovere di giocare per Ibra più ufficiale che mai.

I DUBBI DI IBRA: fuori campo — In campo ha litigato praticamente con tutti i compagni. Ma anche dopo la partita Ibra non ha dato segnali di miglioramento nell'umore. Anzi, non ha proprio dato garanzie sul suo futuro all'Inter: "Sul mio futuro non posso dire niente. Se Mario non segnava, lo ammazzavo". "Mancano ancora due partite e faccio di tutto per vincere - ha proseguito - ma nel calcio non c'è garanzia. Nel futuro non so dove sarò, non sono certo un uomo che rimane nello stesso club tutta la vita". Ha anche detto che questo è lo scudetto più bello che abbia mai vinto: "C'era tanta pressione, un nuovo allenatore e dei dubbi su di lui - ha spiegato - ma Mourinho ha spiegato che ha la mentalità per vincere. Ora dobbiamo portare questa mentalità in Europa". Lo svedese ha poi scherzato sullo screzio con Balotelli in campo: "Mario ha fatto gol, se non lo faceva lo ammazzavo". L'insofferenza dello svedese non solo nei confronti del suo giovane compagno, ma anche verso quasi tutta la sua squadra, Mourinho compreso, non è passata inosservata e Massimo Moratti si aspettava che qualcosa andasse storto anche nel giorno della festa scudetto: "È fantastico - sorride il presidente nerazzurro -. Questa è l'Inter e mi sembrava strano che in una partita così tranquilla non ci fosse qualcosa che ce lo ricordasse. Ma non credo sia così importante. Lui rimarrà, con il suo carattere fatto così".

GIAMPAOLO
— Dal canto suo, il tecnico del Siena Giampaolo fa eco: “Gli episodi come quello tra Ibra e Balotelli succedono a cose fatte, tutti cercano di ritagliarsi il proprio momento di gloria, magari mettono il proprio io davanti alla prestazione della squadra, e poi arrivano le discussioni, ma si chiudono lì. E appunto, accadono in quelle situazioni, non certo quando la posta della partita è alta”. Già, ma in ogni caso chi parla è Giampaolo, allenatore e giovane ed emergente: la domanda su quanto si senta adeguato a una grande è inevitabile. Come la risposta: “Lo si capisce solamente quando ci si ritrova dentro quel tipo di esperienza”. Tradotto: io sono qua, venghino signori.

Ranieri, l'addio è immediato


E' in corso un incontro nella sede della Juventus, in via Galileo Ferraris, fra l'a.d. Jean Claude Blanc e il d.s. Alessio Secco, dopo il pareggio di ieri che ha consentito alla Fiorentina di accorciare le distanze e alle ombre dei preliminari di Champions di avanzare. Prossimamente potrebbe essere convocato Ranieri, che questa settimana è rimasto a Torino contrariamente alle sue abitudini, per dare chiarimenti alla società.

SOLUZIONI D'EMERGENZA — La società bianconera sta quindi valutando una soluzione di emergenza. E' assai probabile un ritiro sulle colline senesi già 4 giorni prima del match di domenica contro il Siena, ma nelle ultime ore sta prendendo quota un'ipotesi più radicale: quella di un esonero anticipato di Ranieri, che ha un contratto col club bianconero fino al giugno 2010. Al suo posto il club si affiderebbe per queste ultime due gare - la trasferta di Siena e l'incontro casalingo con la Lazio - ad un traghettatore. In pole position c'è Ciro Ferrara.

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