Milan - Napoli: l'eterno ritorno
Domenica il big match tra i rossoneri in salsa brasiliana e il giovane Napoli degli argentini Denis e Lavezzi. Un ritorno al passato e a quegli anni Ottanta dove da una parte Maradona e dall'altra Van Basten si contendevano il primato del pallone.
Milan-Napoli l’eterno ritorno. Dopo tante traversie, i partenopei sono tornati stabilmente in serie A e soprattutto in vetta alla classifica. Il Milan insegue, a un punto di distanza. Milan-Napoli di domenica sera rimanda inevitabilmente ai tempi che furono, gli anni Ottanta, quelli delle magie di Maradona e della scalata al potere (allora calcistico) di Berlusconi.
Partiamo però dal presente, o dal prossimo futuro. Domenica sarà Milan contro Napoli, ma anche Brasile contro Argentina. Da una parte il terzetto carioca con almeno due dei tre (Kakà e Ronaldinho, al momento imprescindibili) sicuri di scendere in campo: alle magie dei due brasiliani, ormai da tempo noti nel panorama del grande calcio, si affida Ancelotti.
Gli argentini del Napoli sono invece Lavezzi e Denis. Giovani e affamati, come giovane è il Napoli. Arrivati in Italia a cercare gloria , soprattutto Denis vola sulle ali della tripletta rifilata alla Reggina. Accanto a loro il terzo asso, si chiama Hamsik, freddo portento di centrocampo dell’Europa mitteleuropea (è slovacco).
C’è stato un tempo in cui Milan-Napoli valeva scudetti e soprattutto feroci rivalità. Da una parte la Milano industriale, dall’altra la Napoli arretrata: era l’inizio della fine della Prima Repubblica e l’ascesa della Lega Nord, il che aggiungeva alla sfida una bella dose di pepe. Maradona e i brasiliani Careca e Alemao da una parte, il terzetto di olandesi Van Basten, Gullit e Rijkaard dall’altra.
La passionalità sudamericana a Napoli, la freddezza nordeuropea a Milano. Per almeno un paio di anni sono state partite da mondovisione. Nel 1988 il Napoli arrivava dal suo primo scudetto, trascinato da Maradona. Il Milan berlusconiano allora stava solo sorgendo. Ma fu un 4-1 a San Siro dei ragazzi di Sacchi ad arrestare la corsa partenopea. Nella gara di ritorno al San Paolo, a due giornate dalla fine, 3-2 per gli ospiti: scudetto a Milano, Napoli ko.
L’anno dopo lo scudetto sarebbe andato all’Inter, con il Milan impegnato a vincere la Coppa dei Campioni. La sfida tra Milan e Napoli però si riaccende nel 1990. I rossoneri umiliano Maradona e compagni nello scontro diretto, ma quella è la stagione del caso Alemao: sgoccioli di campionato, a Bergamo una monetina colpisce il brasiliano, vittoria a tavolino che permette al Napoli di agganciare il Milan capolista.
Polemiche a non finire e soprattutto l’accusa ad Alemao di aver simulato. Il Milan poi cade a Verona, il Napoli accende la freccia di sorpasso e va a vincere il suo secondo scudetto. Ma è l’inizio della fine, perché l’astro di Maradona inizia a oscurarsi. Negli anni successivi il Milan volerà con Capello, il Napoli inizierà a perdersi in un decennio orribile, tra retrocessioni e fallimenti.
Roma: crisi De Rossi - Spalletti?
La Roma ai tempi della Juve è una polveriera. Uova lanciate contro il centro tecnico d'allenamento di Trigoria; contestazione allo stadio da parte della curva con fischi ai giocatori fatti salvi Totti e De Rossi; situazione societaria in bilico con il maggior creditore (Unicredit) che bussa alle porte della Sensi per il rientro dal debito del gruppo Italpetroli e che controlla di fatto la società giallorossa.
