Confessioni di Roberto Mancini


Daria Bignardi, conduttrice de "L'era Glaciale", su Raidue, s'è l'era preparato bene, l'esordio. Contava sull'amaro che resta in gola a un allenatore licenziato (e continuamente tirato in ballo dal suo successore). Sperava insomma su uno scoop per rendere speciale la prima puntata del programma. Sarà rimasta, immaginiamo, un po' delusa per essere riuscita a strappare a 'Mancio' solo un: "Sono orgoglioso di avere cambiato la storia dell'Inter". Non è poco, ma neppure quel che speravano lei e la Rai.

La conduttrice ha chiesto a Mancini un commento sul fatto che secondo alcuni giornali a luglio potrebbe tornare all'Inter. Mancini ha risposto mentendo spudoratamente: "Non leggo i giornali da molto tempo, non saprei. Non è vero che il presidente Moratti mi ha allertato, ci siamo visti per altre cose ma non per questo. Sono sotto contratto per altri tre anni, ma l'Inter non ha bisogno di un allenatore in questo momento". La conduttrice non si è arresa: se l'Inter avesse bisogno di lei ci andrebbe? "Sì perché ci sarei obbligato: sono sotto contratto.... Questa cosa mi farebbe felice? Non so, in questo momento non è certo un problema dell'Inter, ma nel calcio può accadere qualsiasi cosa".

Mancini è un tecnico giovane ma ne ha viste tante ma tante, sapeva che l'argomento-Mourinho sarebbe stato il piatto forte. Lo sapeva talmente bene che ha giocato stretto in difesa evitando le 'trappole' e limitandosi a dire che "ogni allenatore sceglie i giocatori secondo il suo pensiero e l'Inter ha una squadra forte". Ma, da buon sostenitore del voto in condotta reintrodotto dal ministro Gelmini, Mancini accetta di fare la pagella per due attaccanti: "Adriano? Dal punto di vista calcistico deve lavorare per essere promosso - ha sorriso - e anche Balotelli, anche se è giovane e può sbagliare".

Ben preparata, la Bignardi l'ha poi incalzato domandandogli il perchè del suo sfogo-autogol dopo l'eliminazione contro il Liverpool l'anno scorso. Si è pentito? "Non so se mi sono pentito, se l'ho fatto c'erano motivi validi. Quali? Erano tanti, perchè non si parlasse più dell'eliminazione e poi altre cose. Su certe situazioni un allenatore vorrebbe che la società, il presidente, intervenisse. Comunque non ho avuto nessun problema con la squadra nè con Moratti". Basta crederci...

Infine il 'Mancio' non ha potuto non lanciare una stilettata sul duro comunicato con cui l'Inter l'ha liquidato a maggio. "Certo che non è stato un bel comunicato. Era brutto e freddo. sicuramente non nello stile Inter, Per questo sono certo che Moratti non c'entra, l'ha scritto qualcuno non all'altezza della situazione. Dopo quattro anni di lavoro e sette trofei, non era certamente quello il modo di lasciarsi...".
Fonte La Repubblica

Offerta Juve per Cassano

La Juve sta mettendo a punto il piano per chiudere l’operazione Cassano con la Sampdoria. Non è ancora il momento di coinvolgere il calciatore e il suo manager, l’avvocato Bozzo. Quel che conta adesso è infittire i contatti e i colloqui con la Samp. Una cosa è certa, la Juventus vuole stringere per Cassano. Da un mese e mezzo il club ha deciso di non mettersi al rischio di aste con l’Inter o con Mancini, grande estimatore del talento di Bari Vecchia. Nel momento in cui l’ex tecnico dell’Inter risiederà su una panchina, che sarà sicuramente di prestigio, la chiamata per Antonio diventerebbe molto probabile. Così la società bianconera conta di chiudere prima del giugno 2010. La Juventus è pronta a investire tra i dieci e i dodici milioni cash più una o due contropartite tecniche di gradimen­to del club doriano. E la Samp al primo posto mette Sebastian Giovinco.

L’EREDE DI NEDVED - C’è anche da coprire il buco che verrà lasciato da Pavel Nedved, se, come sempre ormai sicuro, a fine stagione il ceco dirà addio al calcio. La prima opzione rimane David Silva del Valencia, anche perché l’ipotesi Kuyt è tramontata per l’indisponibilità dell’olandese a lasciare il Liverpool. Resta in piedi anche il discorso Diego, su cui però si è inserita anche l’Inter.


Fonte Corriere dello Sport

Gli affari a costo zero


Sono gli affari a zero euro. Quelli che permettono ad una società di non pagare il cartellino di un giocatore. È il mercato degli svincolati. Che ogni anno dà la possibilità di fare qualche buon investimento, se ti muovi in tempo. Quest'anno in particolare, con quasi 500 calciatori solo per quanto riguarda i cinque principali campionati europei (italiano, inglese, spagnolo, tedesco e francese). Perché a scadenza contrattuale giugno 2009 ci sono giocatori molto interessanti. Se non addirittura campioni, cosa abbastanza rara da trovare in questo tipo di operazioni. È il caso di Michael Ballack, centrocampista tedesco del Chelsea. Certo, un giocatore che si possono permettere in pochi, dal momento che il suo ingaggio si aggira intorno ai 7,5 milioni netti a stagione. Un'enormità, soprattutto per il mercato attuale. Chiaro che dovrà abbassare le pretese (anche perché il prossimo settembre compirà 33 anni), con lo stesso Chelsea che, in una fase di ristrutturazione generale della squadra, non sembra in questo momento voler prolungare il rapporto con il tedesco. Nonostante il giocatore abbia confessato di voler rimanere ancora a Londra. Al Chelsea è in scadenza anche il centrocampista nigeriano Obi Mikel, anche se la società inglese vuole, in questo caso, fargli firmare il rinnovo. Che però non è stato ancora siglato. E infatti il Milan è in agguato, pronto ad offrire 4 milioni di euro a stagione.

Per rimanere in Inghilterra un possibile affare è Carlos Tevez, attualmente in forza al Manchester United. Situazione molto complessa ed intricata la sua. Visto che il suo cartellino è di proprietà a metà tra la società Media Sports Investment ed il Corinthians. Affare comunque per pochi, dal momento che il suo ingaggio annuo si aggira intorno ai 3,5 milioni di euro netti a stagione. Inter e Real Madrid seguono molto attentamente gli sviluppi della situazione.


