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Valzer di attaccanti


Sono le squadre più grandi d' Europa. Quelle più quotate e più titolate. Eppure quasi tutte queste il prossimo anno potrebbero cambiare il punto cardine del gioco, il centravanti. O comunque un attaccante. Basti che se ne sposti uno. Il resto sarà una catena che si muoverà di conseguenza. Con tanti, tantissimi soldi in ballo.

LA PARTENZA DI TREZEGUET - Cominciamo con le fresche dichiarazioni di Antonio Caliendo, procuratore di David Trezeguet, rilasciate a Radio Kiss Kiss stamani: "Sono abituato a parlare solo dopo il mercato, ma facendo delle ipotesi c'è da dire che non ci sono grandi possibilità che Trezeguet resti alla Juve, visti i rapporti che si sono instaurati in quest' ultimo periodo. Per concludere direi che ne dobbiamo riparlare tra due settimane e vedere un po', anche d' accordo con la società, che interessi e intenzioni ci siano da entrambe le parti". E per lui si parla già di un possibile ritorno in Francia, al Marsiglia, dove ritroverebbe Didier Deschamps come allenatore. Ma non c'è solo il Marsiglia. Perché anche il Barcellona nel recente passato ha spesso chiesto notizie dell'attaccante francese.

ANCHE ETO'O SUL MERCATO -
Tra l'altro proprio il Barcellona rientra nella lista di squadre che potrebbero cambiare centravanti. Samuel Eto' o, che a dir la verità in questo periodo è spesso sul mercato, ma poi alla fine è sempre rimasto in Catalogna, potrebbe cambiare aria. Il Manchester City lo vuole, anche se il presidente del Barcellona Joan Laporta ha dichiarato: "Una trattativa col City? Non ho mai discusso del trasferimento di Eto'o con loro. Non è una questione di soldi. Il Barcellona non è un club che vende, noi i giocatori li compriamo".

IL CASO IBRAHIMOVIC - Poi c'è sempre l' Italia, con Milan ed Inter alla porta. Già, l'Inter. E la grana Ibrahimovic. Per lo svedese si è parlato proprio del Barcellona, magari con uno scambio, più conguaglio, con lo stesso Eto' o. Ma su Ibra c'è pure il Real Madrid, sempre più pressante. Comunque sia c'è da pagare uno stipendio da 12 milioni netti l' anno. Ma intanto Moratti pensa con grande insistenza a Milito.
Il Chelsea stasera si gioca l' accesso alla finale di Champions League con il Barcellona, ma c'è ancora il dilemma Didier Drogba in agguato. Eduardo Garcia, uno dei candidati alla presidenza del Real Madrid, ha dichiarato di avere già raggiunto un accordo per portare l' attaccante in Spagna. Difficile al momento capire quanto possa reale la sua affermazione oppure rientrare nelle classiche sparate da campagna elettorale. Fatto sta che Drogba è uno che piace a molti.

PARTE ADEBAYOR -
All' Arsenal c'è Adebayor. Ci sono buone probabilità che il giocatore lasci la formazione allenata da Wenger. Anche per lui il Milan ha sempre nutrito un grande interesse, ma le richieste più pressanti al momento sono arrivate da Spagna e Inghilterra. Il Manchester United, primo finalista di Champions League, dovrà sostituire Carlos Tevez, che se ne andrà quasi sicuramente. A proposito, per l'argentino si è parlato spesso dell' Inter. Ferguson, senza Tevez, dovrà così trovare un altro attaccante. E un nome potrebbe essere quello di Karim Benzema, punta del Lione, il cui valore si aggira intorno ai 25 milioni. Ma Benzema potrebbe interessare pure il Real Madrid, che in questa fase di ristrutturazione è pronto a buttarsi su ogni obiettivo possibile. Il Bayern Monaco non ha problemi con il centravanti, visto che Luca Toni rimarrà quasi sicuramente. Però c'è Ribery, che potrebbe andare via. Il Manchester United guarda gli sviluppi della situazione con attenzione, ma l'operazione è legata alla trattativa che potrebbe portare Cristiano Ronaldo al Real. Insomma, tutti alla ricerca di un attaccante. Solo il Liverpool, al momento, sembra escluso.

E mentre c'è grande fermento sulle panchine italiane, pure all' estero sta già iniziando a muoversi qualcosa. Marco Van Basten ha dato le dimissioni dall' Ajax, mentre Felix Magath ha annunciato che a fine campionato lascerà il Wolfsburg, attualmente al comando della Bundesliga, per andare allo Schalke 04.

Manchester, razza padrona


La razza padrona del calcio moderno ha il volto shakespeariano di Sir Alex Ferguson, l'uomo dalle gote arrossate degne di Falstaff, in lotta perenne con la pensione e con una moglie incombente che già tre anni fa tentò invano di scollarlo dall'adorata panchina. La razza padrona ha le fattezze creole di un giovane portoghese di Madeira, che vola sopra le disgrazie degli avversari pur essendo stato lui ad averle provocate. Ha la fisionomia di un ex moccioso della periferia di Liverpool, con le orecchie a sventola e due occhi azzurri piccoli e infossati che lo fanno sembrare una specie di husky, uno che fra pochi mesi diventerà padre dopo aver saputo crescere come uomo e come calciatore sino a diventare campione su entrambi i fronti: centravanti o terzino per lui non fa più così tanta differenza.

Il Manchester che parte per Roma non è una squadra nata ieri. E' la somma di tante primavere, di ragazzini cresciuti sino a diventare un modello per chi li seguiva. La catena inizia con Pallister, Bruce, Sharpe, Cantona, Kanchelsky, Hughes, Schmeichel, Neville, si abbelisce con Beckham, Giggs e Butt, balla con i Calypso Boys (Cole e Yorke), si fa concreta e cinica con Sheringham e Solskjaer e lentamente comincia a vincere tutto, con l'aiuto di O'Shea, Wes Brown, Park, nomi di seconda, terza fascia, sino a prendersi due finali di Champions consecutive, la seconda dopo aver già vinto la prima. Anche le terze fasce sono fondamentali.

Se Ferguson è l'uomo che non sa smettere, se è lui l'instabile capitano che non ha ancora trovato un motivo accettabile per abbandonare la nave, i suoi figli, allevati alla stessa cultura, gli restituiscono quanto appreso sui banchi di scuola di Carrington (il campo d'allenamento) e dell'Old Trafford. La gomma americana che Ferguson si infila in bocca all'inizio di ogni partita è il punto di raccordo, il senso più profondo e allungato di questa emozione fanciullesca e infinita. La password. Ha ragione Desailly. Dalle colonne del "Newsweek" l'ex-Milan e ex-Chelsea scrive: "E' un falso storico pensare che i giocatori moderni pensano soltanto ai soldi. Saranno una decina in tutto. Gli altri vivono per giocare". Vero. Ogni volta che il Manchester segna un gol il suo tecnico salta per aria uscendo dal cappotto, muovendo scompostamente, quasi senza ritmo, le braccia verso l'alto, agitanto i pugni come se fosse sempre la prima volta, come se ogni volta fosse una sorpresa: proprio come un bambino. Quest'uomo, questo fanciullino di quasi 70 anni, comanda il calcio dal 1992. In 17 anni ha vinto come cinque allenatori di grido messi insieme.

Un capolavoro di esperimenti e valorizzazioni, acquisti strabilianti (Berbatov) o minimi (Park) e cessioni roboanti o inevitabili, con qualche errore, per esempio Veron, e qualche atroce sacrificio, per esempio Van Nistelrooy. Col suo scozzese smozzicato ha trasformato Tevez in un filosofo e Macheda in una specie di golden boy, ha conquistato la sua terza finale di Champions, la seconda consecutiva. Ferguson non è un allenatore, né un manager nel senso più classico del termine. E' piuttosto un inventore. Ha creato dal nulla una generazione di calciatori: la razza padrona, appunto. Che è per sua natura senza età, senza un colore della pelle prevalente, non ci sono né alti né bassi, né giovani né vecchi. Il filo rosso, rosso diavolo, che unisce e compatta un gruppo come questo, e che quindi rende possibile esperienze come quella del Manchester United, è la condivisione di un sentire.

Trenta uomini accomunati da un senso del dovere che si fonde con la creatività individuale, nel nome del lavoro e della qualità. Una percezione collettiva del calcio. Berbatov che si mette al servizio di Welbeck. Neville che spinge perché al suo posto giochi Rafael. Scholes che sostiene Anderson e Giggs che va a prendere Macheda all'aeroporto. Questo si chiama squadra. Una squadra che possiamo allargare ai frequentatori dello stadio, 76 mila posti, sempre pieno, e ai padroni del club, la famiglia Glazer, con a capo il quasi ottantenne Malcolm Glazer, milionario americano che lotta, si indebita, sbaglia. E che all'inizio venne quasi rigettato dalla città.

Anche così si fa quadrato: non caricando di responsabilità un gruppo benché il deficit societario (797 mln di euro) oltrepassi ormai le entrate (550 mln), pur essendo queste le più alte mai raggiunte da un club. Tutto questo sbandare dei conti non impedisce tuttavia di sognare un ampliamento dello stadio (è già qualcosa di più concreto di un sogno): da 77 mila a 95 posti. Nella crisi le grandi imprese investono. O se non altro non restano ferme.

Con queste fantastiche premesse sportive, ma senza dimenticare i suoi fardelli debitori, il Manchester può riconfermarsi campione d'Europa, cosa mai accaduta da 15 anni a questa parte, ossia da quando l'Uefa ha cancellato la Coppa dei Campioni in favore della più democratica Champions League, che è anche la coppa delle seconde, delle terze e in certi casi delle quarte.
Il Manchester va a Roma perché forte, scaltro, geniale, compatto, vitale, pieno di piedi, polmoni, coraggio, entusiasmo. Fra poche ore conoscerà il nome dell'avversaria. Fosse il Chelsea, sarebbe la prima volta che una finale si ripete a distanza di un anno, con l'unica variante della città che la ospita (Mosca, Roma). Fosse il Barça, sarebbe certamente la finale più giusta per i valori espressi nell'arco della stagione. Il Manchester può dunque rivincere la Coppa. L'ultimo a trionfare per due volte consecutive (era ancora il tempo dei tabelloni ristretti) fu il Milan di Sacchi ('89/'90). Ci riuscirono anche il Nottingham Forest, ora tristemente declassato a squadretta, il Liverpool di Keegan, l'Inter di Angelo Moratti e il Benfica di Eusebio. Il Bayern e l'Ajax fecero addirittura tripletta. Il Real dominò le prime cinque edizioni. Altri tempi, altri soldi. Ma non necessariamente un calcio migliore.
Fonte La Repubblica

Roma, Spalletti lascia

Busta numero uno: di­missioni. Busta numero due: eso­nero. Busta numero tre: rescissio­ne consensuale del contratto. Non c’è nessun premio in palio, ma queste, oggi, sono le risposte pos­sibili a un’eventuale domanda sul futuro di Luciano Spalletti sulla panchina della Roma, come da contratto peraltro, visto che c’è un accordo che lega l’allenatore toscano al club giallorossi sino al trenta giugno del 2011. Perché, comunque la si rigiri, alla luce dell’incredibile accelerazione dei fatti delle ultime settimane, oggi co­me oggi appare francamente im­possibile che il ma­trimonio tra l’alle­natore che ha rico­struito la Roma dal­le macerie e la so­cietà possa conti­nuare.