Ma non basta. Il clima pesantissimo che si è creato a Trigoria dove la squadra è in ritiro quasi permamente dalla sconfitta di Udine, sta sfaldando il gruppo che sfiorò l'impresa scudetto l'anno scorso. L'ultimo senatore a voltare le spalle al tecnico è De Rossi. A "Capitan Futuro", come lo chiamano a Roma, non sono andate giù diverse cose della gestione Spalletti. Convinto anche dal tecnico toscano a rinnovare il contratto in nome di un "progetto" nonostante le offerte indecenti del Real Madrid, il mediano si è sentito tradito dal flirt che Spalletti intrattenne con Abramovich ad inizio stagione. Da lì gli attriti, acuiti dalla convocazione per l'amichevole di Londra contro il Tottenham del 10 agosto, durante le ricerche del suocero scomparso, poi ritrovato assassinato il 13. Il giocatore chiese di poter restare accanto alla moglie in quel momento drammatico ma fu costretto a partire.
Spalletti, l’uomo che riportò la "normalità" a Roma, che prese una squadra con una media di cinque chili sovrappeso per portarla ai quarti di Champions League, è chiaramente un allenatore in bilico. Dalla sua parte sembra rimasto l'acciaccato capitan Totti, che pure ha avuto degli screzi col tecnico ma solo per la smania di voler rientrare troppo presto da un infortunio che richiedeva cautela. A fianco del capitano ci sono gli altri fedelissimi del tecnico (Pizarro, Perrotta, Tonetto e Cassetti), il resto dello spogliatoio non ha mostrato altrettanta coesione. Soprattutto gli otto brasiliani formano un gruppo difficilmente governabile, che ha già avuto modo di discutere col tecnico. Il portiere Doni gioca con infiltrazioni da mesi, Cicinho è in rotta di collisione dopo l'esclusione (e la lite) che ebbe con Spalletti prima della gara in Supercoppa.
In tutto questo, la società ha appena rinnovato la fiducia all’allenatore, con l'invito a mettere fuori rosa chi rema contro. Ma la mossa rivelerebbe più incapacità di agire che un effettivo tentativo di risolvere i problemi. Il punto è questo: Spalletti sa benissimo di non potersi privare di un giocatore come De Rossi perché avrebbe l'intera città contro. La Sensi si sta cautelando, chiedendo consigli (e disponibilità?) al vecchio Carletto Mazzone che potrebbe arrivare in qualità di traghettatore in qualsiasi momento.
Intanto i giocatori, per nulla abituati ai ritiri, sono nervosi. Molti non hanno gradito i fischi di giovedì sera alla lettura delle formazioni, prima che la partita venisse rinviata per il nubifragio, e quando il pulmann della squadra è stato bloccato da un centinaio dai tifosi che contestavano lo scarso impegno, appena fuori l'Olimpico, sono stati Totti e De Rossi ad uscire, a mostrare la faccia, ad invitare la gente ad avere pazienza. Non a caso gli unici a essere stati risparmiati dalla contestazione.
La situazione è critica, il tecnico domani sera si affiderà alla vecchia guardia e non schiererà nessun nuovo acquisto. La sua avventura potrebbe fermarsi a Torino, dove - mormorano a Roma - ne inizierebbe un'altra il prossimo anno. Ma questa è un’altra storia.
Fonte La Stampa
Inter, ritorno alle armi
"Bisogna ingranare". E' il chiaro invito di Moratti a fare meglio. Un richiamo alla squadra, che, per ora, viene addolcito dalle sucessive parole: "Non è stata certamente la miglior partita disputata dall'Inter in questo avvio di stagione - continua Moratti -, ma siamo solo all'inizio del campionato e abbiamo un nuovo allenatore, nuovi schemi e nuove idee".
La serenità che esce da queste frasi è verosimile. Infatti, il mezzo passo falso dell'Inter non è stato ben digerito. Perchè il pari ha fatto scivolare l'Inter al quarto posto dietro a Napoli, Udinese e Milan. Ed era dall'ultima giornata del campionato 2006 che non accadeva. Erano tre anni che il Milan stava dietro all'Inter. Allo scivolone dal primo al quarto posto si aggiunge il fatto che rispetto alla scorsa stagione l'Inter ha 3 punti meno. E, il risultato di tutto ciò è il confronto con l'Inter di Mancini. Impossibile non farlo. Moratti è restio ai paragoni, ma i dati parlano chiaro.