Al Liverpool si può puntare su Sami Hyypia, difensore finlandese ormai di 34 anni. La società inglese non ha intenzione di rinnovargli il contratto. Certo, non si tratta di un fenomeno, ma per squadre senza ambizioni di primato può rappresentare un discreto colpo. Nell'Arsenal si liberano Rosicky ed Ebouè. Il primo, trequartista di 28 anni, viene però da un lungo periodo di inattività per infortuni. Ma sulle sue qualità tecniche c'è poco da dire. Interessante è il nome del secondo. Esterno destro ivoriano, ma con passaporto belga, non a caso in passato, nemmeno poi tanto lontano, è stato seguito da Inter e Juventus. Infine Michael Owen, attaccante del Newcastle. Altro pezzo pregiato. La sua società gli sta proponendo il rinnovo, ma lui per ora ha sempre rifiutato. Nonostante l'offerta sia arrivata a 26 milioni di euro per i prossimi tre anni. Più di 8 milioni a stagione. Tanti, tantissimi.

Dopo l'Inghilterra, che offre il mercato più interessante, andiamo a vedere cosa regala l'Italia. Campioni in offerta ce ne sono pochi. Ma qualche ottimo affare si può fare. Cominciando a guardare in casa dell'Inter, dove in scadenza di contratto ci sono Crespo e Cruz. Il primo se ne andrà quasi sicuramente. Lo ha ammesso lo stesso giocatore. E pure Maradona ci ha messo lo zampino, promettendo una convocazione in nazionale in caso di abbandono dell'Inter a giugno. Il secondo ha invece qualche probabilità in più di rimanere a Milano. Sempre all'Inter ci sono Dacourt (attualmente in prestito al Fulham) e Figo.
Al Milan è libero Emerson ma è probaile che questo sia il suo ultimo anno in Italia: sicure il ritorno in Brasile. Nella Fiorentina unico in scadenza è Jorgensen, che però sta discutendo il rinnovo per un altro anno con la società viola. La Roma deve sciogliere il caso Panucci. I rapporti con Spalletti nelle ultime ore sono un po' migliorati, così da un addio praticamente certo siamo passati a qualche possibilità in più per vederlo ancora in maglia giallorossa. Un buon affare potrebbe essere infine Bellucci della Sampdoria.

Passiamo alla Spagna. Un nome su tutti, perché italiano. Fabio Cannavaro ha il contratto in scadenza con il Real. Era già tutto pronto per un suo ritorno a Napoli, ma proprio negli ultimi giorni il presidente De Laurentiis ha chiuso ad un suo ritorno. Vedremo se si tratta di verità oppure strategia di mercato. Nel Villarreal un nome importante, il francese Robert Pires, che però vorrebbe rimanere ancora in Spagna. Oltre ad uno degli attaccanti più famosi, Fernando Morientes, adesso al Valencia. Il Tottenham in passato l'ha cercato.

In Francia il nome più interessante era quello dell'attaccante Fred, che però, dopo la rescissione con il Lione, dieci giorni fa ha firmato con la Fluminense un quinquennale. Rimane l'esterno sinistro del Tolosa, Mathieu, seguito da Genoa, Fiorentina e Roma. 
Fonte La Repubblica

Milan, Ancelotti si ribella


Il domandone è: Ancelotti resta o se ne va? Ovviamente ammesso che conquisti la qualificazione in Champions League, obiettivo minimo della società, perché altrimenti il quesito nemmeno si pone: sarebbe la società, in quel caso, a salutare l'allenatore e a rompere il matrimonio che dura dal novembre 2001. Ma il punto, adesso che i rossoneri hanno infilato due vittorie consecutive e gara dopo gara stanno consolidando il terzo posto, riguarda la posizione del tecnico: che farà a fine stagione? Ancelotti ha un contratto fino al 2010, ma sappiamo bene che tra gentiluomini basta una stretta di mano per iniziare o concludere un rapporto, e non è dunque un pezzo di carta a decidere il destino.
AZIENDALISTA - Il discorso da approfondire è sulle prospettive del Milan. Finora Ancelotti ha accettato tutto quello che il convento gli passava, imposizioni berlusconiane incluse: gli ultimi due casi riguardano Shevchenko e Ronaldinho, quando lui aveva espresso il desiderio di avere nel gruppo un attaccante abile nel gioco aereo e un forte difensore centrale. Dal 2001 a oggi l'allenatore rossonero ha sempre adattato le sue idee agli uomini che, di volta in volta, i dirigenti gli mettevano a disposizione. E, da perfetto aziendalista quale è, non ha mai protestato imputando al mancato acquisto di un giocatore una stagione finita malamente. Avrebbe potuto farlo, ma non lo ha fatto, così come avrebbe potuto alzare la voce in sede di campagna acquisti. Qualcuno imputa ad Ancelotti questo eccesso di buonismo nei confronti di Berlusconi, Galliani e Braida, però rientra nel carattere del personaggio: Carletto si ritiene un uomo della società e, pur non essendo d'accordo con certe scelte, ha sempre accettato le decisioni della maggioranza.
CAMBIAMENTO - Le cose, tuttavia, ora potrebbero cambiare. Anzi: cambieranno. Ancelotti non sembra più disposto a dire sì a una campagna acquisti che sarà, forzatamente, al risparmio. Alla società non ha chiesto la luna, ma almeno due rinforzi: un difensore centrale e un attaccante. Ovviamente di livello internazionale. I nomi? Alex del Chelsea come difensore, Adebayor o Eto'o per l'attacco. Con questi due elementi il Milan potrebbe fare il salto di qualità e lottare alla pari con tutti in Italia e in Europa. Se, però, questi acquisti non arriveranno (e sembra proprio che non rientrino nei piani rossoneri), allora Ancelotti potrebbe salutare tutti e andarsene. Al suo posto, Leonardo. Carletto lo aspettano tre squadre: Chelsea, Bayern Monaco e Real Madrid. La preferenza dell'allenatore va al Real. E magari potrebbe ritrovarsi ancora ad allenare Kakà.

Nasce una superlega europea?

Ci saranno quattro squadre italiane, quattro inglesi e quattro spagnole, più tre francesi e tre tedesche. Portoghesi, olandesi, scozzesi e belgi saranno "dosati" sapientemente. Questa la struttura della "serie A" del supercampionato europeo, progetto che mira a unificare Champions e nuova Coppa Uefa in una Superlega, che potrebbe vedere la luce nel 2012, secondo il periodico francese France Football, lo stesso che assegna il Pallone d'oro. Il progetto di Superlega, tuttavia, dovrebbe ancora superare molte perplessità, fra le quali quella del presidente dell'Uefa Michel Platini, si articolerà in tre divisioni - serie A, B e C - con promozioni e retrocessioni.

