Milan, che caos


Adesso è davvero il caos: se non per la società, che sostiene di aver già pronto tutto per lunedì, quantomeno per i tifosi che non sanno più a che santo votarsi. La situazione Milan preoccupa perchè quelle cinque lettere hanno significato da sempre, negli ultimi 23 anni, organizzazione, professionalità e blasone: oggi, un pezzo alla volta, tutto sembra essere in via di sgretolamento. Sembra, o è realmente? Questo è presto per dirlo: non mi dilungherò intanto sulla faccenda Maldini-Curva perchè tutto ed il contrario di tutto è già stato scritto e forse, appurata la brutta figura internazionale, è già passata agli archivi. Ma quanto accaduto domenica la dice lunga sul netto contrasto tra il Milan che fu ed il Milan che rischia di essere e non solo per la contestazione al Capitano: ben più basito mi hanno lasciato gli striscioni contro Silvio Berlusconi, il Milan a tutti gli effetti, invitato in maniera becera ad andare fuori dai così detti come un Giussy Farina qualsiasi. Ebbene, per quanto la situazione attuale possa essere esasperante, non trovo alcun alibi agli autori di quegli striscioni e a chi li sottoscrive: un attacco frontale del genere non lo meritava, colui che ogni anno, che si vinca o che si perda, il suo assegno lo stacca sempre e comunque, spesso senza guardare neanche la cifra, e per soddisfare i capricci della tifoseria. Eviterò per decenza di commentare la difesa ad oltranza di Shevchenko, proprio perchè senza quelli striscioni, in molti, me compreso, si erano anche dimenticati dell'esistenza dell'ucraino: con ironia della sorte gustavo invece l'indiscrezione secondo cui il numero 76 abbia fatto da intermediario tra Abramovich ed Ancelotti... Ora sì, che ha un senso la voglia di riabbracciare Sheva di Berlusconi: è stato un cavallo di Troia in pratica, per liberarsi del Carletto nazionale. Battute a parte, l'attualità presenta la parola fine definitiva sull'affaire Gourcuff: da mesi mi ero fatto portavoce per un ritorno del bretone a Milanello, ma sulla vicenda c'è ancora da vederci chiaro. Evidentemente Yohann non vestirà il rossonero nel 2010 a questo punto, ma questo non fa che mettere ulteriore pepe nella minestra milanista: ciascuno, in questa fumata nera, vede ciò che vuole vedere, nel più classico dei "wishful thinking". Chi parla di ridimensionamento, con una società costretta a rastrellare soldi al limite dell'elemosina, chi percepisce un clamoroso segno di un ribaltone Ancelotti, seguendo la pista del "nulla è scritto" (anche se, per la verità, dopo la sconfitta con la Roma, le possibilità si sono decisamente affievolite): in realtà, per quanto mi riguarda, giudico possibile una valutazione serena e razionale dell'operazione solo tra qualche giorno, se non settimana, a tecnico annunciato e primo acquisto ufficializzato. Perchè non pensare che il "Mister X" di turno, che sia Leonardo piuttosto che Van Basten (attenzione al Cigno, ed alla determinazione del Presidente), abbia battezzato Gourcuff come un piacevole lusso fine a sè stesso, ovvero come una chanche succulenta per acquistare sostanzialmente "gratis" una pedina fondamentale per il Milan che verrà: qualcuno ha speso il nome di Hernanes, centrocampista del Sao Paulo che dopo un paio di anni ad altissimi livelli, ha un po' abbassato il suo rendimento... C'è da dire però che con il rendimento (rimasto peraltro a standard più che dignitosi, intendiamoci), si è dimezzato anche il prezzo: vicino ai 15 milioni, che coincidenza. E' un rebus ad incastro, in cui inseriamo anche la vicenda Pirlo-Seedorf: da gioielli a nemici pubblici dei tifosi rossoneri, che li vogliono ben presto lontano da Milanello con percentuali importanti (65% dei lettori di Milannews per il bresciano), con profili addirittura plebiscitari (l'85% per il centrocampista di Paramaribo). Senza dimenticare il "cuore" Ambrosini, con contratto in scadenza 2010 e che tanto bene si sposerebbe con la filosofia del calcio inglese: una colonia rossonera Fulham Road? Decisamente molto probabile, e soprattutto aprirebbe degli "slot" da riempire con nuova linfa a Milanello: come e con chi..."Lo scopriremo solo vivendo" scriveva Mogol, e ci perdonerà se la rifacciamo nostra: l'importante che le basi siano chiarezza (di progetto tecnico e di mercato), talento (basta infarcirsi di mediani fini a sè stessi) e gioventù (sinonimo di freschezza, prospettiva e futuro), altrimenti si confermerà lo schema di Gattopardiana memoria della scorsa settimana, per cui tutto cambierà per non cambiare nulla.

"Il futuro, chissà!"


"Il mio futuro? Non sono certo di nulla, io non faccio percentuali come Mourinho". Zlatan Ibrahimovic non lascia tranquillo il presidente Moratti e i tifosi dell'Inter. Il fuoriclasse nerazzurro non si sbilancia sul suo futuro e non offre nessuna garanzia sulla sua permanenza tra i campioni d'Italia. "Non ci sono percentuali, perché quando non c'è niente sul tavolo, non si può parlare di possibilità". Ibra lo dice ai microfoni di Telelombardia e Telenova, due emittenti private. Poi però lascia intendere che l'anno prossimo rimarrà ancora alla corte di Mourinho e parla già di Milito come di un ottimo compagno d'attacco: "Ci sono tanti attaccanti con cui mi trovo bene, il prossimo anno con Milito non ci sarà una competizione perché è un giocatore che ha fatto tanti gol. Sono contento per lui e per l'Inter".

CAPOCANNONIERE? PROVIAMOCI - Domenica pomeriggio contro l'Atalanta Ibra punterà a diventare capocannoniere: "Ho la possibilità di vincere il titolo - spiega - sono contento e farò di tutto per farcela: quello di diventare capocannoniere è uno degli obiettivi, ma non è il primo, perché prima di tutto bisogna vincere come abbiamo fatto nelle ultime partite. Prima si vince e poi i miei compagni mi aiuteranno a fare gol".

