Messi, inno alla gioia

Pubblicato da Massimiliano Mogavero On 09:41

Non c'è stata storia: il Barcellona ha vinto la terza Coppa dei Campioni del suo grandioso albo d'oro rischiando solo per otto minuti, i primi della partita, quando il Manchester Utd, alle prime mosse, ha messo paura a Valdes con due o tre iniziative di Cristiano Ronaldo. Ma da quel momento in poi in campo c'è stato soltanto il Barcellona di Pep Guardiola, allenatore catalano di 38 anni, ex giocatore e idolo del Barça, nonché vecchia conoscenza del calcio italiano, che ha vissuto questa stagione come una favola. Un anno fa guidava il Barcellona B, adesso ha sollevato il trofeo più importante, dopo aver vinto anche la Liga e la Coppa del re.

Il talento evidentemente si può annidare ovunque, anche in una persona che di esperienza di panca aveva poco o nulla, ma che la Coppa col Barcellona l'aveva già vinta quando era giocatore. Era il 1992 e in finale i blaugrana sconfissero la Samp di Vialli e Mancini. Adesso Pep Guardiola - ragazzo intelligente, pacato e raffinato che ha dedicato la Coppa a Paolo Maldini, per quanto ha fatto per il calcio mondiale e anche per l'offesa che ha subito domenica scorsa - entra in un club molto esclusivo. I sei uomini che la Coppa dei Campioni (o Champions League) l'hanno vinta sia da giocatore che da allenatore: Miguel Munoz, Giovanni Trapattoni, Johan Cruyff, Carlo Ancelotti, Frank Rijkaard. Una bella compagnia. L'esempio di Guardiola probabilmente ora sarà seguito da molti, anche nel calcio italiano. Magari la Juventus continuerà ad affidare il suo futuro a Ferrara e il Milan ricomincerà con Leonardo: buona fortuna a entrambi. Anche se per tornare ai livelli di Barcellona e Manchester Utd il calcio italiano avrà bisogno di una forte iniezione di campioni e di talento. Giocando in uno stadio Olimpico vestito maestosamente a festa un club italiano ci sarebbe stato benissimo. Ma tant'è, lo spettacolo è stato di livello mondiale.
Vince l'esordiente Guardiola, o quasi, e perde invece il lupo Sir Alex Ferguson, con i suoi 23 anni di Manchester Utd e gli oltre cinquantanni di calcio da professionista. Ha perso con molta classe e dignità, ha stretto la mano a Guardiola, ha parlato a lungo col capitano catalano Puyol poco prima che alzasse la Coppa. Ma ci riproverà il prossimo anno, alle soglie quasi dei settant'anni. Senza arrendersi mai, questa è la sua grandezza. I tifosi del Manchester Utd hanno accettato la sconfitta cantando e inneggiando i giocatori che sono andati a salutarli e ringraziarli sotto la curva. Mentre dall'altra parte la festa esplodeva. Il tutto davanti agli occhi di Re Juan Carlos, di Zapatero, di Berlusconi e di Platini che ha consegnato la Coppa ai più forti del mondo.
Pep Guardiola - lo ha detto lui stesso - non ha un metodo preciso, un modulo segreto, una tecnica di allenamento particolare o sorprendente. E' soprattutto un grande allenatore di uomini e certamente ha in mano una squadra eccezionale, piena di talenti infiniti. Non è certo un caso che in cima all'Europa ci sia ancora un club spagnolo dopo il trionfo della nazionale di Aragones lo scorso anno agli Europei di Svizzera-Austria. Puyol, Iniesta, Xavi: la matrice è sempre quella. Il Barcellona ha schierato ben sette uomini provenienti dal suo vivaio, arricchiti da fenomeni provenienti dall'estero. Anche questa è una strada precisa, con il vivaio si può addirittura vincere. E tanto.
L'uomo simbolo della partita è senz'altro Lionel Messi, il ragazzo argentino arrivato al Barcellona perché il club blaugrana decise di pagare costose cure che richiedeva la sua scarsa crescita: prima ha ubriacato di dribbling la titolatissima difesa del Manchester Utd - in cui per altro ha fatto pessima figura la coppia più forte del mondo Vidic e Ferdinand - e poi con un semplice colpo di testa ha messo in ginocchio il Manchester nel secondo tempo con il gol del 2-0. Un Barcellona che, pur avendo una difesa molto rabberciata, ha superato il problema macinando gioco in maniera sublime e continuando a segnare gol come non mai. Guardiola presenta una prima linea Eto'o, Messi, Henry che mette paura. Il bilancio alla fine dice 32 gol in 13 partite. Nessuno ha mai fatto meglio.
Un Manchester, si diceva, che è durato appena 8 minuti e che poi si è fermato subito dopo il gol di Eto'o messo in moto da un fantastico Iniesta, il vero propulsore del Barcellona. Nel fianco sinistro della squadra di Sir Alex il giovane talento ha prodotto ferite dolorosissime. Mentre Messi, molto mobile in campo, si è piazzato quasi dietro la linea di attacco, in maniera da sottrarsi alle marcature più dure. Davanti a Messi, l'altra star della partita, Cristiano Ronaldo è sparito, o almeno è durato troppo poco, e nel secondo tempo si è anche innervosito molto. Se il Manchester Utd è stato detronizzato e ha fallito il sogno di portarsi a casa la seconda Coppa consecutiva (l'ultima volta era riuscito ad Arrigo Sacchi col suo Milan), anche lui probabilmente dovrà abbandonare il proposito di vedersi confermare il Pallone d'Oro che aveva vinto proprio davanti a Messi. Con quel gol l'argentino ha determinato probabilmente anche il sorpasso definitivo nella classifica dei migliori giocatori al mondo.