In prima divisione si ritroveranno le attuali "grandi" della Champions League, mentre in serie B finirebbero le medio-piccole della Champions più le migliori della coppa Uefa. L'accesso non avverrebbe solo in base a criteri sportivi, ma anche a "bonus storici" o a "inviti" che potrebbero favorire questo o quel club tradizionalmente forte ma al momento in crisi.
Respinto, quindi, il modello NBA a "competizione chiusa", perchè troppe erano le ostilità - fra le quali quella della Commissione europea - alla creazione di un circolo inaccessibile di squadre "potenti". Tutto da stabilire il criterio con il quale i vincitori delle competizioni nazionali accederanno a questo Supercampionato.

A differenza del vecchio progetto presentato a fine anni Novanta dal G14 - il gruppo di alcuni fra i club più potenti d'Europa - il nuovo torneo non verrebbe organizzato in contrasto con l'Uefa, ma con l'accordo del governo europeo del calcio. I nomi di alcune delle squadre che hanno sottoscritto il progetto, secondo il periodico francese: Milan, Manchester, Real Madrid, Barcellona, Inter, Porto e Lione. Spaccato il Bayern Monaco per l'opposizione di Karl-Heinz Rummenigge.
Per Platini, che al contrario non perde occasione per manifestare la sua preferenza per l'antica formula delle coppe europee (in Champions solo i campioni), l'Uefa "ascolterà tutti, è un'organizzazione democratica. Alla fine spetterà all'esecutivo pronunciarsi. Fosse per me tornerei alle origini delle Coppe europee, alle partite ad eliminazione diretta fin dal primo turno. Ma bisogna stare a sentire tutti e analizzare quello che ci propongono".

Particolare che non sembra indifferente al nuovo slancio del progetto di Supercoppa europea: uno studio in mano ai club del G14 conclude che una riforma del genere potrebbe decuplicare gli incassi dell'attuale Champions League.

Fonte La Repubblica

Balotelli, per te non è razzismo

Balotelli non ce la fa più. Esce perché è esausto non di correre, ma di ascoltare. Quello spicchio lo insulta a prescindere: viola, giallorosso, o di qualunque altro colore sia, l’obiettivo è Mario. Il razzismo che non c’era, c’è con lui, italiano e però nero. Domenica sera c’erano Maicon, Felipe Melo, poi Rivas: neri anche loro, ma lasciati in pace. Balotelli no: dal primo minuto fino a quando è uscito non ha sentito altro che quel pezzetto di stadio dirgli di mangiare le banane, di non essere italiano perché negro, ha ascoltato i buhhh. Gli altri non si possono toccare, lui sì.

Qualche anno fa quando Zoro si rifiutò giustamente di continuare a giocare durante un Messina-Inter, l’Italia si fermò a pensare quanto fosse volgare e razzista, retrograda e cafona. Mario non si ferma, Mario fa la linguaccia e allora nessuno si indigna. Anzi di più: quasi fosse colpa sua, quasi se la cercasse, quasi quasi i romanisti e i fiorentini hanno anche ragione. Perché Balotelli indispettisce e non piega la testa, non piange e non esce dal campo.
Gli urlano negro e continua a giocare, lo coprono di buhhh e continua a giocare. Non c’è tutela perché la sua spavalderia stimola antipatia e gli antipatici non meritano di essere difesi. Siamo un Paese ridicolo che s’emoziona per l’elezione di Obama, legge e ascolta che il mondo sta cambiando, ma dentro uno stadio insulta un ragazzino bresciano di origini ghanesi: lo chiama scimmia, lo tratta da diverso, lo umilia in diretta satellitare. È la perversione di questo mondo, incapace di accettare che gli altri sono più bravi, più forti, più geniali: Balotelli paga solo perché è forte e ricco, perché è borioso e presuntuoso. La pelle è un pretesto, il più schifoso e il più facile perché colpisce nell’orgoglio e nella dignità.
Dicevano orgogliosi a Firenze che la tifoseria ha cambiato stile: niente più violenza e niente più aggressività. Non era stato il primo stadio a rendere obbligatorio il terzo tempo, il fair play per comando? Domenica quel civilissimo spicchio ha dimostrato che ogni terzo tempo e qualunque steward ci sia ogni 15 giorni al Franchi, la mentalità non si cambia e non migliora. Razzisti, squallidi, volgari. Se la caveranno con una multa pagata dalla società, così come se l’è cavata la curva della Roma, capace di ripetere per tutta la partita di San Siro questo slogan: «Non ci sono negri italiani». Una multa e basta: per aver risposto a tutti quegli insulti con una linguaccia, Mario è stato deferito rischiando la squalifica. Ha sbagliato e nessuno gliel’ha perdonata: avete visto un solo commentatore dire che fosse stato provocato? No, tutti solo a parlare del caratteraccio di Balotelli, tanto forte quanto impertinente, tanto fenomenale quanto incapace di controllarsi.
Chi l’attacca sono gli stessi benpensanti che cavalcarono il razzismo anti-Zoro. C’era con il giocatore del Messina, però non c’è adesso. Perché? Perché per tutti Balotelli se la cerca: è dispettoso, nervoso, aggressivo, irruento, gradasso, spaccone. Questo vale più di ogni altra cosa: non si tutela chi alza la testa, non si protegge chi sa difendersi da solo.
A 19 anni a Balotelli dicono negro ovunque e nessuno si indigna. Deve piangere per avere attenzione? Mario non lo farà, continuerà a fare le linguacce avendo ragione e sapendo che gli daranno torto. Penserà che il suo Paese è razzista, ma che chi fa finta di indignarsi solo a comando è molto peggio.