Di mercato e del possibile arrivo di Cassano ha invece parlato Mario Balotelli. Il giovane attaccante nerazzurro si è detto pronto ad accogliere a Milano il talento barese. "Secondo me se ne dicono tante su Cassano, ma è veramente un bravo ragazzo. Ha la testa a posto, mi piacerebbe tanto perché è troppo simpatico, poi calcisticamente è un genio". La concorrenza non spaventa Balotelli. Anzi, con un Cassano in più l'Inter potrebbe finalmente sfatare il tabù Champions. "Con lui vinciamo la Champions. Io credo che il mister abbia le idee chiare, però con tanti attaccanti magari è più difficile sapere chi far giocare. Ma sono affari di Mourinho".

Ibra, il West Ham e il razzismo nei suoi confronti. Balotelli non ha problemi a parlarne. "Secondo me è difficile convivere con me, non con lui, perché gli altri attaccanti quando giocano con lui giocano bene", dice riguardo alla convivenza col fuoriclasse svedese. Capitolo Hammers: "Sì, ero in contatto con Zola. Poi non si sono sentiti con l'Inter, o l'Inter non si è fatta sentire, non so bene cosa non sia andato. Alla fine meglio così". Infine la battuta sul brutto episodio di Torino. "Prima di Juve-Inter sono entrato con la nostra divisa, parlavo con Chiellini e già mi facevano 'buuu'. I cori sono tutti gravi, anche quando danno dello zingaro a Ibrahimovic come hanno fatto a Cagliari".Il futuro

Juve, spunta Laurent Blanc


Un altro Blanc alla Juventus. L'amministratore delegato Jean-Claude pensa infatti di affidare la squadra a Laurent, ex difensore di Napoli e Inter e prossimo a vincere il campionato francese con il Bordeaux. È dunque Lolo, campione del Mondo nel 1998 e d'Europa nel 2000, l'outsider che entra in corsa tra Conte e Ferrara per raccogliere l'eredità di Claudio Ranieri. Giovane (42 anni), straniero come si sussurrava da tempo, vincente e "allenatore" già quando giocava: non a caso ne dice un gran bene Marcello Lippi, che lo ha avuto all'Inter. Al Bordeaux, che Blanc allena da due anni e che con un punto questa settimana può vincere lo "scudetto", pratica un 4-2-3-1 che si adatta bene all'acquisto di Diego. L'indiscrezione è confermata anche in Francia, anche se ci sono diversi ostacoli. Il primo è costituito dal fatto che Blanc ha appena rinnovato per due anni (2011) col Bordeaux, dove guadagna circa 900 mila euro. Il secondo si chiama Real Madrid, dove vorrebbe portarlo il suo grande amico Zidane prossimo a rientrare nel club insieme a Florentino Perez, e questo è il più serio. L'ultimo, ma rimediabile, consiste nella sua squadra di rappresentati, la stessa con cui due anni fa Jean-Claude Blanc ruppe malamente per Deschamps.
parla conte — "I giornali parlano tanto di me. Mi avete mai sentito dire che vado via da Bari, o l'avete sentito dire al presidente Matarrese? I diretti interessati non hanno mai aperto bocca sull'argomento. Voi giornalisti dite che vado via da Bari. Tutto è possibile. Stiamo a vedere cosa succede". Antonio Conte, legato per contratto con il Bari sino al prossimo 30 giugno, non scioglie i nodi del suo futuro, che potrebbe tingersi di bianconero con la Juventus. Dice poi di non essere al corrente di eventuali contestazioni delle quali potrà domani essere il bersaglio nell'ultima gara interna del Bari contro il Treviso: "Domani avrò un'accoglienza particolarè dai tifosi? Non saprei. Ho dato tanto al Bari, non è detto che non possa dare tanto anche in futuro".

Genoa che colpi!


Hernan Crespo è ufficialmente un giocatore del Genoa. Ad annunciarlo, dopo l'incontro di questa mattina con il procuratore Fernando Hidalgo, è stato il presidente rossoblù Enrico Preziosi. «Crespo è del Genoa», ha detto a Sky. L'attaccante, in scadenza con l'Inter, ha firmato un contratto biennale.

QUARESMA
- Ma il Genoa non si firma qui. Il presidente a Radio Kiss Kiss ha detto: «Quaresma al 99.9%? Seguo lo stesso linguaggio di Mourinho, ma sono solo battute che servono per sdrammatizzare. La questione Quaresma è molto semplice: gli accordi tra le società sono già presi e fatti, quello che manca è la firma del giocatore. Ma credo che se l’Inter ha ritenuto di cedere la comproprietà vuol dire che l’ha fatto perché poteva farlo. Ma c’è sempre bisogno della firma del giocatore. Io non credo che ci saranno grandissime difficoltà, ma la prossima settimana affronteremo il tutto per risolverle».

FLOCCARI
- Anche per Floccari è tutto ok: «Floccari? Ha già firmato ieri sera. C’è solo la formalità del deposito del contratto con l’Atalanta ma non c’è alcun problema perché il ragazzo ha già firmato ed è tutto a posto».

Napoli, tre acquisti


Lunedì prossimo, a Cercola, in provincia di Napoli, si giocherà un triangolare di beneficenza (in campo la Nazionale Medici, una mista di vecchie glorie e cronisti Sky, e la rappresentativa dell'Ussi Napoli), il cui incasso verrà devoluto alla Fondazione Stefano Borgonovo, per supportare la ricerca sulla Sla.
 