SOROS - L’ultimo atto del botta e ri­sposta tra tecnico e società, è andato in scena domenica po­meriggio, nuova sa­la stampa del­l’Olimpico, subito dopo la conclusione della partita con Chievo, cominciata e finita tra i fischi di una tifoseria al limi­te della sopportazione. «Tutti tira­no in ballo i soldi... lo ha fatto an­che la dottoressa Sensi con il co­municato dopo Firenze, se ci sono in ballo i soldi, li lascio, dal mio punto di vista questo problema non esiste... Lo scorso anno mi hanno anche detto di andare in conferenza stampa e dire che non c’era niente con Soros e poi fece­ro il comunicato in cui si sostene­va il contrario»: queste, in parti­colare la seconda, sono le dichia­razioni che alla proprietà non so­no piaciute per niente, soprattut­to quell’accenno alla vicenda So­ros sarà impossibile o quasi da far dimenticare, è considerato quasi come un tradimento, consideran­do che sui comunicati dell’epoca la società è convinta di aver detto il contrario. Eppure, volendo ri­manere ai comunicati, in partico­lare quello della dottoressa Sensi subito dopo la quaterna incassata sul campo della Fiorentina, nelle parole del presidente c’era stata, pur auspicando un ritorno allo Spalletti delle prime tre stagioni, un’esplicita conferma del tecnico. Conferma che pure ieri è trapela­ta da Trigoria. Anche se la sensa­zione, in questo momento, è quel­la di una società in attesa di di­missioni e un tecnico, al contra­rio, sempre in attesa, ma di esse­re messo alla porta. Chi farà il primo passo?

INCONTRO - Una risposta dovreb­be, potrebbe darcela l’incontro che, dicono, ci sarà questa setti­mana tra l’allenatore e la dotto­ressa Rosella Sensi. Spalletti lo ha posizionato alla fine della stagione, ma è probabile che ven­ga anticipato, pro­prio alla luce degli ultimi fatti, com­presi quelli di cam­po che ormai dico­no Champions del prossimo anno im­possibile, Europa League aggrappata alla speranza di una Roma in grado di fare la Roma nelle ultime quattro par­tite del campionato. Il tecnico, parole sue, ha detto chia­ramente di essere pronto a lascia­re i soldi che gli garantisce il suo contratto per le prossime due sta­gioni. Gli crediamo, semmai il problema da risolvere sarebbe quello dei contratti dei suoi colla­boratori, i vice Marco Domenichi­ni e Aurelio Andreazzoli, i prepa­ratori Paolo Bertelli e Luca Fran­ceschi, il preparatore dei portieri Adriano Bonaiuti, l’osservatore e non solo Daniele Baldini, stipendi che, sommati l’uno all’altro, fanno oltre un milione di euro lordo a stagione. Tutto, ma proprio tutto, potrebbe essere risolto dall’arrivo di un’offerta per Spalletti, offerta che per il momento non è arriva­ta. Ma potrebbe arrivare. Ieri, in­fatti, a Torino, sponda Juventus, con Claudio Ranieri travolto dagli ultimi risultati negativi, il nome di Spalletti come nuovo tecnico bianconero ha trovato sempre più riscontro. E, certo, se si dovesse materializzare, qualcosa potreb­be cambiare in maniera radicale. Se poi pure il Milan accelerasse sull’uomo di Certaldo, allora...
Fonte Corriere dello Sport

Napoli, Conti è tuo


Quando gli è stata prospettata l’ipotesi-Napoli, Daniele Conti non solo avrebbe sgranato gli occhi ma pare abbia raccolto l’invito anche con interesse e compiacimento. Tutto l’opposto di Floccari. Con­ti, pur legatissimo al Cagliari sul piano affet­tivo, aveva sognato fin da piccolo di giocare in due squadre soltanto: la Roma di papà Bruno, dove è cresciuto calcisticamente, ed il Napoli, appunto. Un giorno arrivò persino a chiedere al patron giallorosso Dino Viola: «Presidente, perchè non mi lascia andare al Napoli? Lì c’è Maradona, il mio mito» . Ed il Senatore gli mollò un paio di pizzicotti pri­ma di baciarlo sulle guance. Di recente, poi, il regista che a Cagliari è diventato una bandiera dopo dieci anni di onorata militanza e circa tre­cento presenze tra A e B (266) non ha nascosto le sue simpatie per la formazione azzurra: «Giocare al San Paolo fa sempre un certo ef­fetto. Ti dà una carica che non ritrovi in al­tri stadi», disse il 23 novembre scorso dopo aver obbligato il Napoli al primo pareggio casalingo della stagione, realizzando il gol del due a due in pieno recupero. Fu proprio lui ad interrompere una serie di successi in­terni che durava da sette mesi tra campiona­to e coppe. Conti ed il Napoli, il Napoli e Conti, un amore che parte da lontano, che prima o poi sarebbe dovuto sbocciare. Un segno del de­stino. Daniele ci ha provato anche con un paio di «dispetti»: la rete della vittoria-sal­vezza del Cagliari nello scorso campionato ed il bis al San Paolo sotto gli occhi dell’ex maestro Reja che festeggiava cento panchi­ne in A. Recentissimo l’ammiccamento, l’esplosio­ne del feeling, dopo averci provato con D’Agostino e finto un vago interessamento per Ledesma. Il Napoli aveva individuato in Daniele Conti l’elemento giusto per prende­re in mano le redini del Napoli e portarlo verso traguardi ambiziosi. Personalità, ca­rattere, mestiere e voglia di lasciare l’im­pronta in una grande piazza dopo aver fatto le fortune del Cagliari.

IL CONTRATTO - Conti, proprio a giugno scor­so, respingendo le sirene del Bayern Mona­co, del Celtic e del Palermo, decise di allun­gare il contratto con il Cagliari fino al 2011. Fu testimone papà Bruno di quel rinnovo di un connubio così felice e voluto da entram­bi. Ma non prima di aver ricevuto rassicura­zioni da Cellino che in caso di una chiamata importante si sarebbe trovata il modo per accontentare Daniele. La chiamata è arrivata. De Lau­rentiis e Marino sono decisi a metterlo a disposizione di Donadoni per il prossimo campionato. Ora resta da ve­rificare le pretese di Cellino, che intanto ieri ha blindato i suoi gioielli: «Smentisco qualsiasi tipo di trattativa che riguardi Daniele Conti o altri elementi della rosa. Nessun tesserato del Cagliari è in ven­dita. L'unico giocatore che lascerà la squa­dra il 30 giugno 2009 sarà Acquafresca».

Ibra, Buffon e Kakà: è addio


Tre storie differenti tra loro, ma che alla fine qualche punto di contatto lo hanno. Perché si parla di tre campioni, delle tre big del campionato e di tre bandiere nelle rispettive squadre. Ma che in tutti i casi a fine stagione potrebbero cambiare aria: Buffon, Ibrahimovic e Kakà. E un futuro tutto da decidere.
Gianluigi Buffon sta vivendo giorni di particolare insofferenza e l'intervista rilasciata a "L'Èquipe" è servita a confermarlo: "Ormai da sei mesi mi criticano, come se non potessi più permettermi di prendere un gol. Sì, ho un problema: non ho più diritto di subire ua rete". E pure la Juventus non considera più il suo portiere incedibile. Il problema semmai adesso è trovare un acquirente. La spaventosa offerta del novembre scorso del Manchester City, pronto ad investire su Buffon addirittura 75 milioni di euro, è ormai solo un lontano ricordo. Ultimamente si è fatto vivo solo il Tottenham, che però non si è spinto oltre i 20 milioni. Pochi, troppo pochi, visto che la società bianconera vuole recuperare dalla cessione del suo giocatore una cifra molto vicina ai 40 milioni. Che in pochi possono permettersi. E quelle poche che ci possono arrivare non hanno problemi in porta. Situazione in evoluzione.
Passiamo ad Ibrahimovic. L'attaccante sta facendo di tutto per rompere con l'Inter ed i suoi tifosi. Tra dichiarazioni di voler cambiare dopo cinque anni di Italia e gesti eloquenti rivolti al pubblico nerazzurro sabato scorso durante la gara con la Lazio, Ibra sta tirando la corda. Moratti non ne vuole sapere di cederlo. Ma di fronte ad un'offerta di almeno 70 milioni potrebbe pure vacillare. Richiesta che al momento potrebbe arrivare solo dalla Spagna, il campionato più gradito allo svedese. In prima battuta è stato il Barcellona a farsi avanti, potendo contare su una parziale contropartita tecnica come Eto'o. Più almeno 40 milioni cash. Ma adesso è il Real Madrid a farsi sotto. Florentino Perez ufficializzerà la sua candidatura alla presidenza del Real il prossimo 14 maggio. E in fase di elezioni presidenziali vengono sempre spesi nomi di giocatori importanti per accaparrarsi voti. Ibrahimovic è uno di questi.
E così arriviamo al terzo giocatore, Kakà. Anche lui rientra nei piani di Florentino Perez per la rifondazione del Real Madrid. Oppure ci può essere il Manchester United, nel caso in cui perdesse Cristiano Ronaldo. Per prendere il brasiliano servono però circa 80 milioni.
Chiudiamo infine con un punto della situazione sull'uomo del momento, Diego Milito. L'attaccante molto probabilmente a fine stagione lascerà il Genoa. L'unica possibilità per trattenerlo è che la squadra di Gasperini arrivi in Champions League. Ma il futuro dell'argentino pare proprio essere all'Inter. Anche se piace pure fuori dall'Italia. Con Preziosi che incasserà tra i 20 ed i 25 milioni.