Juve, è il momento di svecchiare


Peter Kelder racconta nel suo libro, "I cinque tibetani", l'antico segreto della fonte di giovinezza. Si può invertire mentalmente e fisicamente il processo di invecchiamento eseguendo cinque riti. Pare che il testo sia passato di mano nello spogliatoio bianconero, un cult tra i giocatori simbolo della Juve, avviati a fine carriera. Buffon, Camoranesi, Del Piero, Nedved, Trezeguet hanno vinto tanto, si sono rimessi in gioco accettando di ripartire dalla serie B dopo la bufera dell'estate 2006. Avrebbero voluto conquistare la Champions League al primo anno dal ritorno in Europa, ma la stagione è stata irta di spine. L'anagrafe, gli infortuni, che per alcuni hanno inciso sul rendimento, rischiano di pesare sul destino dei campioni, tanto da condizionare le scelte della società. In casa Juve è il momento del dubbio: puntare ancora sugli "inossidabili" per la prossima stagione, relegando in panchina potenziali talenti, o investire, sfruttando i milioni all'incasso da cessioni eccellenti?
40 MILIONI - Gigi Buffon, 31 anni, è il più giovane del quintetto storico, il più ambito al calcio mercato. Milan, Inter, Manchester City e United, Barcellona: le offerte in passato non sono mancate, né mancherebbero se SuperGigi chiedesse di cambiar aria o arrivasse un'offerta irrinunciabile. I 75 milioni sparati dal City l'estate scorsa sono un lontano ricordo. La crisi ha colpito anche il calcio e suggerisce più miti consigli anche ai magnati della Premier League: 35-40 milioni la quotazione attuale. I problemi muscolari agli adduttori ed il mal di schiena ne hanno condizionato la prima parte della stagione, Gigi ancora oggi non è al top della condizione.
ADDIO - Se il portierone dovesse essere sacrificato alle regole del mercato, il pacchetto milionario (in aggiunta ai 30 milioni messi a disposizione dal Cda) verrà reinvestito per l'ingaggio del vice Nedved, di un centrocampista ed un difensore. Il rebus più difficile da risolvere è legato all'eredità di Pavel. Il centrocampista ceco ha annunciato di voler chiudere la carriera a giugno, a 36 anni, ma non è detta l'ultima parola. I nomi per la successione sono tanti, da Ribery a David Silva a Sneijder. I ripetuti infortuni di Camoranesi, quest'anno quasi mai a disposizione, il doppio intervento chirurgico di Trezeguet (oltre alle bizze dell'attaccante transalpino), sono campanelli di allarme che il club intende monitorare in vista di una scelta coraggiosa. In questo caso le offerte di mercato latitano, colpa dell'anagrafe e di ingaggi al top della categoria, 15-20 milioni sono tanti. Resta il rebus Del Piero. Il capitano in sedici anni ha messo in riga fior di concorrenti. Con le sue magie nella prima parte della stagione ha tenuto la Juve in corsa in campionato e Champions, accusando un po' di stanchezza con il nuovo anno, ma il fisico ancora regge. Alle sue spalle Cassano rischierebbe di fare la stessa fine di Giovinco. Finché Pinturicchio non ammainerà la bandiera, saranno soldi mal spesi.
 
Fonte La Gazzetta dello Sport

Torino, Novellino in bilico

Non si respira l'aria dei giorni migliori a Torino, sponda granata. La sconfitta contro l'Atalanta, il terzultimo posto in classifica con soli 24 punti all'attivo e i dodici punti conquistati nelle ultime tredici giornate non fanno stare tranquilli Walter Novellino, dall'8 dicembre nuovamente sulla panchina del Toro. Sono in molti a vedere vicino l'ennesimo ritorno di De Biasi alla guida della squadra.

IN BILICO - E' slittato il summit in programma questa mattina tra il presidente Cairo e il direttore sportivo Foschi. Il numero uno granata ha confermato, quindi, la scadenza a termine del contratto del tecnico campano, ma la sensazione è che per il suo futuro si aspetti di vedere l'esito della sfida di domenica prossima in casa contro la Sampdoria. In caso di sconfitta potrebbe ritornare, come detto, Gianni De Biasi ancora sotto contratto col club granata.

I PRECEDENTI - Per Cairo si tratterebbe di tenere sotto contratto due allenatori. Questo, però, non sembra essere un problema per il numero uno granata. Già due volte in passato, dopo essere stato esonerato, De Biasi è poi stato richiamato sulla panchina del Torino. La prima volta accadde nella stagione 2006/07. Il tecnico venne esonerato prima ancora di iniziare la stagione per poi essere nuovamente alla guida della squadra dopo 14 giornate, portandola alla salvezza. Allontanato nuovamente a fine stagione in favore di Novellino, Cairo richiamò De Biasi nell'aprile del 2008 per poi esonerarlo dopo la sconfitta casalinga contro la Fiorentina (1-4, ndr) dell'attuale stagione.

ULTIMA SPIAGGIA - Per Novellino, quindi, la sfida con il club blucerchiato sa tanto di 'ultima spiaggia'. Cairo proprio ieri ha parlato di "dieci finali" riferendosi alle sfide che mancano alla conclusione dell'attuale stagione. Il grande balzo in avanti sul piano dei risultati e del gioco da parte del Chievo e le discrete prestazioni di Bologna e Siena non fanno star tranquillo il presidente granata che già domenica potrebbe prendere la decisione di esonerare ancora una volta Novellino.

Fonte La Repubblica

Rosetti ammette l'errore


L'arbitro numero 1 al mondo, Roberto Rosetti, ha ammesso l'errore: domenica a Marassi ha sbagliato clamorosamente ammonendo il giocatore sbagliato. E' successo al 25' del secondo tempo: Padalino aggancia Tonetto, rigore. E l'arbitro non sbaglia a indicare il dischetto. Indica anche nella direzione di Padalino, pronto ad ammonirlo: ma ecco che gli passa davanti Lucchini e così Rosetti mostra il cartellino giallo a lui e non a Padalino che era già stato ammonito e quindi doveva essere espulso. La partita Samp-Roma poi è finita 2-2, con un giocatore di troppo in campo. Lucchini: "Mi hanno detto i dirigenti della Samp che l'arbitro alla fine si è scusato dicendo di essersi confuso". Errore grave che ha sbalordito il designatore Pierluigi Collina, anche perché commesso dall'arbitro considerato il numero 1 al mondo (almeno dagli statistici tedeschi ma non da tutti) e non certo da un pivellino. Ora Rosetti sarà fermato per un paio di turni e domani il giudice sportivo, Gianpaolo Tosel, cercherà di rimettere le cose a posto, almeno in parte: nessuna ricorso da parte dei club ma l'ammissione dell'errore nel referto da parte di Rosetti e così, in base alla norma della giustizia sportiva sullo scambio di persona, verrà tolta l'ammonizione a Lucchini e data a Padalino (che così sarà squalificato). Niente ripetizione della partita, come succede all'estero per gli errori tecnici. Ma certo Rosetti non ci ha fatto una bella figura e la Roma ha avuto un grosso danno. L'arbitro di Torino quest' anno non era stato impiegato molto da Collina nella prima parte del campionato ma aveva deluso al derby di Milano (gol di Adriano di braccio, anche se per Collina era regolare, e mancato rigore su Inzaghi). Ai Mondiali di Germania l'arbitro inglese Graham Poll tirò fuori tre cartellini gialli prima di arrivare all'espulsione di un giocatore: errore gravissimo, la gara non venne ripetuta e l'arbitro fu rispedito a casa. Ora tocca Rosetti.