«3-4 ACQUISTI DI QUALITA'»
- A margine della conferenza di presentazione dell'iniziativa, Pierpaolo Marino si è soffermato a parlare del mercato del Napoli: «Non mi piace parlare di trattative che sono in evoluzione- commenta il dg azzurro- sono venuti fuori tanti nomi, ma io mi sento di dire soprattutto che il presidente ha voglia di far partire questo nuovo ciclo di cinque anni muovendosi in modo tale da portare elementi di altissimo profilo. Quanti giocatori prenderemo? Molto dipenderà dalle partenze. Abbiamo fatto una seconda parte di stagione brutta, non giustificabile con la storia di aver cominciato prima la preparazione per disputare l'Intertoto. Questo significa che bisogna intervenire sull'attuale rosa in modo chirurgico, soprattutto nei confronti di chi non ha dato quanto avrebbe potuto. Gli acquisti di qualità saranno comunque tre-quattro».

IL MERCATO
- Poi Marino entra nel dettaglio, sia per quanto riguarda il mercato in entrata, sia per quanto concerne le voci sulle partenze eccellenti: «Continuo a dire che Quagliarella è un giocatore stratosferico, ma è stratosferica anche la valutazione che ha fatto l'Udinese. Conosco la voglia del giocatore di venire a Napoli, ma con Pozzo non abbiamo ancora discusso: la disponibilità del presidente bianconero è importante, se son rose fioriranno. Cigarini lo conosciamo da tempo, non potrei che essere felice se dovesse arrivare. Lavezzi? Sento e leggo che c'è gelo tra il Napoli e il giocatore. Preciso: noi siamo dell'idea che gli incontri frequenti con chi rappresenta un giocatore non sono giustificabili, soprattutto alla luce del cammino fatto in questa ultima metà di stagione. Offerte comunque non ne abbiamo mai ricevute, nè siamo interessati a riceverne. Si tratta solo di chiacchiere, telenovele, che fanno parte del gioco. Hamsik? Ha avuto un calo di rendimento, ma non ho mai riscontrato problemi di ingratitudine con lui. Ho anche sentito e letto che Maggio può essere sul mercato: Maggio è invece un giocatore sul quale puntiamo, e sottolineo che il suo infortunio ha contribuito alla crisi del Napoli. È un elemento importante».

LEGA
- Infine Marino chiude la polemica sorta attorno al Centro sportivo di Castelvolturno («È un centro bello, in una location importante»), parla della nuova Lega («Beretta farà bene, e la nuova Lega porterà vantaggi a tutti, anche alla serie B»), e chiosa: «Sono orgoglioso di essere in una società che ha il secondo bilancio della serie A. E poi, tirando le somme di questi primi cinque anni, anche il risultato sportivo è positivo, nonostante ultimamente siano stati commessi degli errori, e il Napoli sia scivolato nella crisi, senza che io sappia il perchè. De Laurentiis adesso è però motivatissimo, ha voglia di fare grandi cose, ed io sarò umilmente al suo fianco. Finora ho dovuto fare tutto da solo, ora scendiamo in campo in due, e questo ci dà grande forza».

Gourcuff resta al Bordeaux

Adesso è ufficiale: Yoann Gourcuff resta al Bordeaux. La squadra francese ha infatti comunicato, attraverso il proprio sito ufficiale, di aver esercitato il diritto di riscatto ( che scadeva alla fine del mese di maggio ) pari a 15 milioni di euro. Un brutto colpo per Galliani e Leonardo che avevano intenzione di rifondare il Milan proprio a partire dal talentuoso centrocampista francese, soprattutto in caso di un'eventuale cessione di Kakà.

Ecco il nuovo Milan


Rivoluzione Milan. Non solo in panchina per il passaggio di consegne fra Ancelotti e Leonardo, ma anche in campo dove nella prossima stagione verranno segnalate molte assenze ec­cellenti e molte sostituzioni im­portanti. Non so­lo quella di Mal­dini, ma anche altre addirittura più pregiate co­me quelle di Ka­kà (destinato al Real Madrid), di Seedorf e, probabilmente, anche di Pir­lo che seguiranno Ancelotti al Chelsea. Piedi pensanti, come si può notare che non dovranno più... pestare quelli deli­cati ed esclusivi di Ronaldinho intorno al quale verrà costruito il nuovo Milan. Su preciso ordine e volere di Silvio Berlusconi che ha licenziato di fatto An­celotti, accettando come suo sostituto Leonardo proprio perchè, in quanto brasiliano, dovrebbe avere la sensibili­tà necessaria per fare rendere al meglio il Gaucho, decisamente maltrattato e poco considerato (a ragione) da Ance­lotti nella seconda parte di questa sta­gione.

MILAN 'DO BRASIL' - Il nuovo Milan, quindi, sarà sem­pre di più a trazione brasiliana con l'in­nesto del difensore Thiago Silva, il pos­sibile arrivo del «gemello» Alex Silva (centrale tuttofare attualmente in forza all'Amburgo), la piena consacrazione di Pato e, ovviamente, la resurrezione di Ronaldinho. Sempre sul fronte degli acquisti biso­gnerà trovare un vice-Abbiati meno di­scontinuo di Dida (do­vrebbe essere il caglia­ritano Marchetti), men­tre in difesa sarà fonda­mentale l'inizio della preparazione pre-cam­pionato (il raduno è pre­visto il 6 luglio) per veri­ficare definitivamente le condizioni di Nesta. In quest'ultimo scampolo della stagione, dopo l'operazione dello scorso febbraio, l'ex-laziale ha dimostrato di essere sul­la strada del pieno recupero.

PRONTI AD INVESTIRE SU UN DIFENSORE - Ma se que­sto non dovesse essere completo,a via Turati sarebbero costretti a intervenire sul mercato per trovare un quarto di­fensore centrale (oltre a Thiago Silva, Kaladze e Bonera) che potrebbe essere individuato nel romanista Mexes se fos­se messo sul mercato dai giallorossi.

IN AVANTI TONI O ADEBAYOR - In attacco, congedato Shevchenko, il Milan ha la possibilità di scegliere uno fra Adebayor e Luca Toni (anche se Beckenbauer ieri ha detto che resterà al Bayern) per affiancare Pato ma c'è da giurare che, come sempre, Inzaghi sarà in grado di terminare ancora una volta in doppia cifra la sua nona stagione mi­lanista. Ma il Milan potrebbe fare rien­trare alla base Gourcuff, il partner idea­le Ronaldinho. La società sta verifican­do le intenzioni del Bordeaux che, per essere sicuro di trattenere Gourcuff, de­ve versare ai rossoneri i 15 milioni di euro necessari per il riscatto definitivo. Il fan­tasista ha chie­sto al Milan ga­ranzie sulla tito­larità, sul ruolo e sull'ingaggio (al­meno 2,5 milioni di euro netti a stagione) e sembra averle avute.