Juve al capolinea


Fabio Cannavaro ha completato le visite mediche, cominciate domenica a Perugia e terminate stamattina di buon'ora a Torino alla Fornaca, la clinica di fiducia della Juventus. Dopo i test di ieri, oggi gli hanno scandagliato caviglie e ginocchia per capire, attraverso la risonanza magnetica, se oltre all'usura di un atleta che viaggia verso i 36 anni ci fossero problemi di altro genere. Pare che tutto sia andato molto bene e a questo punto il difensore del Real Madrid è ormai a tutti gli effetti un giocatore della Juventus, alla faccia della crescente contestazione che gli ultrà stanno organizzando nei suoi confronti. Stamane non ci sono state contestazioni, e d'altronde la società sta lavorando per placare tifosi sempre più inviperiti. Ma la nuova Juve, in un certo modo, è cominciata oggi.
I dirigenti continuano a starsene zitti, non si sa se per vergogna o per totale mancanza di argomenti. Ogni decisione sul futuro di Ranieri (futuro immediato: quello a lunga scadenza è già stato stabilito) è stata rinviata alla prossima settimana, quando nel corso del previsto cda, che dovrà servire non soltanto per organizzare le scadenze del divorzio dal tecnico, ma soprattutto per chiedere conto a Blanc e Cobolli Gigli di cosa diavolo stia accadendo a una squadra che s'è squagliata dopo che l'ad e il cittì della nazionale hanno condiviso una focaccia a Recco.
Martedì scorso, John Elkann ha salvato il lavoro dei suoi dirigenti, ma in consiglio d'amministrazione (dove la proprietà è rappresentata da Carlo Sant'Albano) si pretenderanno risposte approfondite e analisi specifiche, perché tutti sono sorpresi da come, a due anni di distanza, si stia riproponendo il medesimo copione che portò alla burrascosa separazione da Deschamps. Tra oggi e allora c'è una serie di analogie impressionante, ma anche una differenza sostanziale: il francese (che ha un carattere più impulsivo, rispetto al suo successore) presentò le dimissioni mentre Ranieri non ha intenzione di farlo, nonostante Blanc gli abbia rivolto calorosi inviti in tal senso. Pare che addirittura l'ad si sia arrabbiato molto quando il tecnico gli ha chiaramente fatto sapere di non voler rinunciare al contratto in scadenza nel giugno del 2010. Non è tanto una questione di soldi, anche perché Ranieri guadagna relativamente poco (circa un milione e 300 mila euro) e durante la carriera ha già monetizzato abbastanza, quanto di principio, perché l'allenatore non vuole fare sconti a una società che non lo ha mai veramente spalleggiato, lavorando piuttosto, e con notevole anticipo, per un futuro senza di lui. "Non sono legato a nessun carro, io corro da solo" ha detto Ranieri e in quella frase non si può non leggere un'allusione a quegli ambienti a cui la Juve continua a essere molto sensibile e che, molto genericamente, si possono definire moggiani. Una galassia attorno a cui orbitano Lippi, Conte, Ferrara. Tutti nomi papabili per la panchina della Juventus.
Domani, alla ripresa degli allenamenti, ci sarà il solito summit a Vinovo. Stavolta ci sarà anche qualcosa da chiarire all'interno della squadra, anche se la clamorosa lite nell'intervallo di Juventus-Lecce ha in qualche modo rafforzato l'immagine di Ranieri all'interno del gruppo ed emarginato Camoranesi, che ha punteggiato le ultime stagioni (compresa quella di serie B) con una serie intollerabile di insubordinazioni e scatti di nervi, senza che poi il rendimento in campo giustificasse tale arroganza. "Ci vuole più rispetto per giocatori di un certo spessore dopo otto anni di militanza alla Juventus - ha detto Sergio Fortunato, procuratore del giocatore - Per Camoranesi non ci saranno strascichi, ma lo si deve capire: ha giocato in un ruolo non suo ed aveva diritto ad un appello nel secondo tempo, giocando da esterno, come sa fare".
Intanto, il Milan si è allontanato mentre Fiorentina e Genoa si avvicinano. E i tifosi sono terrorizzati all'idea che domenica prossima non sarà Vives ma Beckham, non Tiribocchi ma Inzaghi, non Giacomazzi ma Kakà ad attentare alla pericolante porta di Buffon.

Ibra ma che vuoi?


Tra una settimana potrebbe essere scudetto: l'Inter di Mourinho e di Ibrahimovic è quasi giunta alla fine della sua corsa. E già questo è il punto fondamentale della questione, posto che ormai non c'è più alcun dubbio sul quarto titolo nerazzurro consecutivo. E' l'Inter di Mourinho o quella Ibrahimovic? Se dovessimo scegliere un leader unico di questa squadra, il suo marchio, il suo timbro identificativo diremmo l'Inter dell'allenatore showman portoghese o quella del fenomeno svedese?

L'acrobata Ibrahimovic - 28 anni ancora da compiere, atleta probabilmente al clou della sua carriera - si è preso tutto il finale dell'ultima recita: gol di classe e potenza insieme, un assist sopraffino e persino una rottura clamorosa con il pubblico che aveva cominciato a fischiarlo per il suo egoismo insistente sotto porta (e ci mancherebbe altro...). E probabilmente anche per le sue paturnie esternate recentemente, in quanto non propriamente convinto a restare ancora troppo a lungo nell'Inter. Dopo tanti anni e tanti scudetti (uno con la Juve revocato più due consecutivi e un altro in arrivo con l'Inter) vorrebbe un approdo più sicuro alla Champions League - unico trofeo che manca ancora al suo già ricco palmares - e magari un contratto ancora più ricco. Proprio quest'ultima pubblica uscita ha deluso e sconcertato Moratti che già paga al suo Zlatan un contratto da favola.

Ma non è nemmeno escluso, a questo punto, che si faccia muovere a compassione e conceda pure un ritocchino alla decina di milioni già concessi al fuoriclasse. Unico giocatore del panorama italiano (a parte Kakà forse...) in questo momento in grado di competere con lo star system del football internazionale: Cristiano Ronaldo e Messi in primis. Secondo Mourinho - giudizio di parte, ovviamente - Ibra è anche meglio di loro.

E' soprattutto dopo la partita contro la Lazio, che il marchio di Ibrahimovic si presenta quasi stampato a fuoco sulla pelle dell'Inter. Marchio probabilmente predominante rispetto a quello di Mourinho. Non per sminuire l'importanza e l'apporto del portoghese a questo quarto scudetto consecutivo che si va velocemente costruendo, ma i gol dello svedese sono stati determinanti. Nella partita di sabato sera a San Siro - prima del micidiale gol di Ibrahimovic: una bordata di destro a oltre 100 all'ora, arrivata dopo una finta che gli ha aperto lo specchio della porta (è qui il vero segreto del fuoriclasse) - l'Inter non c'era proprio.

Difettava in gioco, mostrava una manovra lenta e poco costruttiva, non riusciva a creare molte nonché efficaci occasioni. E anche dal punto di vista fisico, che è sempre stata il suo elemento distintivo, sembrava in netto calo rispetto alle giornate migliori e più travolgenti.

E' stato Ibrahimovic a tirarla fuori dalla palude, col suo 21° gol del campionato: un livello cui mai mai era giunto prima. E' stato Ibrahimovic a consegnarle lo scudetto in mano. Come aveva fatto l'anno prima a Parma, quando era rientrato proprio all'ultima giornata per partire dalla panchina, entrare e segnare i gol decisivi che avrebbero tenuto a distanza di sicurezza la Roma. E' addirittura un Ibrahimovic più forte e deciso dell'anno prima. E' stato lo stesso Mourinho ad ammetterlo: "Lo scorso anno Ibra è stato a lungo infortunato, in questa stagione invece è stato sempre bene".

Ibrahimovic in questa stagione ha giocato da unica punta o quasi, tutti gli altri intorno (da Balotelli, a Cruz, a Crespo per non parlare di Adriano) hanno praticamente fatto da comparsa. Gli hanno fatto da assistente. Ibrahimovic ha trascinato la squadra quando le punte intorno sono venute meno: Adriano si è autoescluso fino a decidere di abbandonare, follemente, una squadra ancora in grado di vincere moltissimo; Cruz non è mai entrato tra gli eletti di Mourinho, il quale lo considera indisciplinato tatticamente; Crespo, un attaccante ancora integro e in grado di dare molto nonostante l'età, è stato soltanto una riserva e per un lungo periodo addirittura riserva della riserva; Balotelli, giovane puledro di razza, dopo una partenza burrascosa è diventato il partner ideale di Ibra, ma deve ancora trovare un equilibrio psicologico che gli dia continuità. Ma tra Ibra e gli altri quest'anno c'è un vero abisso. Dopo i 21 gol dello svedese si precipita ai 6 di Balotelli. Già questo dato giustificherebbe da sola l'affermazione che l'Inter è una squadra Ibra-dipendente.

Ingaggiato nell'estate 2006 sfruttando il precipitare della Juventus in serie B e pagando 26 milioni (si dice che ora ne valga addirittura 100) alla società bianconera che non è mai riuscita a rimpiazzarlo efficacemente, nei suoi tre anni all'Inter Ibra è andato progressivamente aumentando il suo tesoro di gol. Quindici reti al primo campionato, diciassette al secondo e siamo già a ventuno al terzo, con possibilità di finire ancora più in alto (anche se domenica prossima a Verona contro il Chievo sarà fermo per squalifica). Con Mancini alla fine il rapporto si era molto logorato, il vecchio tecnico lo pungeva perché restava troppo fermo a causa dell'infortunio, i due non si amavano. Mourinho lo ha rimesso al centro del suo progetto: anzi a dir la verità, se si togliesse Ibrahimovic dal progetto-Mourinho non si sa bene che Inter sarebbe.

Il suo punto debole (ma anche quello di forza) è il caratteraccio: irascibile e litigioso Ibra si fa spesso saltare i nervi, rimedia ammonizioni inutili. Ma è lo stesso carattere che gli permette anche di pensare l'impossibile, di essere egoista e micidiale quanto serve.
Già con Ibrahimovic in formazione l'attacco dell'Inter, per fare un salto di qualità verso la Champions" ha bisogno di rinforzi. Senza di lui la ricostruzione dovrebbe essere totale e diventerebbe un fortissimo punto interrogativo. Ibra sogna la Champions e il Pallone d'Oro: farselo scappare prioprio ora che è al top della sua carriera, significherebbe ricominciare da capo.