Le pagelle della 28ª


Le pagelle della 28ª giornata di serie A, la nona del girone di ritorno.
CHIEVO 9 - Chi l'avrebbe mai detto? Il Chievo è primo nelle nostre pagelle, perché stravince 3-0 sul campo della Lazio reduce da tre successi consecutivi. Dopo 16 giornate era in coda a 4 punti dal Lecce quart'ultimo. Adesso per la prima volta sarebbe salvo, grazie al doppio sorpasso su Bologna e Torino, terz'ultimo staccato a meno 3. Complimenti a Di Carlo che ci ha sempre creduto.
JUVENTUS 8 - Si dimostra un potentissimo 4x4 che ribalta con 4 gol lo 0-1 contro il Bologna a fine primo tempo. L'Inter rimane a +7, ma Ranieri scopre il miglior Giovinco della stagione, ritrova i gol di Del Piero su azione e applaude una ripresa di impressionante ferocia agonistica. Mancano tanti giocatori, ma quelli che ci sono hanno ancora benzina nel serbatoio per inseguire lo scudetto.
MILAN 8 - Segna subito su rigore, poi travolge il Siena che aveva incassato un gol meno dei rossoneri. E con la doppietta di Inzaghi, arrivato a 300 gol, e di Pato, a quota 14 senza rigori, il Milan raggiunge l'Inter, almeno nel maggior numero di reti segnate: 51. Ma la vittoria che rinforza il terzo posto, quasi inattaccabile, è pagata a carissimo prezzo, perché Ancelotti perde Abbiati per il finale di campionato.
PALERMO 7,5 - Rifila 5 gol al Lecce, anche se ne incassa 2, ma soprattutto dimostra di volare con la forza del gioco ritrovato e così scavalca Cagliari e Lazio, proiettandosi nella scia della Roma per sognare un posticino in Europa.
ATALANTA 7 - Tre sconfitte consecutive erano troppe e dopo un primo tempo d'attesa Floccari festeggia con una splendida doppietta il suo ritorno in campo contro il Torino. La dimostrazione che lui e Doni sono indispensabili.
GENOA 7 - Mezzo voto in più, come bonus, perché alla fine della giornata si trova al quarto posto e per quello che ha fatto fin qui è la squadra che lo merita di più. A Cagliari, però, malgrado giochi in superiorità numerica per più di un tempo segna soltanto nel finale con Olivera e il migliore in campo non è Milito, ma il portiere Rubinho che salva il prezioso 1-0.
CAGLIARI 6,5 - Si trova ingiustamente in 10 per l'espulsione di Cossu, eppure proprio in difficoltà gioca meglio e meriterebbe il pareggio, ripetutamente sfiorato nel finale. Anche se non è più il Cagliari divertente di qualche giornata fa.
FIORENTINA 6,5 - Gioca più e meglio dell'Inter, sfiorando per prima il gol. Giocare bene, però, non basta se poi non si conclude e la colpa, grave, della Fiorentina è proprio questa. Anche se continuando a giocare così, può sperare di riacciuffare il quarto posto.
INTER 6,5 - Apre e chiude la partita con il solito Ibrahimovic che torna grande in campionato, segnando la doppietta che lo porta a quota 17, solo alle spalle del capocannoniere Di Vaio. Ma il 2-0 è bugiardo, perché soffre troppo la Fiorentina, salvata dalle grandi parate di Julio Cesar, a conferma delle difficoltà a creare gioco.
REGGINA 6,5 - Sfiora la vittoria andando in vantaggio con Corradi, poi pasticcia in difesa regalando il pareggio al Napoli. Ma la squadra è viva, sfiora il successo nel finale e quindi può ancora giocarsi le ultime carte di salvezza.
ROMA 6,5 - Sempre in emergenza, annaspa, soffre, ma non affonda nemmeno quando si trova in inferiorità numerica per l'espulsione di Motta. Acciuffa il 2-2 su rigore con Baptista che pareggia la doppietta di Pazzini, poi è salvata nel finale dalle parate di Doni.
SAMPDORIA 6,5 - Cassano crea, Pazzini segna. E con la sua doppietta sono sette i gol in sette partite di campionato. Poi sfiora anche la tripletta confermando di essere diventato l'uomo più importante della Sampdoria.
UDINESE 6,5 - La nostra unica ambasciatrice in Europa soffre all'inizio contro il Catania, ma trova le energie per arrivare al pareggio. Merito dei cambi di Marino e del bel gol di Quagliarella, appena entrato. E nel finale soltanto il palo nega la rete del successo a Floro Flores.
CATANIA 6 - Ringrazia Mascara bravo a inventare un altro gran gol da 35 metri, che farà il giro del mondo su tutte le tv. Alla distanza, però, concede troppo spazio all'Udinese che ne approfitta e così alla fine il pareggio è un bel mattoncino-regalo per la costruzione della salvezza.
NAPOLI 5,5 - La vittoria rimane un oggetto smarrito nella prima giornata di gennaio e non basta l'arrivo di Donadoni al posto di Reja per ritrovarla. Anzi, il Napoli soffre molto, troppo, sul campo della cenerentola Reggina. Pareggia il gol iniziale di Corradi con Lavezzi, bravo a sfruttare un regalo del portiere Puggioni, poi rischia ancora alla fine e quindi il pareggio è un punticino da non buttare via.
BOLOGNA 5,5 - Il voto è la media tra il 7 del bel primo tempo chiuso meritatamente in vantaggio sul campo della Juventus e il 4 della orrenda ripresa in cui incassa 4 gol. E così il Bologna si risveglia con la peggior difesa (47), scavalcato dal Chievo, con appena 2 punti di vantaggio sul Torino terz'ultimo.
SIENA 5 - E pensare che prima di affrontarlo aveva incassato meno gol del Milan. In serie A non ne aveva mai subiti 5, ma anche se può sembrare paradossale impegna a lungo i rossoneri prima di arrendersi al festival di Inzaghi e Pato.
TORINO 5 - Regge e illude fino all'intervallo, poi crolla sul campo dell'Atalanta confermando di essere la squadra con il peggior rendimento fuori casa (appena 6 punti) l'unica a non avere mai vinto. E se non si rialza nemmeno con Novellino, vuol dire che la situazione è preoccupante.
LECCE 4 - Come volevasi dimostrare, la colpa non era di Beretta. Con il nuovo allenatore, De Canio, il Lecce sprofonda a Palermo sepolto da cinque gol regalati dalla solita disastrosa difesa. E così Tiribocchi segna una doppietta splendida ma inutile, perché la serie B si avvicina pericolosamente.
LAZIO 3 - Tre come i gol incassati in casa dal Chievo, dopo 3 vittorie consecutive. Il modo peggiore per onorare la memoria dell'ex presidente Longo. Un nuovo campanello d'allarme per una squadra disattenta in difesa che soffre di alti e bassi e farà bene a concentrarsi sulla coppa Italia per entrare in Europa.
 