Messi, inno alla gioia

Non c'è stata storia: il Barcellona ha vinto la terza Coppa dei Campioni del suo grandioso albo d'oro rischiando solo per otto minuti, i primi della partita, quando il Manchester Utd, alle prime mosse, ha messo paura a Valdes con due o tre iniziative di Cristiano Ronaldo. Ma da quel momento in poi in campo c'è stato soltanto il Barcellona di Pep Guardiola, allenatore catalano di 38 anni, ex giocatore e idolo del Barça, nonché vecchia conoscenza del calcio italiano, che ha vissuto questa stagione come una favola. Un anno fa guidava il Barcellona B, adesso ha sollevato il trofeo più importante, dopo aver vinto anche la Liga e la Coppa del re.

Il talento evidentemente si può annidare ovunque, anche in una persona che di esperienza di panca aveva poco o nulla, ma che la Coppa col Barcellona l'aveva già vinta quando era giocatore. Era il 1992 e in finale i blaugrana sconfissero la Samp di Vialli e Mancini. Adesso Pep Guardiola - ragazzo intelligente, pacato e raffinato che ha dedicato la Coppa a Paolo Maldini, per quanto ha fatto per il calcio mondiale e anche per l'offesa che ha subito domenica scorsa - entra in un club molto esclusivo. I sei uomini che la Coppa dei Campioni (o Champions League) l'hanno vinta sia da giocatore che da allenatore: Miguel Munoz, Giovanni Trapattoni, Johan Cruyff, Carlo Ancelotti, Frank Rijkaard. Una bella compagnia. L'esempio di Guardiola probabilmente ora sarà seguito da molti, anche nel calcio italiano. Magari la Juventus continuerà ad affidare il suo futuro a Ferrara e il Milan ricomincerà con Leonardo: buona fortuna a entrambi. Anche se per tornare ai livelli di Barcellona e Manchester Utd il calcio italiano avrà bisogno di una forte iniezione di campioni e di talento. Giocando in uno stadio Olimpico vestito maestosamente a festa un club italiano ci sarebbe stato benissimo. Ma tant'è, lo spettacolo è stato di livello mondiale.
Vince l'esordiente Guardiola, o quasi, e perde invece il lupo Sir Alex Ferguson, con i suoi 23 anni di Manchester Utd e gli oltre cinquantanni di calcio da professionista. Ha perso con molta classe e dignità, ha stretto la mano a Guardiola, ha parlato a lungo col capitano catalano Puyol poco prima che alzasse la Coppa. Ma ci riproverà il prossimo anno, alle soglie quasi dei settant'anni. Senza arrendersi mai, questa è la sua grandezza. I tifosi del Manchester Utd hanno accettato la sconfitta cantando e inneggiando i giocatori che sono andati a salutarli e ringraziarli sotto la curva. Mentre dall'altra parte la festa esplodeva. Il tutto davanti agli occhi di Re Juan Carlos, di Zapatero, di Berlusconi e di Platini che ha consegnato la Coppa ai più forti del mondo.
Pep Guardiola - lo ha detto lui stesso - non ha un metodo preciso, un modulo segreto, una tecnica di allenamento particolare o sorprendente. E' soprattutto un grande allenatore di uomini e certamente ha in mano una squadra eccezionale, piena di talenti infiniti. Non è certo un caso che in cima all'Europa ci sia ancora un club spagnolo dopo il trionfo della nazionale di Aragones lo scorso anno agli Europei di Svizzera-Austria. Puyol, Iniesta, Xavi: la matrice è sempre quella. Il Barcellona ha schierato ben sette uomini provenienti dal suo vivaio, arricchiti da fenomeni provenienti dall'estero. Anche questa è una strada precisa, con il vivaio si può addirittura vincere. E tanto.
L'uomo simbolo della partita è senz'altro Lionel Messi, il ragazzo argentino arrivato al Barcellona perché il club blaugrana decise di pagare costose cure che richiedeva la sua scarsa crescita: prima ha ubriacato di dribbling la titolatissima difesa del Manchester Utd - in cui per altro ha fatto pessima figura la coppia più forte del mondo Vidic e Ferdinand - e poi con un semplice colpo di testa ha messo in ginocchio il Manchester nel secondo tempo con il gol del 2-0. Un Barcellona che, pur avendo una difesa molto rabberciata, ha superato il problema macinando gioco in maniera sublime e continuando a segnare gol come non mai. Guardiola presenta una prima linea Eto'o, Messi, Henry che mette paura. Il bilancio alla fine dice 32 gol in 13 partite. Nessuno ha mai fatto meglio.
Un Manchester, si diceva, che è durato appena 8 minuti e che poi si è fermato subito dopo il gol di Eto'o messo in moto da un fantastico Iniesta, il vero propulsore del Barcellona. Nel fianco sinistro della squadra di Sir Alex il giovane talento ha prodotto ferite dolorosissime. Mentre Messi, molto mobile in campo, si è piazzato quasi dietro la linea di attacco, in maniera da sottrarsi alle marcature più dure. Davanti a Messi, l'altra star della partita, Cristiano Ronaldo è sparito, o almeno è durato troppo poco, e nel secondo tempo si è anche innervosito molto. Se il Manchester Utd è stato detronizzato e ha fallito il sogno di portarsi a casa la seconda Coppa consecutiva (l'ultima volta era riuscito ad Arrigo Sacchi col suo Milan), anche lui probabilmente dovrà abbandonare il proposito di vedersi confermare il Pallone d'Oro che aveva vinto proprio davanti a Messi. Con quel gol l'argentino ha determinato probabilmente anche il sorpasso definitivo nella classifica dei migliori giocatori al mondo.