Paradossalmente l'Inter potrebbe arrivare allo scudetto proprio nel match col Chievo, quando Ibra non ci sarà per squalifica. Sarebbe proprio un bello scherzo e tutto sommato ci vorrebbe un crollo del Milan, al momento non ipotizzabile. La festa potrebbe essere per il match in casa col Siena (anche lo scorso anno l'Inter doveva festeggiare col Siena, poi rimandò tutto all'ultima giornata...): un'occasione d'oro per riconciliarsi col pubblico dopo i fischi, i veleni, i gesti e i gestacci della partita di sabato sera. O anche l'occasione per darsi un clamoroso addio.
Fonte La Repubblica

Juve: no a Conte. Gasperini o Spalletti

Sembra che tutto stia accadendo un po' troppo tardi. Lippi che fa chiarezza con Blanc, tre settimane dopo aver spezzato con lui una focaccia. I giocatori che difendono Ranieri, con Buffon, Legrottaglie e Chiellini che giurano di essere tutti dalla stessa parte. Nel frattempo, però, la Juventus è precipitata in classifica, si è fatta contestare per l'acquisto di Cannavaro, ha scoperto il razzismo dei suoi tifosi, ha perso o pareggiato e mai vinto (l'ultimo successo è del 21 marzo, in casa della Roma, prima che il campionato si fermasse e che Blanc e Lippi si incontrassero), è uscita dalla Coppa Italia, è scivolata dal secondo al terzo posto e s'è lasciata sforacchiare da qualsiasi avversario: soltanto l'Inter ha segnato un solo gol a Buffon, mentre Chievo e Genoa gliene hanno fatti tre e Lazio e Reggina due.

Analizzando fatti e conseguenze, sembra che tutto sia dipeso da quell'incontro clandestino che ha squassato la Juve, scatenato voci e illazioni e, soprattutto, svelato un piano segreto che poi è andato a monte proprio quando è emerso alla superficie. Non a caso, Blanc ha dovuto chiedere scusa ai membri del comitato sportivo: se l'ha fatto, un motivo ci sarà. E se poi magari Lippi avesse spiattellato subito le sue verità, magari avrebbe interrotto la frana quando era soltanto un sassolino. E se i giocatori avessero difeso pubblicamente il loro allenatore prima che la classifica degenerasse, la Juventus non sarebbe stata travolta dalla crisi più acuta delle ultime settimane.
La sensazione è che ci si stia preoccupando di chiudere la stalla a buoi già ampiamente scappati. E il rimedio rischia di essere peggiore del male. Così, mentre Buffon semina dubbi suo futuro ("Vediamo come si muoverà la società, poi deciderò"), a Torino si parla ormai soltanto dell'eredità di Ranieri. Bruciata la pista Lippi, adesso sono in risalita le quotazioni di Gasperini, perché l'idea di Secco (Conte) non convince Elkann, che teme il rischio di affidarsi a un allenatore troppo giovane. Spalletti piace molto alla proprietà e molto meno (anzi, quasi niente) alla dirigenza, che sta tentando di indirizzare gli azionisti verso una figura più aderente alla loro politica: il romanista c'è il sospetto che non lo sia. Nel frattempo, Secco si è preso qualche giorno di vacanza ma dalla settimana prossima tornerà a lavorare per l'acquisto di Diego, un giocatore che, curiosamente, sarebbe difficilmente collocabile sia del 4-4-2 spinto di Conte sia nel 3-4-3 dinamico di Gasperini sia nel 4-4-2 più canonico di Ranieri. A Spalletti, invece, andrebbe a pennello.

The Wall Chelsea


Tra la classe e la forza alla fine vince la tattica. Il tecnico del Chelsea Guus Hiddink voleva lo 0-0 e mette in campo una squadra chiusissima, compatta e quasi impenetrabile anche per i fuoriclasse blaugrana. Che quando riescono a concludere si trovano davanti un Cech in serata strepitosa.
THE WALL - Il Barcellona parte forte, pressando alto e cercando subito la porta con Eto'o (pescato però in fuorigioco). Ma il Chelsea fa capire altrettanto in fretta di essere in grado di ripartire e creare allarme: lo fa per esempio Lampard quando va al tiro dal limite (traiettoria ad effetto fuori di poco). Così la squadra di Guardiola diventa più guardinga, e c'è una lunga fase di affollamento a centrocampo. Certo, l'iniziativa resta in mano ai catalani, che però fanno fatica a trovare varchi contro un avversario molto compatto. Così, da metà tempo, i blaugrana iniziano a provarci dalla distanza, arrivando anche vicino alla porta con Xavi. Ma il muro assemblato dal Chelsea sembra reggere senza particolari affanni. Quando poi il Barça arriva alla conclusione pericolosa, come con Henry poco dopo la mezzora, Cech è sempre reattivo. E nonostante l'intera squadra inglese alberghi costantemente nella propria metà campo, se l'occasione si presenta la sortita in attacco può essere molto pericolosa: succede nel finale di tempo, quando un improvvido retropassaggio di Marquez apre un'autostrada verso la porta a Drogba, sul quale Valdes si supera per due volte con due riflessi spettacolari. Cosi lo 0-0 con cui si va al riposo non fa una grinza.
LA RIPRESA - Si riprende con lo stesso copione del primo tempo: gran nervosismo, Barça che attacca ma Chelsea sempre compatto e pericoloso nei contropiede, con Ballack che sfiora di testa la traversa. Messi non appare in una delle sue serate migliori: sempre raddoppiato, fatica a liberarsi e quando tira non trova la porta. Il Barça comunque affonda di più rispetto al primo tempo, e dà a Cech l'opportunità di esaltarsi soprattutto quando deve chiudere in uscita su un travolgente Eto'o verso la mezzora. Ma i minuti passano a suon di falli e infortuni, fino al puntuale assedio conclusivo del Barça. Assedio che produce probabilmente le due migliori occasioni per i blaugrana: sulla prima Krkic, subentrato inspiegabilmente a un Eto'o ancora tonico, mette fuori di testa da pochi passi; sulla seconda è il solito Cech a salvare su Hleb. Così niente gol fino al fischio finale: se ne riparla a Londra. Dove però mancherà sicuramente Puyol, entrato da diffidato nel secondo tempo e che riesce in breve a farsi ammonire, e probabilmente anche lo sfortunato Marquez, al quale ha ceduto un ginocchio.

Ranieri, colpe zero


Magari ci sbagliamo, ma mentre la bufera-Juventus imperversa – ogni giorno con effetti più rovinosi -, la sensazione è che il ruolo di vittima designata (o capro espiatorio, fate voi) sia già stato assegnato: e che a caricarsi la croce sulle spalle alla fine di tutto sarà lui, Claudio Ranieri, senza nemmeno due ladroni a fianco a tenergli compagnia. Un classico, nel mondo del calcio. Noi però ci permettiamo di far notare quanto tutto questo sia ingiusto. E ingeneroso. E vile.
Non è colpa di Ranieri se i dirigenti della Nuova Juventus hanno venduto Ibrahimovic all'Inter: vero e proprio peccato originale dei novelli Adamo ed Eva del paradiso terrestre juventino, al secolo Cobolli Gigli e Blanc. Scendere in B e rafforzare l'Inter col campione più giovane, forte e sano del proprio organico ha significato creare un gap praticamente incolmabile tra Juventus e Inter: rendere imbattibile il proprio competitor. L'Inter da forte è diventata fortissima e la vita per i suoi avversari si è fatta impossibile: il Milan ha gettato subito la spugna e solo la Roma, nel campionato scorso, ha provato a vincere l'impari braccio di ferro, soccombendo alla fine proprio sotto i colpi di grazia indovinate di chi? Di Ibra. Che in tutta evidenza andava ceduto all'estero, Spagna o Inghilterra non aveva importanza, anche a costo di incassare qualche milione di meno. Per non rendere così impossibile il ritorno bianconero sul palcoscenico della serie A.
Non è colpa di Ranieri (o non è solo colpa sua) se la Juventus non è riuscita a risolvere - e oggi ne è schiacciata - il problema-Del Piero: che è il secondo peccato originale del nuovo management. Nessuno ha il coraggio di dirlo, ma sono anni che il macigno-Del Piero grava sulla squadra: ed è chiaro a tutti che Del Piero, oggi, rischia di seppellire quel che resta della Juventus. Se nessuno ha il coraggio di dire: proviamo a far finta che Del Piero non ci sia e ripensiamo la squadra – come aveva fatto Capello, che aveva messo in pista una Juve in cui Del Piero era riserva e Ibra e Trezeguet titolari -, la rifondazione della Juventus sarà impossibile. Lo spettacolo cui stiamo assistendo è grottesco: quello di un glorioso club che accompagna il fine-carriera del suo campione più amato accettando tutto di lui, dalla sua inamovibilità alla sua dichiarata pretesa di “giocare fino a 40 anni”, per non parlare del suo essere ingombrante e condizionante in fase di mercato.
Non è colpa di Ranieri se i soldi sono diventati pochi e se la società si è specializzata nell'arte dell'acquisto a parametro zero: che ha portato a Torino giocatori come Salihamidzic, Mellberg, Grygera, Stendardo, Knezevic. Chi più chi meno, giocatori mediocri.
Non è (solo) colpa di Ranieri se i pochi soldi da spendere, la Juventus li ha spesi male. Le somme importanti stanziate per gli acquisti di Tiago, Poulsen e Andrade pesano sulla coscienza del tecnico (Andrade a parte), che evidentemente non ha il fiuto del talent-scout (a proposito: vi raccomandiamo il talent-scout Lippi che all'Inter, lontano da Moggi, portò Domoraud e altri indimenticabili fuoriclasse); ma una dirigenza minimamente ferrata in materia calcistica non avrebbe mai avvallato operazioni di mercato così a capocchia.
Non è colpa di Ranieri se è vero – come pare - che ci fu l'occasione di vendere Buffon per 70 milioni e non se ne fece nulla. Quando Moggi cedette Zidane al Real Madrid per 140 miliardi di lire, si privò del miglior giocatore d'Europa – che infatti portò ai galacticos scudetti e una Champions -, ma ebbe i mezzi per ricostruire la squadra con gli acquisti di Buffon, Nedved e Thuram. La storia del calcio italiano è piena di squadre che hanno vinto scudetti con portieri non propriamente eccelsi: da Abbiati ad Antonioli, da Marchegiani a Pazzagli (per non parlare di Garella). E anche il fatto che il Manchester abbia appena vinto una Champions con Van der Sar (do you remember Van der Sar?), e sia in lizza per vincerne un'altra, dovrebbe insegnare qualcosa, crediamo.
Non è colpa di Ranieri, infine, se nel momento cruciale della stagione l'amministratore delegato della Juventus, Blanc, se ne va a pranzo, a Recco, col c.t. della nazionale Marcello Lippi per programmare le mosse della futura Juventus: destabilizzando il club e delegittimando l'allenatore non solo agli occhi dei giocatori, ma del mondo intero. Per leggerezze di questo genere servirebbe dare le dimissioni: Blanc non ci pensa e vedrete che alla fine a fare le valigie, in un modo o nell'altro, sarà lui, Claudio Ranieri. Come dicono a Napoli: cornuto e mazziato. 
Fonte Paolo Ziliani