 
Fonte Alberto Cerruti 

Gli errori di De Laurentis

Da fenomeno passi ad incompetente, da mago diventi burattino, da salvatore della Patria ti trasformi in causa di tutti i mali. E' bello il mondo del calcio, perché mutevole. Napoli è di mille colori, ma soprattutto di mille opinioni. Ho seguito attentamente la settimana della prima rivoluzione partenopea di De Laurentiis, sebbene ci abbia capito poco, non trovo molte spiegazioni al cambio di strategia. Quando interviene un Presidente, a scavalcare il proprio Direttore Generale, significa che presto l'acqua inonderà la barca. Dopo 5 anni, saluti e baci ad Edy Reja che aveva contribuito alla rinascita del Napoli. Un po' di delicatezza a De Laurentiis era richiesta. Sgradevole la proposta al tecnico goriziano, in conferenza stampa seduto al fianco di Donadoni, di affidargli in futuro il settore giovanile. Qualcuno spieghi al Presidente che gli allenatori non sono attori, ai quali basta dare un copione per ottenere quel che si vuole. Il calcio è diverso dal cinema e se finora il Napoli ha bruciato mille tappe, lo deve proprio ad Aurelio De Laurentiis che si limitava ad andare la domenica allo stadio. Bei tempi, Presidente, torni ad occuparsi di calcio un giorno alla settimana. Los Angeles ha bisogno di lei.
Il senso di questo articolo è una lettera aperta al Direttore Pierpaolo Marino, prima osannato e poi contestato.
Una domanda l'avrei posta volentieri a coloro che hanno esposto gli striscioni in Curva durante la gara con la Lazio e a chi ha sprecato energie a contestare anziché a sostenere una squadra in difficoltà. Caro Pierpaolo, forse il tuo tempo a Napoli è finito perché c'è chi probabilmente rimpiange i Naldi o i Ferlaino, ultima gestione. Due promozioni in 5 anni, un ritorno in Europa dopo 14 non bastano ad una piazza che ha dimenticato di aver toccato il fondo. Corvino a Firenze, Marino a Napoli, Marotta alla Sampdoria: piuttosto che tenerseli stretti stanno facendo di tutto affinché questi tre protagonisti del mercato si stufino. Attenzione, perché le big italiane presto potrebbero ricorrere proprio alla loro esperienza, se consideriamo i continui flop estivi di Milan, Inter e Juventus.
Caro Pierpaolo, correggimi se sbaglio: Donadoni non è una tua scelta. Perché non è l'allenatore che avevi in mente per il futuro del Napoli (poca esperienza e valore triplicato solo grazie alla parentesi della Nazionale voluta dall'amico Albertini). Perché non rientra nei tuoi piani "silurare" un allenatore a trequarti di stagione e rischiare di bruciare un altro, con due anni e mezzo di contratto. Ebbene sì, Donadoni può solo perderci. Motivi semplici: sale su una giostra già in azione, con una squadra che non corre più ed uno spogliatoio in frantumi. Non sarebbe stato il caso di ripartire a fine anno da zero, ringraziando Reja e costruendo una squadra su misura per il nuovo allenatore? Napoli, piazza difficile quanto spettacolare, esigente quanto passionale. Se sbagli, però, non perdona. La verità è che Reja andava "ringraziato" a giugno scorso. Oggi Marino si è visto "scavalcare" da De Laurentiis che, a sua insaputa, aveva già da tempo contatti con Donadoni. Sbaglia solo chi non lavora, si dice solitamente. E' anche il caso di Marino che dopo aver indovinato quasi tutto sul mercato (Hamsik, Lavezzi, Gargano, Maggio, Santacroce) ha "toppato" in tre circostanze (Denis, sopravvalutato, Navarro, inadeguato, e Datolo, acerbo). Oggi Napoli si guarda allo specchio per capire cosa vorrà fare da grande, ma soprattutto di chi ha bisogno per tornare grande.
Caro Pierpaolo, sei sicuro che il posto giusto per te sia ancora lì? 
Fonte Michele Criscitiello

Scudetto sicuro, caro Mou

A giudicare dal "rumore" dei 50mila del Meazza alla lettura delle formazioni e al momento dell’espulsione, Josè Mourinho è riuscito nell’impresa di conservare un gradimento totale presso la tifoseria nerazzurra nonostante l’eliminazione dall’Europa. Gli attacchi ad Ancelotti, uniti al disegno di costruire una squadra capace di vincere partite come quella dell’Old Trafford, hanno evidentemente rinvigorito l’immagine del portoghese, che dopo il 2-0 sulla Fiorentina ha parlato solo a Inter Channel, affidando un commento più articolato in sala stampa a Franco Baresi, il suo vice.