5 domande al Napoli


E' stata una settimana caratterizzata da voci di mercato, ma anche dall'ennesimo ko del Napoli in campionato: ormai la squadra, come predico da tempo, è in vacanza da quando ottenne il punto salvezza a Reggio Calabria. Neppure mi soffermo sulle ingiuste critiche a Donadoni, colpevole secondo alcuni di non aver dato un gioco agli azzurri: non vale la pena commentare, preferisco appellarmi all'intelligenza dei tifosi napoletani, perchè il Mister ha semplicemente svolto un apprendistato in vista della prossima stagione, con annesse problematiche ormai croniche. Non avrebbe certo potuto, insomma, ridestare dal torpore una compagine schiacciata da una preparazione approssimativa e da una gestione singolare della vita notturna.
Basta ora, guardiamo avanti e proviamo ad immaginare un futuro migliore: il Napoli in queste ore sta tentando di strappare alla Juventus Quagliarella, visto che De Laurentis ha capito che per puntare in alto servono anche i campioni, oltre ai giovani.
Ripartire da Quagliarella e dal metronomo atalantino sarebbe davvero un bell'inizio, da proseguire affiancando a Gargano, Cigarini e spero ancora Hamsik, un giocatore di valore sempre sulla linea mediana; poi ci sarà da fare il possibile per trattenere Lavezzi o al contrario cederlo subito, qualora il Pocho dimostrasse di non credere al progetto, sostituendolo a dovere con i tanti soldi da incassare.
Per il resto mi affido alla saggezza e alla competenza di Donadoni, purchè le componenti societarie remino tutte dallo stesso verso: spero che Marino crei la giusta empatia con il tecnico bergamasco, anche se non l'ha scelto lui. Rilancio affermando che, qualora il Presidente dovesse capire in questi giorni che la convivenza tra i due non è serena, converrebbe lanciarsi in una scelta definitiva tra i due, per quanto questa ipotesi possa apparire ardita: il mio auspicio è che non si tolleri una convivenza forzata.
Il numero 1 azzurro dovrà essere chiaro prima di tutto con sé stesso e poi con chi come noi ama il Napoli: con Marino c'è vera fiducia, o lo si tiene solo in virtù di un contratto blindato? Se si è soddisfatti, perché chiedere conto di altri dg ai colleghi presidenti, informandosi su altri dirigenti presenti sulla scena? A che pro braccare questo tipo di mercato? Nel mondo del calcio, si sa sempre tutto di tutti, ed al sottoscritto, seppur in camera caritatis, ben due presidenti hanno fatto questo tipo di rivelazioni, aggiungendo che il patron partenopeo vedrebbe di buon occhio sotto il Vesuvio un giovane dirigente che opera in una società del centro nord... Senza contare i colloqui avuti in passato con l'amministratore delegato della Sampdoria Beppe Marotta.
Oltre a puntare forte sul mercato, mettendo il bavaglio a chi lo accusa ingiustamente di tirchieria, De Laurentiis deve fare chiarezza nell'aspetto societario, onde evitare problemi ormai arcinoti: imitando il bravissimo Ezio Mauro, anch'io sarei curioso di fare qualche domanda al Presidente.
A) Caro Presidente, lei crede ancora in Marino?
B) Lo conferma solo per il suo contratto oneroso, difficile da interrompere?
C) Se soddisfatto di Pierpaolo, perché tratta altri dirigenti?
D) E' certo che Donadoni e Marino si stimino reciprocamente?
E) Conoscendo Marino e sapendo quanto è orgoglioso, pensa davvero che accetterà di collaborare con un allenatore non scelto da lui?
Non essendo all'altezza del Direttore di Repubblica, mi fermo al 50% dei quesiti, sperando in risposte di sincerità e non di diplomazia. Ne va del bene del Napoli che non è solo del Presidente, ma dei milioni di tifosi sparsi nel mondo: in fondo perdonatemi, ma, come diceva Andreotti, "a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si prende".

Ora un centrocampista


Se come è sempre più probabile Antonio Conte vincerà il suo ballottaggio con Ciro Ferrara e diventerà il prossimo proprietario della panchina bianconera, la Juventus farà un grande investimento su un centrocampista di qualità. I dirigenti di corso Galileo Ferraris hanno ristretto a tre i nomi dei papabili: Gaetano D'Agostino, David Pizarro e Xabi Alonso.

D'AGOSTINO E... CRISCITO - La mente dell'Udinese, che piace anche all'Inter, in questo momento è il favorito. Il ds Secco è in contatto da tempo con i dirigenti dell'Udinese. Non appena Conte si insedierà sulla panchina bianconera (ma anche Ferrara gradirebbe averlo...), partirà l'assalto. Il suo prezzo si è alzato (14-15 milioni chiedono i friulani) e c’è l’interesse anche di club esteri come l'Atletico Madrid. Intanto per la difesa la Juve sembra avere risolto il problema dell’esterno sinistro. A Torino tornerà infatti Criscito dopo il prestito al Genoa.

XABI ALONSO - Il centrocampista del Liverpool lo scorso anno è stato il tormentone dell'estate bianconera, ma adesso è di nuovo nei piani della Juve. Arrivare allo spagnolo però non sarà facile visto che Benitez non intende mollarlo. C’è poi da considerare la concorrenza del Real Madrid. Per prenderlo servono almeno 20 milioni.

PIZARRO - Il cileno è l'ultima idea che sta circolando con sempre più insistenza a Torino. La prossima settimana David avrà un colloquio con la dirigenza giallorossa per rinnovare il contratto in scadenza nel 2010. Gli indizi portano a credere che un prolungamento sia possibile, ma c'è una variabile della quale tener conto: il futuro di Spalletti. Se il tecnico di Certaldo lascerà la capitale, allora per la Juventus trattare Pizarro sarebbe più facile.