Allarme Inter


Dopo una prova inguardabile, l'Inter cade rovinosamente a Napoli e il suo vantaggio sullo scatenato Milan by Inzaghi & Kakà scende da dieci a sette punti. A cinque giornate dalla fine, sono sempre i campioni d'Italia a protendere le mani verso lo scudetto, ma questa sconfitta fa suonare le campane a martello. Lasciati alle spalle quattro pareggi e un insuccesso, Donadoni comincia a raccogliere i frutti del suo lavoro e Dio solo sa quanto lo meriti l'ex ct, trattato a pesci in faccia dalla Federazione.
Rispetto all'Inter ammirata contro la Juve nella trentaduesima di campionato e applaudita davanti alla Samp in Coppa Italia, nonostante l'eliminazione, la squadra fulminata da Zalayeta è apparsa una lontana e sconclusionata parente. Così molle, fiacca e floscia l'avevamo vista solo a Bergamo. Figo e Vieira camminano, tant'è vero che, nella ripresa, Mourinho è stato costretto a rimpiazzare il primo con Mancini e il secondo con Cruz: che bisogno c'era di schierare il portoghese e il francese, in questo momento due pesantissime palle al piede? E ancora: che fine ha fatto Santon?
Ma il vero caso si chiama Ibrahimovic: è clamorosamente scomparso. Abulico, inconcludente, irritante: lo svedese ha mandato un campo il sosia che non sa giocare al calcio. Forse, per Zlatan (e per il procuratore che gli tiene bordone), sarebbe il caso di concentrarsi sull'Inter, sullo scudetto, su Balotelli che corre il triplo di Ibra e si becca insulti e ammonizioni, anzichè pensare a che cosa fare e a dove andare nella prossima stagione. Moratti garantisce all'ex Juve 12 milioni di euro netti all'anno, cioè 1 milione di euro al mese, 32.258 euro al giorno, 1.344 euro all'ora, 22 euro al minuto, anche quando Ibra dorme in campo, com'è accaduto al San Paolo.
Se i nerazzurri sono quelli naufragati a Napoli, il Milan ha il diritto di aggiornare la tabella dei sogni. Occhio alla sindrome del 5 maggio. 
Fonte ilquotidiano.net

Il Milan dopo Ancelotti


Chelsea-Ancelotti: c'è l'accordo. La notizia, pubblicata dal "Daily Star", trova con il passare delle ore sempre più credito. Roman Abramovich avrebbe finalmente convinto il tecnico rossonero a lasciare il Milan dopo otto anni. Ora la palla passa alla società rossonera. Blindare il tecnico o lasciarlo andare? Questo è il problema. Adriano Galliani, al termine dell'assemblea dei soci, si è mantenuto sul vago, ma ormai è chiaro che solo la volontà della società può evitare che il tecnico prenda la strada di Londra. A conferma dell'indiscrezione, i bookie d'oltremanica, solitamente molto abili nella formulazione delle quote, che bancano Ancelotti sulla panchina dei blues a 1,67. A 2,40 la sua conferma al Milan, mentre qualsiasi altra destinazione pagherebbe 8 contro 1.

IL BILANCIO SENZA CHAMPIONS - Intanto il bilancio fa i conti con la mancata partecipazione in Champions League. L'assemblea dei soci del Milan ha infatti approvato il bilancio del 2008 chiuso con un fatturato di 237.9 milioni di euro e una perdita di 66.8 milioni di euro. Il disavanzo, causato prevalentemente dalla mancata partecipazione al prestigioso torneo europeo. L'amministratore delegato e vice presidente vicario della società rossonera, Adriano Galliani, ha spiegato che "mantenere un organico da Champions League senza farla ha fatto lievitare le perdite" e ha aggiunto che "questa proprietà non ha intenzione di avere perdite di decine di milioni di euro all'anno" come avvenuto nelle ultime due stagioni.

IL MALUMORE DEGLI AZIONISTI - Di fronte a qualche malumore di alcuni piccoli azionisti presenti in assemblea, Galliani ha spiegato che "tutti i tifosi di quasi tutte le squadre in Italia sono scontenti ma non giochiamo così male, altrimenti non saremmo secondi in classifica. C'è una correlazione totale tra fatturati e risultati sportivi e infatti il Milan è secondo in campionato con il secondo budget tra le squadre italiane".

Ancelotti in Nazionale


Crisi o no, mai come in quest'estate potrebbero cambiare gli allenatori in serie A. Soprattutto tra le grandi. Partiamo da una certezza. Al momento l'unica panchina che non avrà sussulti è quella dell'Inter, dove Mourinho è confermato. Cambi, dunque. A cominciare da Juventus e Milan. Il futuro bianconero di Ranieri, nonostante le dichiarazioni di Blanc, è appeso ad un filo. Dopo lasconfitta in Coppa Italia con la Lazio i divorzio sembra certo con Spalletti favorito. Passiamo al Milan. Il secondo posto finale e l'arrivo di due giocatori di primissimo livello potrebbero far continuare il rapporto tra Ancelotti ed i rossoneri, senza dimenticare però che il tecnico ha già una parola presa con il Chelsea. Se verrà mantenuta, Galliani cercherà di portare uno tra Rijkaard, Spalletti, in caso di divorzio dalla Roma, oppure Allegri. Con quest'ultimo nome che appare comunque come una bella scommessa. Altrimenti per Ancelotti sarà ancora Milan. Considerando che proprio nelle ultime ore il tecnico ha dichiarato che rimarrà ancora a Milano. E allora lo scenario che potrebbe aprirsi è un altro. Fare un altro anno con i rossoneri per poi prendere il posto di Marcello Lippi sulla panchina dell'Italia dopo i Mondiali 2010, quando appunto l'attuale ct potrebbe lasciare gli azzurri. La Roma. Quella che sembrava una certezza potrebbe vacillare se verranno confermate le notizie che vogliono Spalletti favorito per la panmchina della Juventus. Ma in questo momento per i giallorossi ci sono altri problemi ben più importanti, come le nuove voci riguardanti un passaggio di società.
La Fiorentina e Prandelli quasi sicuramente rimarranno ancora insieme. Diciamo al 99 per cento. Non c'è però la certezza matematica. Le possibilità di un divorzio sono davvero ridotte al minimo, ma a seconda di come verrà chiusa la stagione potrebbero prendere corpo. Possibili nomi per sostituirlo sono quelli di Allegri e Giampaolo. Ma siamo veramente, in questo momento, a discorsi che non dovrebbero poi concretizzarsi. Però un Prandelli sul mercato potrebbe stravolgere tutte le carte in tavola anche per quanto riguarda il mercato allenatori delle grandi squadre. Ecco dunque che la situazione della squadra viola può essere un importante nodo per i movimenti futuri. Al Napoli l'arrivo a stagione in corso di Donadoni sembrerebbe aver chiuso i discorsi allenatore anche per il prossimo campionato. Facendo cadere nel vuoto l'avvicinamento che ci fu un paio di mesi fa con Roberto Mancini. Ma i risultati ottenuti in queste domeniche dal Napoli sono tutt'altro che esaltanti. Quindi a giugno anche la posizione dell'ex ct della nazionale potrebbe essere rivista. Del Neri ha dato l'addio all'Atalanta. Ad accoglierlo c'è l'Udinese. Nessuna certezza, ovviamente, al riguardo, siamo fuori i tempi regolamentari. Però un dettaglio da non sottovalutare è il praticamente certo arrivo ad Udine di Corradi, pupillo di Del Neri ai tempi del Chievo. All'Atalanta il favorito è Delio Rossi, dietro ci sono i nomi di Giampaolo, ancora una volta, e Beretta. Delio Rossi abbandonerà la Lazio. Al suo posto è quasi certo l'arrivo di Mazzarri dalla Sampdoria, dove arriverà Zenga o il gettonatissimo Giampaolo. A Cagliari, se Allegri se ne andrà, il futuro della squadra sarda sarà messo nelle mani di Bisoli, ex giocatore cagliaritano, che molto bene sta facendo a Cesena. E a Siena? Viste tutte le richieste che ha Giampaolo, un cambio sulla panchina appare abbastanza certo. Ma prima di pensare al nuovo tecnico ci sono da risolvere alcune questioni a livello societario ed economico. Al Chievo Di Carlo lo confermerebbero di corsa, dopo il miracolo che sta compiendo. Però non è da escludere che nelle prossime settimane possa arrivare qualche offerta allettante all'allenatore. Il futuro di Torino, Lecce, Bologna e Reggina è legato alla permanenza o meno in serie A. A Palermo Ballardini sarà confermato. Strana la vita. Nell'estate dei cambi, proprio Zamparini rimarrà con quello che già ha.

Juve-Inter: incroci di mercato

Mourinho ormai sicuro della vittoria finale detta le sue condizioni. Non faranno più parte della rosa giocatori in prepensionamento e sottoposti incapaci di sopperire all'indisponibilità dei primi della classe, se chiamati in causa. Un giocatore che corrisponde al primo identikit è Julio Cruz, a dire il vero, tanto discreto quanto concreto. Spillo Altobelli lo consiglia apertamente al Napoli:
"Io prenderei tutta la vita uno come lui, un giocatore serio, integro ed importante – ha spiegato l'ex giocatore a Napolimagazine - Cruz sa essere decisivo e si allena bene: potrebbe fare la fortuna di qualsiasi allenatore". Pare che anche sul Golfo sia da tempo maturata questa convinzione, tant'è che i partenopei avrebbero deciso di rinunciare a Floccari, destinato al Genoa, per dirottare ogni sforzo sul Jardinero.
Donadoni vorrebbe inoltre affiancargli Palladino. L'attaccante di proprietà della Juve è un pupillo del tecnico e da sempre coltiva il desiderio di giocare a Napoli. Inoltre i discorsi aperti tra Marino e Secco sono diversi, e non riguardano solo Hamisk, ma anche Lavezzi e Santacroce.