QUELLO SCATTO DA ROSSO - "Abbiamo avuto tanti problemi, con Chivu che è dovuto uscire e Cambiasso che si è adattato nel ruolo di difensore centrale - ha detto il portoghese -. E’ stata una partita difficile anche dal punto di vista psicologico ed è un successo che ci dà fiducia, in attesa della sosta che ci aiuterà a recuperare le energie. Con questo carattere, questa voglia di sacrificarsi, non avremo problemi a vincere lo scudetto". Più incisivo Baresi sull’arbitraggio di Orsato: "Lo ha espulso e non abbiamo capito perché. Ha reagito perché Santon era stato preso in mezzo da due giocatori e ha voluto difendere un ragazzo di 18 anni. Orsato non ha capito il motivo del suo scatto". "Ha fatto quello scatto per creare un po’ di scompiglio e qualcuno c’è cascato", dirà in seguito Cesare Prandelli fotografando l’effetto creato dalla ribellione dello Special One.
LA POLEMICA - La chiusura di Beppe Baresi è dedicata allo scambio di "cortesie" tra Mourinho e Ancelotti. "Qualcuno ha lanciato il sasso e poi ha nascosto la mano. E poi si è sentito offeso quando gli altri hanno risposto". Alla prossima puntata.
IBRA AL TOP - Il successo sulla Fiorentina porta la firma, doppia, di Zlatan Ibrahimovic, giunto a quota 20, 17 solo in campionato, cioè lo stesso numero-record per la sua carriera italiana fatto registrare nella scorsa stagione. "Tutti ci vogliono battere ma alla fine, soffrendo, riusciamo sempre a vincere in campionato. Certo, ci dispiace essere usciti dalla Champions, dove bisogna giocare meglio per andare avanti. Ma abbiamo ancora lo scudetto e la Coppa Italia: faremo di tutto per conquistare entrambi".
IL RAMMARICO - Delusione e anche un pizzico di rabbia in casa viola. Tocca a Gianluca Comotto sintetizzare gli stati d’animo dello spogliatoio: "Non meritavamo di perdere, non abbiamo nulla in meno rispetto all’Inter, anzi, si può dire che dopo il primo gol abbiamo giocato solo noi. L’intervento di Santon? Era da espulsione, ho i segni addosso che lo dimostrano". Più lucido Cesare Prandelli. Prima della partita Diego Della Valle aveva invitato la Fiorentina a un gioco più spettacolare: "Possiamo fare, sotto l’aspetto del divertimento, molto di più", l’appello del numero uno viola, esaudito dagli uomini di Prandelli al di là del risultato. "La Fiorentina ha giocato una grande partita, ha risposto colpo su colpo, ha creato occasioni da gol - il pensiero dell’allenatore viola -. Avremmo voluto avere più coraggio e continuità ma ci è mancata in due-tre situazione di superiorità numerica un momento di lucidità". Sul gol di Ibra e il presunto gioco pericoloso dello svedese Prandelli ha aggiunto: "Seba (Frey, ndr) ha avuto paura perché il piede di Ibrahimovic era molto vicino alla sua faccia, ma non si può recriminare pensando di aver subìto un torto. Bisogna avere la forza di reagire ed è un peccato non aver segnato perché abbiamo creato tanto". E il portiere ha detto, ai microfoni di Sky: "Secondo me è gioco pericoloso. "Mi sono spaventato perché la gamba di Ibra era molto alta. Poteva essere considerata anche 'aggressione' sul portiere. Infatti, dopo il gol, mi ha chiesto anche scusa". 
Fonte La Gazzetta dello Sport

"Basta debiti"

Adesso è la Coppa d'Inghilterra: ben quattro squadre (Manchester United, Liverpool, Chelsea e Arsenal) su otto sono infatti approdate ai quarti di finale della Champions. Possibile quindi che almeno una di loro, se non due, ci sia nella finalissima del 27 maggio all'Olimpico, l'ultima che si gioca di mercoledì. Una volta (intorno agli anni Novanta) era la Coppa Italia, poi è diventata la Coppa di Spagna: ora le italiane non ci sono più, come noto, mentre la Spagna presenta un bellissimo Barcellona e un sorprendente Villareal mentre ha perso per strada il Real Madrid. Michel Platini, capo dell'Uefa, da tempo si batte perché la Champions diventi un torneo sempre più equilibrato e sempre più aperto. Forse verrà abolita la "protezione" negli ottavi: sorteggio libero e rischio derby. Potrebbe essere un sistema per far fuori le inglesi, ma non solo le inglesi. "Non si vince con i debiti, bisogna ridonare al calcio la moralità che ha perso", è stato lo slogan di Platini negli ultimi mesi: riferito soprattutto ai club inglesi (ma ora gli spagnoli non sono certo messi meglio, hanno miliardi di debiti). Per la verità, come dice giustamente Adriano Galliani "non è vero che i club della Premier sono indebitati: il debito di Manchester United e Chelsea ad esempio è verso i propri azionisti e non verso i terzi. Come se il Milan mettesse a debito tutte le esposizioni del suo presidente". Molti club inglesi come l'Arsenal hanno speso inoltre tanti "pounds" per rifare gli stadi: e se vogliamo dirla tutta spendono per pagare gli stipendi ai loro calciatori molto meno delle nostre società più importanti. In Inghilterra ad esempio non esiste un Ibrahimovic che prende 11 milioni di euro e un Brocchi (esempio di giocatore di medio livello) che ne prende due netti. Ma Platini vuole che i club taglino gli ingaggi: non ha torto e tante società ci arriveranno per forza, anche in Italia. La crisi si farà sentire e nelle casse mancheranno i (tanti) soldi della Champions. Ma come fare a tagliare gli ingaggi? Si può davvero mettere un tetto alle spese? Ogni club, insomma, potrebbe spendere al massimo il 50-60% del suo fatturato per pagare i calciatori. Non è semplice. L'Inter nell'ultimo bilancio ha speso 175,6 milioni per gli stipendi, più 10 accantonati per Mancini e il suo staff: in pratica i giocatori si prendono quasi tutti i ricavi (195,4 milioni: e difatti l'Inter vince lo scudetto dei debiti, con un "meno" 148,3...). Ci sono poi ad esempio differenti regimi fiscali: Henry è andato al Barcellona e non al Milan perché in Spagna guadagna 9 milioni di euro e a Milano, con una tassazione più pesante, ne avrebbe guadagnati cinque o poco più. Bisogna prenderne atto ma è difficile chiedere a Berlusconi che possa garantire facilitazioni (fiscali) ai calciatori: con l'aria che tira, pensate che polemiche. E allora? Uefa e club stanno studiando una soluzione comune. Si potrebbe arrivare ad un limite massimo di guadagno, fare rispettare alle società gli impegni di mercato e intanto stringere i cordoni della licenza Uefa in modo che almeno i club iscritti alle Coppe stiano più attenti ai loro bilanci. Ma non è per niente semplice: mercoledì maxiriunione a Zurigo, alla Fifa House, dei principali club europei. L'Italia è rappresentata dal "ministro degli esteri" del Milan, Umberto Gandini, estimatore di Platini tranne quando si lancia in battaglie demagogiche.