Roma, idea Mancini


Ultimatum a Spalletti. Entro martedì prossimo la società vuole sapere dal tecnico le sue intenzioni. Oggi, alla ripresa degli allenamenti a Trigoria, Spalletti incontrerà Pradè, forse non Conti, che è impegnato con i cerimoniali dell’Uefa per la finale di Champions League.

Ma l’incontro decisivo sarà quello con Rosella Sensi, che conta di parlare con l’allenatore entro l’inizio della prossima settimana, non più tardi. La Sensi proverà in tutti i modi a convincere il tecnico a restare, la Roma non ha ancora preso in consi­derazione l’ipotesi di cambiare e non vorrebbe prenderla. La società giallorossa spera che Juventus e Milan ufficializzino le loro scelte per la panchina (che non comprenderanno Spalletti) in tempi brevi, per arrivare all’incontro con il tecnico con un maggior peso contrattuale.

Chissà se gli attestati di stima ricevuti in questi giorni dai suoi giocatori possano far tornare Spalletti su una decisione che ha confidato di aver già preso ad amici e ad alcuni tifosi che lo hanno sostenuto. Se il tecnico mantenesse la sua posizione dovrebbe dimettersi, perché la Roma non accetterebbe nessuna transazione o buonuscita.

I nomi dei possibili successori di Spalletti sono stati già individuati. Ranieri e Giampaolo su tutti, con Allegri più defilato. Ma c’è un’ipotesi che non sarebbe sgradita alla piazza. Riguarda Roberto Mancini, che lunedì sera in una cena tra amici ha confidato che allenerebbe volentieri la Roma.

Milan ostaggio dei tifosi


Paolo Maldini, quello che è accaduto domenica, in occa­sione del suo addio a San Si­ro, è davvero stupefacente.
«In effetti. Uno pensa di ave­re visto tutto e invece...».

Amareggiato?
«È stata una domenica sur­reale. Così bella all’inizio, con lo stadio pieno. Davvero stu­pendo. Poi però c’è stata quel­la bravata di 100-200 persone che non va sopravvalutata ma che non deve neppure passare sotto silenzio. Io ho sbagliato, ho offeso i contestatori con un gesto istintivo e tante parolac­ce. Me ne assumo la responsa­bilità. Però l’ho fatto per reagi­re contro una cosa organizza­ta, preparata e pensata senza che io potessi rispondere. Pur­troppo, questo è il calcio in Ita­lia ».

Lei non ha un grande fee­ling con gli ultrà.
«È vero. Non ho mai cercato un rapporto con loro ma non l’ho fatto per snobismo. È che ho sempre puntato sulle mie forze, cercando di meritarmi tutto sul campo: il rispetto dei miei tifosi e quello del mondo del calcio. Per il cognome che porto mi sono sempre dovuto fare un mazzo così. Nessuno mi ha mai regalato niente».

Perché invece tanti calcia­tori hanno rapporti privile­giati con le curve?
«Ti avvicini a loro perché ti senti più protetto. Ti fanno i cori a favore, ti fanno gli stri­scioni. Ma sa qual è stata la persona che ha rafforzato le mie convinzioni? Franco Bare­si. Mi ripeteva: fai tutto in cam­po, non cercare aiuti esterni. Ero capitano da 6 mesi e già mi contestavano: Maldini non sei degno di essere capitano».

Ma cos’è successo esatta­mente tra lei e gli ultrà?
«Da quello che alcuni di lo­ro sono andati a dire in tv, io gli avrei dato dei pezzenti ma una parola del genere non ap­partiene al mio vocabolario. In tutti questi anni ci sono stati soltanto due motivi di frizio­ne. Nel 2005, di ritorno dalla fi­nale di Istanbul, all’aeroporto mi si avvicina uno di vent’an­ni e mi dice: ci dovete chiede­re scusa. Cosa? Io gioco da vent’anni e devo chiedere scu­sa a un ragazzino dopo una fi­nale perduta ma dominata sul piano dello spettacolo? Ma sia­mo matti?».

L’altro episodio?
«Supercoppa europea di Montecarlo contro il Siviglia, nel 2007. In curva stavano tut­ti zitti, volevano picchiare chi provava a tifare. Non so cosa li spingesse a non tifare, se que­stioni economiche o di potere. Allora io, in un’intervista, dis­si: la squadra non è contenta, San Siro per il Milan è uno sta­dio magico ma sta perdendo la sua magia. Giancarlo, uno dei capi, dice che l’ho chiama­to per chiedere scusa ma non è vero: non ho neppure il suo numero di telefono. Abbiamo chiarito tutto un giorno: li ho incontrati per strada, è stato un confronto pacato».

Dopo quello che è succes­so non sarebbe il caso di un nuovo chiarimento?
«Io sono a posto così. Non devo chiarire niente con nessu­no ».

Accetterebbe delle scuse?
«Per carità. Le scuse non le voglio».

Quali sono i messaggi di solidarietà che le hanno fatto più piacere?
«Esclusi quelli provenienti dal mio ambiente e dalla mia famiglia, e già facciamo un centinaio di persone, ne potrei citare tanti. Platini, che mi ha mandato una lettera bellissi­ma prima della partita; Frey, che mi ha detto che la festa me la fa lui domenica; De Biasi, un allenatore che conosco poco; Ciro Ferrara, che avrà avuto an­che i cavoli suoi; Fiorello, che è pure interista. E poi Stefano Borgonovo, Meneghin, Panca­ro, Javier Zanetti, Serena, Al­bertini... Comunque c’è un pa­radosso...».

E quale sarebbe?
«Lo striscione affettuoso che mi ha dedicato la curva dell’Inter nell’ultimo derby e quello di domenica della cur­va del Milan».

Ma è vero che ha litigato con Leonardo?
«Ridicolo. Lui mi ha detto in un orecchio di lasciare per­dere e io gli ho risposto che non ci pensavo nemmeno, che un uomo deve essere un uo­mo fino in fondo. Quando ci è stato riferito che secondo alcu­ni avremmo litigato, ci siamo messi a ridere».