Un altro giocatore con un piede sull'uscio è Hernan Crespo. Fernando Hidalgo, procuratore dell'interista e di Milito, ha rivelato alcuni incroci interessanti del prossimo mercato: "Per quanto riguarda Hernan, la Roma è una società che lui ha sempre voluto. Diego, se dovesse lasciare il Genoa, rimarrà in Italia". E' ormai risaputo che il bomber genoano è in cima alla lista dello special one, ma a sentire lo stesso Hidalgo nulla è ancora deciso: "Abbiamo ricevuto molti contatti dalle big, non solo dall'Inter". Anche la Juventus infatti è interessata al giocatore per sostituire un suo connazionale. David Trezeguet è entrato ormai in rotta di collisione con Ranieri e con la società. Grazie anche alle dichiarazioni di Antonio Caliendo, suo agente ed amico. Quest'ultimo ha infatti palesato il malumore del proprio assistito: "Se la Juventus dovesse confermare il tecnico, come ha detto di voler fare, ci sarà qualcosa da rivedere. Sembra che Trezeguet non rientri più nei suoi piani - ha affermato - Si vede da quanto e come lo sta impiegando ultimamente". L'attaccante pretende un posto da titolare che nessuno può garantirgli, stante anche la sua "tenera" età. Verrà dunque ceduto all'estero e si parla sopratutto di Barcellona, Lione e Manchester, sponda City, quali possibili destinazioni. I francesi, per la cronaca, sono fortemente interessati anche a Gilardino, che dal canto suo giura fedeltà ai viola.

Juve e Inter si affrontano anche su un altro terreno: Quagliarella. Ma pare che negli ultimi giorni la Vecchia Signora sia passata in vantaggio, ottenendo addirittura il si di Pozzo. Un incontro a Milano ha poi sancito l'accordo tra Secco e il giocatore. Il direttore sportivo bianconero in realtà era interessato anche a Kwadwo Asamoah, ma l'Udinese ha declinato ogni possibile avance. I friulani sono convinti che il ventenne avrà un futuro radioso e allora preferisco attenderne la piena maturazione per monetizzare compiutamente la fiducia che gli è stata accordata in questa stagione. L'Inter risponde al colpo dei torinesi proiettandosi sul mercato spagnolo. Eto'o e Villa incantano. E ognuno dei due sarebbe la spalla ideale per Ibrahimovic. L'agente Fifa Vincenzo Morabito, ospite a Controcampo, ha confermato: "L'Inter sta monitorando la situazione di Eto'o da tempo e il suo contratto scade nel 2010. Penso che Eto'o possa essere un obiettivo nerazzurro, in alternativa c'è Villa, anche se il Chelsea e il Barcellona si sarebbero mosse con anticipo. Non escludo comunque un arrivo di Eto'o o Tevez". Cruz, Crespo, Adriano, Obinna e Suazo invece lasceranno sicuramente Milano. A sorpresa, e dopo un solo anno, potrebbe fare altrettanto anche Sulley Muntari, che guarda alla Premier, cui si sente calcisticamente più affine, e in particolare al Tottenham. "Sono felice a Milano e mi trovo bene con Mourinho, ma tutti sanno della mia stima per Harry Redknapp - ha dichiarato al sito inglese Skysports il ghanese - Aspettiamo la fine della stagione". Ancora più sorprendente però il prossimo ritorno in Italia di Fabio Cannavaro, ennesimo capitolo della perenne contesa fra Juve e Inter. Il derby d'Italia recupera un vero protagonista
Fonte Carlo Nesti

Juve, ecco i nomi del 2010

Ecco, nome per nome, la situazione bianconera per il prossimo mercato estivo.

CANNAVARO - E' l'affare del momento, la notiziona piombata nel cuore della domenica passata, data per certa dai media italo-spagnoli (da Marca prima, da Sky Sport poi). E a quanto pare è tutto vero, perfino in fase ben avanzata. A buon punto, visto che i contatti andavano avanti già da un paio di settimane, rigorosamente sotto traccia, senza che nessuno ne sapesse nulla. Fino allo scorso week end, quando tutto è venuto fuori, senza però far battere ciglio ai diretti interessati, che per ora si trincerano dietro il silenzio. A romperlo ci hanno pensato ovviamente i tifosi (subito divisi fra chi ripudierebbe e chi accetterebbe un ritorno del difensore centrale) e il procuratore del difensore, Gaetano Fedele: "La Juve ha fatto una proposta interessante, proprio quello che lui sta cercando" ha affermato l'agente "la trattativa c'è, siamo in fase embrionale, ma le possibilità che l'affare vada in porto sono buone. L'interesse della Juve fa solo piacere, lui sta cercando di dare continuità a una carriera gloriosa e proseguire in un club di primaria importanza è il suo desiderio. I tempi? Questa sarà con ogni probabilità la settimana decisiva, visto che già ci sono stati dei contatti via fax fra Juve e Real". Il divorzio di tre anni fa è pronto ad esser riposto nel cassetto, per Cannavaro contratto d'un anno e annessa opzione al rinnovo per un secondo (per poi, magari, entrare a far parte della dirigenza), anche se la novità sta nel fatto che l'ormai ex madrileno si ridurrà l'ingaggio pur di tornare in bianconero, trovando nuova "dimora" e restando a galla, nell'intento di acciuffare i mondiali del 2010. Una sorta di scusa promossa da colui che, nel pieno della bufera Calciopoli, prese il primo volo diretto a Madrid, da Fabio Capello. Ovviamente ha fatto discutere la mossa dei dirigenti juventini, decisi a puntellare la difesa (colabrodo nel pieno della rincorsa scudetto, poi mestamente naufragata) con un 36enne, già scartato da un Napoli che il suo progetto a lungo periodo vuole affidarlo a giovani freschi e forti. Una trattativa dai molteplici spunti di riflessioni, sia sulla programmazione di Secco, Cobolli e soci, sia sulla coscienza di un giocatore pronto a ritrovare i cari vecchi compagni Camoranesi, Del Piero, Buffon. Proprio coloro che abbandonò al loro destino nel periodo più buio della infinita storia bianconera…

BUFFON/TREZEGUET - Il rapporto fra il francese e Ranieri, da ambienti vicini ai diretti interessati, possiamo dichiararlo inevitabilmente incrinato. Abbiamo raggiunto direttamente Antonio Caliendo, procuratore della punta transalpina, che ha stigmatizzato il comportamento della allenatore juventino: "Si vede da quanto e come lo sta impiegando ultimamente… Se sarà ancora lui il tecnico, vaglieremo altre strade, decidendo il da farsi su una nuova destinazione, che soddisfi la voglia di giocare del mio assistito (in lizza Barcellona e Manchester City Ndr)". Analizzando di pari passo le situazioni di Trezegol e Buffon, pare chiaro che il portierone resterà almeno un altro anno in bianconero (nell'intento di acciuffare la Champions nel complesso d'una squadra veramente forte), l'attaccante molto probabilmente lo farà l'estate prossima. Questo perché alla Juve servono "soldoni" da reinvestire, per allestire un gruppo che sappia ambire a più obiettivi e il transalpino è uno dei papabili a lasciare l'ombra della Mole, dopo i recenti screzi con Ranieri e le posizioni perse nella gerarchia del reparto offensivo. S'è convinto anche il diretto interessato (vedi le dichiarazioni di Caliendo), che vuole giocare, e segnare, con continuità per evitare il lento declino d'una carriera ricca di goie, ma anche dolori. Non c'è invece fretta per il Gigi Nazionale, il quale ha anch'esso un relativo prezzo di mercato (elevatissimo, supponiamo), come ammesso dai dirigenti bianconeri nei giorni passati. Tutto è comunque prematuro, e al momento non si registrano sirene attorno all'estremo difensore ex Parma. Con il ricavato della cessione di Trezegol, la Juve potrebbe accaparrarsi non più uno, bensì due campionissimi di spessore, capaci di far fare il vero e definitivo salto di qualità alla compagine di Ranieri. I riferimenti sono soprattutto per Silva e Diego, mentre sono meno quotati possibili acquisti di Hamsik oppure Ribery. Desta perplessità l'affare Cassano.

HAMSIK/RIBERY - Sono i due sogni impossibili della Juventus che cerca l'assalto ai titoli più pregiati per la prossima stagione. I dirigenti juventini hanno già sondato il terreno per entrambi i calciatori, ma per ora hanno visto pochi spiragli di luce. Chissà se a stagione finita potrebbe cambiare qualcosa… Il transalpino certamente lascerà il Bayern di Toni (ormai netti i contrasti con la proprietà), mentre lo slovacco di Donadoni brancola nel buio, ancora indeciso sul da farsi. Il diesse Secco in giugno farà un altro tentativo, nella speranza che qualcosa cambi, magari inserendo nella trattativa Palladino e Criscito, come ipotizzato dal patron Cobolli Gigli: "Non è un segreto la nostra stima per il napoletano, ma se il Napoli non intende cederlo ce ne faremmo una ragione (nette le parole di Marino, che ha blindato anche Santacroce Ndr), rivolgendo le nostre attenzioni ad altri campioni". Più o meno la stessa situazione per Ribery, sul quale però s'è già scatenata una asta pericolosa per i bianconeri, con il Barcellona in primissima linea. E il prezzo, ovviamente, è lievitato, con i blaugrana già pronti a metter sul piatto circa 30 milioni di euro. Il forte esterno francese, già pronto a mollare la terra teutonica, gongola e nel frattempo ha prolungato il contratto personale di sponsorizzazione con la "sua" Nike, la quale senza coprirsi troppo spinge anch'essa per un passaggio a un club sponsorizzato in proprio invece che dal principale concorrente (Adidas appunto, sponsor dei bavaresi). L'asta è aperta (improbabile uno scambio con Buffon), ma la concorrenza per le casse juventine è quanto mai proibitiva.

DIEGO - Il brasiliano pensa solo al Werder sino al giugno ("Non so a che punto è la trattativa, ne riparleremo più avanti ha dichiarato"), ma gli ultimi dieci giorni hanno rappresentato uno snodo importante per la trattativa riguardante il calciatore classe 1985. A Torino sono arrivati Djar, padre di Diego, e Giacomo Petralito, agente Fifa e principale intermediario per un possibile trasferimento. Si sono compiuti importanti e rilevanti passi avanti, con le parti in causa che hanno ribadito l'interesse reciproco per una soluzione positiva, voluta fortemente da tutti i diretti interessati. Papà Diego ha messo in tasca quelle che sono le possibili mosse della Juventus (c'è stato anche il via libera tattico di Ranieri), in attesa di sentire anche la controparte tedesca, che incontrerà a giorni (come dichiarato da lui stesso). Juve e Werder, invece, si incontreranno solo al termine della stagione e la fine di giugno potrebbe essere finalmente il momento propizio. Le parole di Djair Ribas da Cunha tranquillizzano i tifosi juventini: "Forse ci siamo. La mia sensazione è che questa volta la Juve faccia sul serio. L'interesse per Diego c'è, ma ne sapremo molto di più a fine mese". Il padre punta a fare gli interessi del figlio, che da sempre spinge, sottobanco, per un passaggio alla Juventus, squadra che risponde alle sue richieste, ovvero di club blasonato e già certo della partecipazione alla Champions League. Se sull'asse Torino-Brema non ci saranno clamorosi ribaltoni, l'affare si farà.

