Adesso è la Coppa d'Inghilterra: ben quattro squadre (Manchester United, Liverpool, Chelsea e Arsenal) su otto sono infatti approdate ai quarti di finale della Champions. Possibile quindi che almeno una di loro, se non due, ci sia nella finalissima del 27 maggio all'Olimpico, l'ultima che si gioca di mercoledì. Una volta (intorno agli anni Novanta) era la Coppa Italia, poi è diventata la Coppa di Spagna: ora le italiane non ci sono più, come noto, mentre la Spagna presenta un bellissimo Barcellona e un sorprendente Villareal mentre ha perso per strada il Real Madrid. Michel Platini, capo dell'Uefa, da tempo si batte perché la Champions diventi un torneo sempre più equilibrato e sempre più aperto. Forse verrà abolita la "protezione" negli ottavi: sorteggio libero e rischio derby. Potrebbe essere un sistema per far fuori le inglesi, ma non solo le inglesi. "Non si vince con i debiti, bisogna ridonare al calcio la moralità che ha perso", è stato lo slogan di Platini negli ultimi mesi: riferito soprattutto ai club inglesi (ma ora gli spagnoli non sono certo messi meglio, hanno miliardi di debiti). Per la verità, come dice giustamente Adriano Galliani "non è vero che i club della Premier sono indebitati: il debito di Manchester United e Chelsea ad esempio è verso i propri azionisti e non verso i terzi. Come se il Milan mettesse a debito tutte le esposizioni del suo presidente". Molti club inglesi come l'Arsenal hanno speso inoltre tanti "pounds" per rifare gli stadi: e se vogliamo dirla tutta spendono per pagare gli stipendi ai loro calciatori molto meno delle nostre società più importanti. In Inghilterra ad esempio non esiste un Ibrahimovic che prende 11 milioni di euro e un Brocchi (esempio di giocatore di medio livello) che ne prende due netti. Ma Platini vuole che i club taglino gli ingaggi: non ha torto e tante società ci arriveranno per forza, anche in Italia. La crisi si farà sentire e nelle casse mancheranno i (tanti) soldi della Champions. Ma come fare a tagliare gli ingaggi? Si può davvero mettere un tetto alle spese? Ogni club, insomma, potrebbe spendere al massimo il 50-60% del suo fatturato per pagare i calciatori. Non è semplice. L'Inter nell'ultimo bilancio ha speso 175,6 milioni per gli stipendi, più 10 accantonati per Mancini e il suo staff: in pratica i giocatori si prendono quasi tutti i ricavi (195,4 milioni: e difatti l'Inter vince lo scudetto dei debiti, con un "meno" 148,3...). Ci sono poi ad esempio differenti regimi fiscali: Henry è andato al Barcellona e non al Milan perché in Spagna guadagna 9 milioni di euro e a Milano, con una tassazione più pesante, ne avrebbe guadagnati cinque o poco più. Bisogna prenderne atto ma è difficile chiedere a Berlusconi che possa garantire facilitazioni (fiscali) ai calciatori: con l'aria che tira, pensate che polemiche. E allora? Uefa e club stanno studiando una soluzione comune. Si potrebbe arrivare ad un limite massimo di guadagno, fare rispettare alle società gli impegni di mercato e intanto stringere i cordoni della licenza Uefa in modo che almeno i club iscritti alle Coppe stiano più attenti ai loro bilanci. Ma non è per niente semplice: mercoledì maxiriunione a Zurigo, alla Fifa House, dei principali club europei. L'Italia è rappresentata dal "ministro degli esteri" del Milan, Umberto Gandini, estimatore di Platini tranne quando si lancia in battaglie demagogiche.
Fonte la Repubblica
0 commenti