Paolo, c’è ancora amarezza dentro di lei?
«Devo dire che, pur essen­do passate più di 48 ore da quell'episodio, la società non ha ancora preso posizione. Il Milan avrebbe anche potuto dissociarsi e invece non l'ha fatto».

Chi sarebbe dovuto interve­nire? Berlusconi? Galliani?
«Il presidente l'ho visto un minuto... Galliani gira con la scorta... Bastava un dirigente qualsiasi. Pensavo che una pre­sa di posizione pubblica fosse dovuta».

Il mercato degli allenatori

Il mercato degli allenatori, come quello dei giocatori, già impazza. Chi resta al 100%, chi è sicuro di partire e chi invece ha il futuro in bilico e già si fanno i nomi dei sostituti. Se Leonardo e Delneri sono una certezza sulle panchine di Milan e Samp, per altre squadre la situazione è da definire. In casa Atalanta prende quota il nome di Gregucci, Zenga è in orbita Lazio ma anche Bologna, mentre per la Reggina spunta il nome di Novellino.

All'Atalanta c'è un nome nuovo per sostituire Delneri, che andrà a Genova sponda blucerchiata: si tratta dell'attuale tecnico del Vicenza Angelo Gregucci, che avrebbe superato Delio Rossi, ai titoli di coda con la Lazio, e Mario Beretta. E proprio per la panchina biancoceleste sono in corsa Walter Zenga, che domenica ha detto addio al Catania (ma sulle sue tracce c'è anche il Bologna), e l'ex allenatore del Palermo Stefano Colantuono (c'è il Bari). Ritorna poi in scena Walter Novellino, gradito al presidente della Reggina Lillo Foti ma che piace anche al Bari per guidare la squadra nella stagione del ritorno in Serie A. E chissà che il suo ex presidente Cairo non ci faccia un pensierino per la panchina del Toro...
Il presidente Pulvirenti punta dritto a Gianluca Atzori, giovane allenatore del Ravenna e vecchia conoscenza etnea, essendo già stato in Sicilia come allenatore in seconda di Baldini e dello stesso Zenga. Per Wikipedia è cosa fatta: se cerchi Atzori, alla voce 'carriera' c'è già il nome Catania per la prossima stagione. Tutto deciso al Milan e in sostanza alla Juve, con la dirigenza che ha optato per Antonio Conte, resta il rebus Roma: se Spalletti dovesse lasciare, è corsa a tre Ranieri, Mazzarri, Giampaolo.

Mou stravince su Moratti

Da "Lo Monaco chi? Io conosco monaco di Tibet, Gran Premio di Monaco, Principato di Monaco" a "Barnetta" al posto di Beretta, per arrivare alla "Prostituzione intelletuale" fino a "zero titoli" e "Resto al 99.9%, anzi al 99.99%". Tutto questo è Josè Mourinho che in pochi mesi ha vinto una supercoppa italiana, uno scudetto fino a diventare il faro dell'Inter oscurando a tratti la figura del presidente Massimo Moratti.

Un'affaire che al numero uno nerazzurro non piace fino in fondo. Lui, che è stato negli ultimi anni, dopo la scomparsa di Giacinto Facchetti, il vero comunicatore dell'Inter, sempre pronto a farsi intervistare dalla stampa, deve fare i conti con Mou. Risultati a favore o contro nulla importava. Sotto gli uffici milanesi della Saras all'appuntamento del lunedì non mancava mai. Ma in questi mesi qualcosa sta cambiando. Ora c'è lui, Josè Mourinho.

Il tecnico che l'Inter ha voluto fortemente per il dopo Mancini e che mette, forse troppo spesso, in secondo piano il maggior azionista del club di corso Vittorio Emanuele. Così come le vittorie dell'Inter.

Mourinho si sente star e da tale si comporta. Tutto calcolato con grande furbizia e colpi ad effetto grazie alla sua invidiabile dialettica. Una delle ultime conferme è che dopo la vittoria del 17mo titolo l'opinione pubblica e i media hanno parlato più del possibile addio di Mourinho che del quarto titolo consecutivo che porta l'Inter a pari merito del Milan quanto a scudetti vinti.

Un addio studiato a tavolino che ha avuto l'effetto che Mourinho voleva: il rinnovo e più potere. A questo è agganciata l'ultima conferma che Mou ormai è il vero faro dell'Inter. Infatti, l'irritazione mostrata anche davanti alle telecamere da Moratti è stata ofuscata dall'ufficializzazione del rinnovo fino al 2012 dello Speciale One.

Fino a quando continueranno ad amarsi Mourinho e Moratti nel caso la prossima stagione l'Inter dovesse uscire di nuovo dalla Champions League?