Fonte la Repubblica

Giocatore segna e viene ucciso

Iraq senza pace, anche nel calcio: un giocatore della squadra del Sinyer, Heidar Kazem, è morto in ospedale dopo che, poco prima, uno spettatore gli aveva sparato, colpendolo alla testa, nel corso di una partita. Lo riferisce il sito del quotidiano sportivo spagnolo Marca, che cita l'agenzia di stampa spagnola Efe e fonti del ministero degli Interni iracheno.

Kazem aveva appena segnato un gol per il Sinyer, impegnato contro il Buhayrat in un match che si stava giocando a Hilla, 100 chilometri a sud di Bagdad. A quel punto, irritato per la rete subita, un tifoso del Buhayrat aveva estratto un'arma che aveva con sè e ha sparato verso il calciatore della squadra avversaria. Fonti del ministero hanno precisato che l'uomo è stato immediatamente arrestato. Trasportato in ospedale, Kazem è morto poco dopo il ricovero.

La Nazionale di calcio dell'Iraq ha vinto l'ultima Coppa d'Asia e in qualità di campione del suo continente parteciperà alla Confederations Cup di giugno in Sudafrica. I 'Leoni di Babilonia' (così vengono chiamati i giocatori della Nazionale da stampa e sostenitori) non possono mai giocare nel loro territorio le partite in casa, per motivi di sicurezza.

Fonte la Repubblica

Attenti, interisti

Dopo le decine di tabelle sulla rifondazione nerazzurra, nuovi arrivi e nuovi ingaggi pesantissimi che vanno a sommarsi a richieste di adeguamento o di rinnovo immotivate, sarebbe interessante capire la posizione del presidente, oggi ancora a Miami per la presentazione del suo film documentario sugli Inter campus.
Poco prima di lasciare l’Italia e l’Inter fuori dall’Europa, Massimo Moratti avrebbe confidato ad amici la sua amarezza per l’eliminazione, senza dimenticare il mancato incasso derivante dai proventi Uefa. Lo sponsor ufficiale della Uefa Champions league ha calcolato che il trionfo all’Olimpico quest’anno vale circa 110 milioni, fra budget per la partecipazione alla competizione, percentuale sui profitti commerciali, diritti televisivi, vendita dei biglietti ai botteghini, marketing, e valorizzazione del marchio societario. Per l’esattezza fanno 110,4 milioni di euro, una cifra che non avrebbe ripianato il disavanzo di bilancio previsto per fine anno di circa 180 milioni di euro di cui 85 saranno coperti dall’azionista di maggioranza Massimo Moratti. Dal 15 febbraio 1995, data del suo ingresso all’Inter, il presidente non si è mai tirato indietro, negli undici bilanci che vanno dalla stagione 1995/96 al 2005/06, l’Inter ha accumulato 661 milioni di passivo e Moratti ha provveduto personalmente a versare 400 milioni nelle casse. A giugno 2006 l’Inter aveva il primato delle perdite, 181,5 mln di euro solo nell’ultima stagione. Il presidente avrebbe confidato anche che il giocattolo sta diventando sempre più costoso e l’amarezza dei risultati potrebbe convincerlo a decisioni impensabili a giugno, quando l’arrivo di Josè Mourinho aveva portato aria nuova in ogni più remoto angolo di Appiano.
Oggi la voce cessioni sta diventando prioritaria, senza coprire il passivo non si compra, il bilancio e la Covisoc lo impongono, Moratti ha pochissima voglia di ripianare come ha fatto in questi 13 anni. La Champions ha portato nelle casse di via Durini circa 16,8 milioni di euro, non sono sufficienti neppure a pagare l’ingaggio annuale, al lordo, di Ibrahimovic.
Quindi si vende e il momento non è dei migliori perché la crisi picchia duro anche nel calcio. Sul mercato ci sono Mancini valutato 10 milioni, Quaresma, 15, Burdisso, 10, Suazo, 10, Obinna, 10, Rivas, 3, si arriva a meno di 60 milioni, ecco perché anche Adriano rischia di partire.
Josè Mourinho ieri ha confidato di lavorare a una relazione che presenterà al presidente appena sarà rientrato da Miami: «Ci sono le mie idee per spiegare cosa occorre fare per iniziare la prossima stagione, questo è un discorso tra me, il presidente Moratti, Marco Branca e Gabriele Oriali, ma al momento sto lavorando da solo quindi qualunque indiscrezione si legga, è infondata». Poi qualche mistero in meno: «Abbiamo bisogno di qualcosa in più come ne hanno bisogno tutte le squadre. Abbiamo giocatori che nel futuro miglioreranno come Santon o Balotelli. Poi abbiamo un gruppo di giocatori che hanno un alto rendimento, stabilità e buon livello di gioco. Loro costituiscono il gruppo principale, cito Julio Cesar o Cambiasso, ma in realtà i giocatori con questa maturità sono una quindicina. Poi c’è un piccolo gruppo di giocatori che non possono migliorare, anche se sono molto soddisfatto di loro». Le tabelle uscite in questi giorni sui quotidiani sono un ottimo contributo per capire in quale lista siano Materazzi, Crespo e Figo. «Cruz? Volete sapere in quale gruppo sia Cruz? Lo dirò a lui, se me lo chiederà - ha risposto José -. Non ad altri». Nella sua relazione ci sono i nomi della nuova rosa, lui è al corrente della situazione, i sogni arrivano dopo i doveri, e prima ancora c’è il campionato. Ieri ha detto di non aver paura di nessuno, non ci sarà nessun contraccolpo psicologico, si è dichiarato contento perché i ragazzi hanno capito: «La squadra ha perso con grande dignità, della sfortuna non parlo, ne ha parlato Ferguson ed è la prima volta che gli sento dire queste cose. Ma la vittoria morale esiste solo nel vocabolario di chi perde».
Della Fiorentina ha parlato poco, non per snobbismo ma ieri è andata in onda una conferenza a metà fra il medioevo e la new age, la differenza fra lui e Mancini (a libro paga per altri tre anni a 4 mln netti a stagione), al momento è una sola: dopo l’eliminazione col Liverpool Mancini diede le dimissioni, Josè dopo l’eliminazione col Manchester stila una relazione per la prossima stagione. Non è chiarissimo se a Moratti basti, per ora pensa a vendere i giocatori, domani potrebbe esagerare, tutti avvisati. 
Fonte Il Giornale