NEDVED/SILVA - Per l'assalto all'asso spagnolo, la Juventus ha "sotto il cuscino" almeno 18 milioni di euro da proporre, ma il Valencia non considera ancora sufficiente l'offerta che comunque sarà trattata ancora un po' dai dirigenti juventini: "Nessun nostro campione sarà svenduto" ha affermato il vicepresidente del Valencia, Fernando Gomez "alcuni sondaggi ci sono stati, ma noi aspettiamo ancora e non avremo problemi a ricevere proposte". La base d'asta s'aggira sui 25 milioni, anche se sarà ovviamente abbassata, trovando un compromesso per un cifra leggermente minore. Nel frattempo l'approdo del valenciano sotto la Mole, sembra apparentemente essere legato alla scelta se proseguire, o meno, con i colori bianconeri di Nedved. Ma, stando a qualche discrezione, non bisogna esserne così certi. Il ceco, come ampiamente risaputo, ha dichiarato ad inizio marzo il suo addio al mondo del pallone, ma potrebbe tornare sui suoi passi, come già ci ha abituato in passato. Per ora tutto tace, ma l'ex Lazio forse rimarrà ancora un altro anno alla corte di Ranieri, anche se a mezzo servizio visto che gli anni si fanno sentire e le ginocchia non sono più quelle d'una volta. In casa bianconera si dicono ben contenti di tenere ancora per una stagione colui che vinse il Pallone d'oro nel 2003, ma il progetto Juve deve andare avanti e, per quel salto di qualità necessario, oltre a un Nedved "limited edition" (che proverà per l'ennesima volta, con un gruppo ancora più forte di quello di quest'anno, a dare l'assalto alla agognata Champions), servirà un sostituto di primissimo livello. David Silva, appunto. Lo spagnolo campione d'Europa è in cima al taccuino di Secco e soci, che già hanno battuto il terreno con il Valencia (sempre in preda a una profonda crisi societaria) e sono pronti all'assalto, fissato per luglio prossimo.

CASSANO/GIOVINCO - Il talento di Bari Vecchia continua a orbitare nei dintorni bianconeri. In casa Samp non s'espongono più di tanto, rimandando tutto a fine stagione, così come in casa bianconera, dove il fantasista pugliese però interessa tanto. Eccome se interessa. Negli ultimi giorni, purché l'affare vada in porto, è stato tirato in ballo anche Sebastian Giovinco, come probabile contropartita tecnica per facilitare l'acquisto di quello che potrebbe essere il post Del Piero. Qualcuno però storce il naso, a partire dal manager del giocatore Claudio Pasqualin, il quale ha prontamente chiarito: "Non mi risulta affatto questa ipotesi, la Juve non ce ne ha parlato. Forse non e' solo una ipotesi quella di Cassano alla Juventus, ma che ci sia di mezzo Giovinco e' assolutamente un'invenzione". Tutte frottole, quindi, ma logicamente la Formica Atomica sarebbe gradita a mister Mazzarri, così come al d.g Marotta, già dettosi pronto a intavolare possibili trattative nel prossimo mercato estivo. Nella rincorsa a Cassano è proprio la Juve la prima scelta, la prima "papabile" a poterlo accogliere. Tanto che il procuratore dell'ex Roma e Real Madrid, Bozzo, avrebbe avviato dei contatti con un'agenzia immobiliare di Chivasso per trovare casa al giocatore nella "prima cintura" di Torino. Segnali fondamentali, delicati per colui che è visto come il dopo Del Piero, come la pedina più giusta per voltare e aprire una nuova pagina della lunghissima storia bianconera. Molto probabilmente, dopo aver tappato il buco sull'esterno sinistro (visto l'addio di Nedved), la dirigenza di corso Ferraris si butterà a capofitto sull'affarone riguardante il barese, che proprio in questo scorcio di stagione ha finalmente trovato l'ariete da rifornire, quel Pazzini che concretizza al massimo le sue ripetute genialate nell'arco dei 90'. In soldoni, passando all'aspetto economico, la clausola rescissoria consente a Cassano di liberarsi per 20 milioni, ma l'unica cosa sicura è che 4,5 dovranno essere girati dalla Sampdoria al Real Madrid. Poi servirà l'indubbio sforzo economico di Secco e colleghi, che hanno la vera di occasione di poter fare finalmente breccia nel cuore dei tifosi juventini, fin qui piuttosto scettici sull'operato dirigenziale.
Fonte Carlo Nesti

Napoli, ecco i problemi

Strano ma vero, ora a Napoli va a finire che sotto accusa ci finisce Roberto Donadoni, che con questa grave crisi, con questo campionato umiliante, centra come un cavolo a merenda. L'unica colpa del bergamasco è stata il coraggio di accollarsi una nave alla deriva in corso d'opera, senza aspettare la fine della stagione per lavorare con del materiale da lui scelto. Trovo strano che alcuni miei colleghi, sempre molto teneri con Reja, cerchino invece il pelo nell'uovo nel valutare il Napoli griffato Donadoni. Si affannano a difendere il "povero" trainer goriziano, dimenticando che l'ex allenatore azzurro ha accettato senza batter ciglio l'assurda campagna acquisti estiva partenopea avallando in toto le ancor più assurde scelte di gennaio. Poteva anche dimettersi, per esempio, al momento dell'acquisto di Datolo, totalmente inutile alla causa; al contrario, pur di non rinunciare al suo lauto stipendio, ha preferito accettare senza la minima obiezione. State pur certi che il signor Donadoni questo non lo farà: il Napoli che vedremo dal prossimo ritiro sarà ad immagine e somiglianza del nuovo mister, tanto diplomatico davanti ai microfoni quanto risoluto e categorico con dirigenti e proprietari del club in cui lavora.

Certo, il Napoli delle ultime due gare ha fatto sostanziali passi indietro rispetto alle partite di inizio ciclo. Questa squadra, tuttavia, è totalmente priva di stimoli: molti dei giocatori sanno di non rientrare nei progetti futuri azzurri, e stanno con la testa già proiettata verso altri lidi. Molti altri, invece, non riescono a concentrarsi sul nuovo piano settimanale di lavoro imposto dal nuovo tecnico: si lavora molto sulla tattica, non tanto per l'oggi, quanto soprattutto per il domani. Assurdo chiedere a Donadoni di coinvolgere, tanto per fare un esempio, un anarchico come Lavezzi in poche settimane di lavoro assieme. L'argentino era abituato a fare quello che voleva durante la precedente gestione , un genio, un talento puro che va però rimodellato ed incanalato in modo da renderlo utile anche al collettivo, e non solo a sé stesso.
Donadoni ha poi preso le redini di una squadra atleticamente stanca, visto l'impegno dell'intertoto affrontato fin dai primi di luglio, e poi è evidente come si tenda ad un naturale rilassamento non avendo più alcun obiettivo da raggiungere.
Per non parlare delle voci che circolano in città riguardo la sregolata vita notturna di molti protagonisti partenopei, avvezzi più alla movida che all'impegno quotidiano negli allenamenti. Un frullato di guai che rende quasi impossibile al tecnico bergamasco concludere degnamente un campionato che nulla ha più da dire. Certo, ci sarebbe l'orgoglio, oltre allo stipendio percepito ogni mese da questi signori, ma purtroppo sono argomenti che non sempre fanno leva sui calciatori italiani. Ricordo, a tal proposito, l'ultima Juve dell'immediato post Lippi, una squadra che aveva vinto scudetti e coppe, e che nonostante la presenza di un tecnico di valore indiscusso come Ancelotti e di altri pluridecorati campioni, non arrivò oltre ad una misera qualificazione per l'Intertoto.
Questo Napoli è alle prese con un mesto precampionato, in attesa di rinforzi ed innesti che permetteranno alla squadra di affrontare la prossima stagione con altre credenziali. Gli ultimi spiccioli di questo torneo non fanno altro che confermare, è sufficiente un breve screening della rosa per rendersene conto, le pessime scelte effettuate in fase di mercato: tanti mediani e nessun metodista; tantissimi mancini e giocatori fisicamente uguali in difesa. Se eliminiamo Grava (ho detto tutto) il Napoli non ha brevilinei rapidi in terza linea. Per non parlare di ciò che succede tra i pali: in stagione si sono alternati ben cinque portieri, ma quasi nessuno ha convinto. Non a caso il mercato degli estremi difensori è uno di quelli più setacciati dalla società. In attacco non c'è un'alternativa tattica a Lavezzi: Pià non è all'altezza della massima serie, Russotto è un interessante ma ancora acerbo trequartista, e le due prime punte segnano con il contagocce, seppur per motivi differenti. Zalayeta è infatti cronicamente alle prese con i postumi del grave infortunio patito tempo fa, mentre Denis non ha garantito l'auspicato salto di qualità, nonostante l'ingente spesa sostenuta per il suo acquisto. Tutte cose che il signor Reja avrebbe dovuto far presente alla società e non accettare passivamente.
Ogni tipo di valutazione, anche critica, nei confronti del nuovo mister, dovrà dunque essere effettuata nel prossimo campionato: quest'ultimo è ancora figlio degli errori e della pavida accondiscendenza del suo predecessore.
Di Ciro Venerato per Tutto mercato Web

Il Real vuole Zapata

Dopo un inizio di stagione al di sotto dei suoi livelli standard, condizionato anche da un grave infortunio che ne ha pregiudicato la preparazione estiva, Cristian Zapata (21) sta tornando quel difensore affidabile, tanto apprezzato da diversi grandi club italiani. Ora, sul colombiano dell'Udinese sembra essere piombato il Real Madrid, alla ricerca di facce nuove per iniziare il nuovo corso, sotto la presidenza di Florentino Perez. Gli spagnoli hanno fatto osservare già diverse volte il centrale bianconero e si parla anche di un'offerta superiore ai 12 milioni di euro per riuscire a portarlo al Bernabeu.