Fonte calciomercato.com

Vergogna Toro, vergogna tifosi


Una buona notizia dopo la domenica dell'indecenza a San Siro. Giancarlo Abete, presidente della Federazione Italiana Giuoco Calcio, stamane ha annunciato: "La Figc sta pensando di organizzare una partita, anche non agonistica, per celebrare un grande campione come Paolo Maldini. La contestazione nei suoi confronti? È stata una cosa vergognosa. Maldini merita il rispetto di tutti per quello che ha rappresentato e rappresenta. Certe cose sono incomprensibili". Siamo doppiamente grati ad Abete: per avere condiviso la proposta del tributo a Maldini, lanciata un mese fa da Quotidiano.net e, soprattutto, per avere pronunciato parole chiare e forti contro quegli striscioni e quei fischi ributtanti che una frangia di tifosi milanisti ha riservato al Capitano nel giorno del suo addio al Meazza.
Una contestazione che non sta né in cielo né in terra e suona ancora più disgustosa, essendo stata inscenata anche sotto gli occhi della moglie Adriana e dei due figli del fuoriclasse, Christian, 12 anni e Daniel, 7 anni nonchè di suo padre Cesare, dei suoi cari e di 71.500 milanisti che a Paolo hanno riservato applausi, lacrime ed emozioni. Per non dire dei giocatori della Roma, scesi in campo con la t-shirt che recitava "Grazie Paolo, grande capitano".
Maldini non è mai stato un ruffiano, un opportunista, un conformista. Maldini è un uomo vero e rende lillipuziani dello spirito quelli che lo insultano e che lo offendono. E non ce ne frega nulla sapere se siano "un'esigua minoranza". Sono sempre troppi. Roberto Baggio, oggi sulla Gazzetta ha scritto parole giuste: "Paolo è stata l'ultima persona che ho abbracciato su un campo di calcio, il 16 maggio di cinque anni fa, quando è toccato a me, proprio in un Milan-Brescia. Ci siamo incrociati in mezzo al campo: ho sentito che in quell'abbraccio gli trasmettevo qualcosa e lui a me... Chi ha dato tutto come Paolo non avrà mai rimpianti. Gli sono vicino con tutta l'intensità che deriva dal nostro percorso comune".
Siamo tutti con Maldini. E siamo tutti con Gasperini, tecnico di un Genoa leale e onesto che a Torino ha giocato benissimo e ha meritato di vincere, pur sopportando l'incredibile, isterica reazione finale di una squadra che, se retrocederà in B, dovrà scatenare una rissa con se stessa e con la propria società, per i suoi errori e i suoi orrori. "Caro Cairo, ecco il tuo fallimento", ha titolato stamane Tuttosport, fondato da Renato Casalbore, scomparso a Superga il 4 maggio 1949 con il Grande Torino. "Dal settembre 2005, Cairo ha cambiato o delegittimato sei direttori sportivi (Salvatori, Tosi, Antonelli, Lupo, Pederzoli, Foschi: pure quest'ultimo avrebbe le valigie pronte, annota Piero Venera). Con gli allenatori non ha combinato di meglio, passando e ripassando in rassegna De Biasi, Zaccheroni, Novellino e Camolese...". E lasciamo stare il battaglione di giocatori presi e ceduti, sennò facciamo notte.
Non ne possiamo più di dietrologie, malignità, culture del sospetto e dell'insinuazione: vogliamo una buona volta imparare ad accettare i verdetti del campo, qualunque essi siano? Vogliamo imparare a perdere? Vogliamo piantarla di cercare alibi, di recriminare, di giocare a scaricabarile? Un altro calcio è possibile. Ma non questo. Non merita né Maldini né Gasperini né tutti quelli che lo onorano.

Toro, sei ridicolo

La sconfitta del Toro allo scadere, la serie B ad un passo e poi la rissa. Torino-Genoa si è chiusa malissimo, e il giorno dopo il presidente granata Urbano Cairo cerca di spiegare cosa è successo: «Abbiamo ancora una piccola speranza che domenica siano tutte partite vere, non solo le nostre... Il campionato non è ancora chiuso- dice a Radio Anch'io Sport- Non è piaciuto sentire alcuni commenti della Menarini o di Di Vaio. Quando il presidente del Bologna dice che non si sono pestati i piedi col Chievo. Non ho visto una parata di un portiere, nemmeno un tiro in porta. Se questa è una partita vera... Il Genoa con noi ha giocato come se dovesse vincere lo scudetto. E mica mi lamento. L'Europa per loro era svanita dalla domenica prima, ma anche se non avesse avuto quell'obiettivo è giusto che il Genoa abbia fatto la sua partita. Ma deve essere così sempre».

LA RISSA
- Certo, il risultato non giustifica quel finale... «Un finale che non condivido, ma ci sono le provocazioni di Thiago Motta che zittiva la panchina, o lo stesso Olivera che ha dato un pugno a Colombo. Ho visto anche tifosi del Genoa in campo. Guardiamo bene le immagini. Chi ha provocato tutto è stato Thiago Motta, nel momento in cui gli animi sono esacerbati. Nella vittoria un filo di signorilità ci vorrebbe. Ma non giustifico nulla, multerò i miei giocatori che hanno sbagliato. Abate lo multerò, è chiaro. Ma credo che anche qualcuno del Genoa andrebbe multato. Il Genoa non ha saputo vincere. Gasperini ha detto cose da primo della classe. Ora mi auguro che il Catania faccia una bella partita col Bologna, domenica prossima. Zenga ha detto che andrà via, e poteva evitare di anticipare la sua decisione, ma ciò non toglie che possano fare una bella».
Cairo si lamenta, di cosa poi non si capisce. Dice che Chievo e Bologna si sono divisi un punto che ha fatto comodo ad entrambe le squadre: si, è vero, ma, caro Cairo se la tua squadra avesse vinto o quantomeno pareggiato contro il Genoa, il punto del Bologna sarebbe valso a poco, anzi a niente! Quindi, un bel esame di coscienza bisogna farselo per chi ha allestito una rosa scadente ed insufficiente e, soprattutto, da chi ha cambiato tre allenatori non dando a nessuno la fiducia necessaria per guidare un gruppo in una piazza come quella di Torino. E poi, Cairo ricordati come hai vinto la partita col Napoli... Hai la memoria corta!

Gli stupidi rossoneri


E' difficile capire ormai le dinamiche di uno stadio, tanto più quelle dei gruppi ultrà. Probabilmente quelli del secondo anello di San Siro saranno molto contenti per essere riusciti a rovinare la festa di Maldini e soprattutto per averne avuto tanta pubblicità. La contestazione a Maldini ha soverchiato la stessa festa di Maldini. Inutile ripetere i 25 anni di Milan del capitano rossonero, le sue 901 partite, i 7 scudetti e le 5 Coppe dei Campioni, inutile spiegare qui che cosa rappresenti Maldini per il Milan e per il calcio italiano. In un paradosso del genere c'è tutta l'assurdità del pallone di oggi. Che di questi paradossi se ne debbano coltivare così tanti proprio in casa del Milan è imspiegabile. Molte cose si possono contestare a Berlusconi, rimproverargli di non aver speso soldi per il Milan è però una colossale idiozia. E la contestazione a Maldini più che un gesto violento o di ribellismo è stato un qualcosa di ridicolo, fuori luogo, certamente stupido nella sua spettacolarità. Assolutamente senza senso. Gli ultrà oggi saranno molto fieri della loro singolare posizione e del loro isolamento.