La conferma: Cannavaro alla Juve


Tutto vero. Fabio Cannavaro è pronto a indossare di nuovo la maglia della Juve. La conferma arriva da Gaetano Fedele, agente del 36enne capitano della Nazionale in scadenza di contratto con il Real Madrid, già in bianconero dal 2004 al 2006. "Sui giornali si è letto di un contatto fra il Real e la Juve. La trattativa è sicuramente a buon punto, esiste e la si sta valutando, poi i dirigenti della Juve possono essere più chiari. Questa sarà con tutta probabilità la settimana decisiva". TELENOVELA NAPOLI - Prima della Juve, si era parlato di un possibile trasferimento di Cannavaro al Napoli, la squadra della sua città dove ha mosso i primi passi nel calcio che conta: "E' stata una telenovela, che si è chiusa. Anzi diciamo che non è mai stata aperta - continua Fedele -. Fabio aveva manifestato questo desiderio e la sua idea più volte, ma il presidente interpellato ha dichiarato che i giocatori di una certa età in difesa non li prendono perché esiste un progetto. Probabilmente il Napoli ha un progetto a lungo termine, sicuramente club come la Juve che hanno bisogno di qualcosa in più nell'immediato devono puntare su giocatori di sicuro affidamento". FUTURO BIANCONERO - Cannavaro sarebbe felice di tornare alla Juve: ''Certamente - continua ancora il procuratore del capitano azzurro - fa piacere l'interessamento di un grande club come la Juve, è chiaro che il possibile ritorno in Italia non lo fa rimanere indifferente. Lui sta cercando di dare continuità ad una carriera gloriosa, e proseguire in un club di primaria importanza era il suo desiderio". Si è parlato anche di un possibile posto da dirigente nella società bianconera al termine della carriera agonistica. "Se ne è parlato in termini di disponibilità, sicuramente la trattativa è ancora in una fase iniziale. Adesso non è corretto parlare di cifre. Si è parlato di una decurtazione importante da parte di Fabio. L'offerta della Juve è la più importante e affascinante, poi con calma si vedrà".
OFFERTE EUROPEE - Offerte per Cannavaro sono arrivate anche da altri grandi club europei. "Sì, dall'Inghilterra, dalla Russia e inizialmente dal Bayern Monaco. Insomma da quattro mesi a questa parte sono arrivate parecchie proposte, d'altronde un giocatore come Fabio in scadenza di contratto fa gola a tanti. Si sono fatte avanti, poi si fa la scelta finale nei tempi debiti. Come dicevo prima, questa settimana qualcosa avverrà".
Fonte La Repubblica

Le pagelle della 32esima

Ecco le pagelle della serie A dopo le gare della 32ª giornata.

LAZIO 8 - Reginetta di giornata e sponsor di tutte le altalene del mondo, perché conferma la sua discontinuità infilando la seconda vittoria, dopo tre sconfitte consecutive. Sul campo del Genoa, che aveva appena dato spettacolo contro la Juventus, soltanto l'Inter era riuscita a vincere. Ma al di là della statistica, la Lazio dà spettacolo meritando il successo firmato da un gran gol di Zarate.
MILAN 7,5 - Mezzo voto meno rispetto alla Lazio soltanto perché è più facile battere il Torino in casa che il Genoa in trasferta. Ma la tara agli avversari non attenua i meriti della squadra di Ancelotti, capace di stravincere divertendo, con una tripletta dello scatenato Inzaghi, un rigore del ritrovato Kakà, e il sigillo finale di Ambrosini che merita l'allungamento del contratto. E così, in una notte da applausi, il Milan aggancia la Juventus al secondo posto, tornando la squadra che ha segnato il maggior numero di gol: 59, uno più dell'Inter
CHIEVO 7,5 - Un'altra impresa. Impresa e non miracolo, perché il Chievo che vince a Siena con la concretezza delle grandi squadre è lo stesso che aveva pareggiato contro la Juventus, spaventando poi il Milan. Complimenti a Pellissier per la sua doppietta da grande attaccante e naturalmente a Di Carlo, pilota di una salvezza da incorniciare.
REGGINA 7,5 - Voto altissimo per una vittoria che potrebbe accendere nuove speranze di salvezza, perché il Torino quart'ultimo è soltanto a 4 punti. La Reggina che vince a Bergamo, come aveva fatto l'ultima volta 18 partite fa proprio contro l'Atalanta all'andata, non si limita a segnare con Ceravolo, colpendo anche due pali con Cozza e Brienza. La conferma che la squadra è ancora viva, grazie all'incrollabile e contagiosa fiducia del bravissimo Orlandi.
UDINESE 7,5 - Ha la forza morale e tecnica per rialzarsi, contro la Fiorentina, dopo la bruciante eliminazione in coppa Uefa. Segna altri 3 gol, con il primo splendido acuto di Asamoah, ma stavolta ne incassa soltanto 1, con una prova da vecchia Udinese, trascinata da un grande D'Agostino.
CAGLIARI 7 - La pancia sarà anche piena, ma non si vede perché il Cagliari liquida le speranze del nuovo Napoli di Donadoni. Ma tra il colpo di testa di Jeda e il gran gol del 2-0 di Lazzari, bisogna fare i complimenti anche a Marchetti che nega a Lavezzi la rete del possibile 1-1. E avere un buon portiere è un merito, non fortuna, come insegna l'Inter.
CATANIA 7 - Festeggia la salvezza a quota 40 con una bella vittoria contro la Sampdoria. Mascara apre le danze con un perfetto rigore, poi ci pensa Martinez a regalare a Zenga una grande soddisfazione, perché il Catania in casa è una splendida realtà.
PALERMO 7 - Impietoso schiacciasassi sulle rovine del Bologna, costruisce una decina di palle-gol, fermandosi a 4 reti. E ripensando a tutte le partite gettate via, c'è da arrabbiarsi perché questo Palermo poteva avere molti punti in più.
INTER 6,5 - Spreca l'occasione di stravincere lo scudetto proprio sul campo della sua prima rivale. Superiore a livello fisico e tecnico alla Juventus, paga una distrazione finale ma anche un nuovo errore tattico di Mourinho, che nel finale toglie Balotelli e Muntari per inserire Vieira e Burdisso, richiamando l'inutile Figo soltanto a 3' dalla fine, quando finalmente entra Cruz. Arretrando la squadra, malgrado un gol e un uomo in più, favorisce psicologicamente il pareggio della Juve, una settimana dopo quello del Palermo.
ROMA 6 - E' l'unica ad approfittare della sconfitta del Genoa (grazie Lazio) battendo il Lecce, anche se con il rigore omaggio del 3-2. Ottimo avvio, grande Totti, ma ancora una volta difesa da brividi che sciupa il parziale 2-0. E così potrebbe non bastare avvicinarsi a 5 punti dal quarto posto, perché soltanto le ultime quattro hanno incassato più gol.
LECCE 6 - Ha la forza e le qualità per agguantare la Roma sul 2-2, quando sembrava spacciato sullo 0-2. Poi viene punito da un rigore inesistente che fa giustamente imbestialire De Canio, dopo le proteste della settimana precedente. Eppure la squadra è viva e quindi fa bene a non mollare.
JUVENTUS 5 - Ci aspettavamo la partita dell'orgoglio e invece la Juventus giochicchia senza convinzione, quasi rassegnata, pareggiando soltanto a tempo scaduto quando aveva un uomo in meno. E per una volta non ci convince nemmeno Ranieri che si affida ai senatori, malgrado i segnali deludenti della settimana precedente, tenendo troppo in panchina Giovinco l'unico in grado di regalare freschezza e fantasia a una squadra spenta.
NAPOLI 5 - Invece della prima vittoria, dopo quattro pareggi, arriva la prima sconfitta per Donadoni. Non basta ricordare l'occasione mancata da Lavezzi sullo 0-1, perché il Napoli sbaglia prima e dopo. E se la squadra non risponde ai comandi del nuovo allenatore, vuol dire che la colpa non era certamente di Reja.
SAMPDORIA 5 - Si arrende alla maggiore determinazione del Catania, senza riuscire a far brillare la coppia Cassano-Pazzini. E non è il caso di aggrapparsi all'alibi del ritorno di Coppa Italia a San Siro contro l'Inter, perché non è così che si cura il morale per arrivare in finale.
ATALANTA 4,5 - Scivola male in casa contro la Reggina, forse distratta dalle voci sul divorzio da Del Neri. La squadra è al completo e questa è un'aggravante, perché la cenerentola del campionato segna un gol e colpisce anche due pali.
GENOA 4,5 - Voto severo perché il Genoa per noi è una grande che merita il quarto posto e come tale lo trattiamo. Travolto dagli elogi, meritatissimi sia ben chiaro, ricevuti dopo il successo sulla Juventus, appare improvvisamente involuto, oltre che sfortunato. E per la prima volta, dopo 6 vittorie, perde senza Milito, dando via libera a una bella Lazio.
SIENA 4 - L'indigestione di complimenti e la tranquillità di chi si sente al sicuro giocano un brutto scherzo al bel Siena, travolto in casa dal Chievo. Sbaglia Giampaolo a concedere tre giorni di riposo alla truppa, che dopo il 4-1 a Bologna si ripresenta in campo con la testa e le gambe pesanti.
TORINO 4 - Dov'è finito il cuore Toro? Con Camolese si rivede un'accozzaglia di giocatori allo sbando che affondano in fretta, consolandosi soltanto con la sconfitta del Bologna. Ma (non) giocando così, anche se davanti c'era un Milan scatenato, non sarà facile raggiungere la salvezza.
FIORENTINA 3,5 - Pessimo voto per una pessima Fiorentina, ulteriormente abbassato perché la sconfitta del Genoa doveva fornire motivazioni supplementari a Udine. Nemmeno le assenze di Mutu, Montolivo e Melo possono bastare per spiegare una partita sbagliata dall'inizio alla fine.
BOLOGNA 3 - Tre come gli allenatori che si sono alternati sulla panchina del Bologna, a picco a Palermo con l'esordiente Papadopulo, come gli era già successo con Arrigoni prima e Mihajlovic poi. Nessun segnale di risveglio, come accade in casi del genere. E così i rossoblu perdono la quinta partita consecutiva, sempre più di là che di qua della salvezza, prigionieri di un singolare paradosso. Perché Di Vaio torna capocannoniere (20 gol) con Ibrahimovic in una squadra che ha incassato più reti di tutti: 57. 
 
Fonte La Gazzetta dello Sport

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