"Al massimo deve incentivare Mourinho a fare meglio - dice Moratti -, ma ogni campionato ha la sua storia: questo è certamente difficile e noi abbiamo cambiato delle cose. Per questo non posso pretendere di vedere la stessa esperienza di chi la squadra ce l'aveva in mano da tempo". Poi la stoccata finale: "Il potenziale dell'Inter è tale da risolvere ogni cosa positivamente. Però bisogna anche saperlo dimostrare e siamo in attesa che lo dimostrino".
Fonte calciomercato.com
Le probabili formazioni della nona giornata
Le probabili formazioni della nona giornata di campionato.
Partiamo con Torino - Atalanta
Torino (4-3-2-1): Calderoni; Diana, Pratali, Natali, Rubin; Barone, Dzemaili Samuel; Abate, Amoruso; Stellone. A disposizione: Fontana, Pisano, Di Loreto, Zanetti, Rosina, Abbruscato, Bianchi
Atalanta (4-4-1-1): Coppola; Garics, Talamonti, Manfredini, Bellini; Ferreira Pinto, De Ascentis, Guarente, Padoin; Doni; Floccari. A disposizione: Consigli, Capelli, Rivalta, Marconi, Valdes, Bonaventura, Cerci
Roma - Sampdoria
Roma (4-1-4-1): Doni; Cicinho, Juan, Panucci, Tonetto; De Rossi; Pizarro Brighi, Perrotta, Menez; Totti. A disposizione: Artur, Riise, Loria, Filipe, Taddei, Okaka, Montella
Sampdoria (3-5-2): Castellazzi; Lucchini, Accardi, Gastaldello; Stankevicius, Sammarco, Delvecchio, Franceschini, Pieri; Cassano; Bonazzoli. A disposizione: Fiorillo, Bottinelli, Padalino, Ziegler, Dessena, Bonazzoli, Fornaroli
Napoli - Reggina
Napoli (3-5-2): Navarro; Santacroce, Cannavaro, Contini; Maggio, Pazienza, Gargano, Hamsik, Mannini; Denis, Lavezzi. A disposizione: Giannello, Rinaudo, Aronica, Montervino, Vitale, Zalayta, Pià
Reggina (3-5-1-1): Campagnolo; Lanzaro, Valdez, Costa; Vigiani, Barreto, Carmona, Hallfredson, Ceravolo; Di Gennaro; Corradi. A disposizione: Puggioni, Cosenza, Tognozzi, Alvarez, Sestu, Barillà, Rakic
Milan - Siena
Milan (4-3-1-2): Abbiati; Antonini, Bonera, Maldini, Zambrotta; Gattuso, Seedorf, Ambrosini; Kakà; Pato, Inzaghi. A disposizione: Dida, Favalli, Darmian, Emerson, Cardacio, Shevchenko, Borriello
Siena (4-3-1-2): Manitta; Rossettini, Moti, Portanova, Del Grosso; Vergassola, Codrea, Galloppa; Kharja; Ghezzal, Maccarone. A disposizione: Ivanov, Rossi, Jarolim, Zuniga, Jaakkola, Calaiò, Frick
Genoa - Cagliari
Genoa (3-4-3): Rubinho; Papasthopoulos, Ferrari, Bocchetti; Rossi, Vanden Borre, Mesto, Thiago Motta; Sculli, Milito, Gasbarroni. A disposizione: Scarpi, Biava, Brivio, Potenza, Criscito, Roman, Jankovic
Cagliari (4-3-1-2): Marchetti; Pisano, Astori, Bianco, Agostini; Fini, Conti, Parola; Lazzari; Jeda, Acquafresca. A disposizione: Lupatelli, Matheu, Lopez, Burrai, Biondini, Matri, Larrivey
Fiorentina - Inter
Fiorentina (4-3-1-2): Frey; Zauri, Kroldrup, Gamberini, Vargas; Kuzmanovic, Felipe Melo, Montolivo; Santana, Pazzini, Osvaldo. A disposizione: Storari, Comotto, Da Costa,Almiron, Donadel, Jovetic
Inter (4-3-3): Julio Cesar; Maicon, Cordoba, Chivu, Maxwell; Stankovic, Dacourt, Zanetti; Quaresma, Ibrahimovic, Mancini. A disposizione: Toldo, Materazzi, Burdisso, Vieira, Balotelli, Crespo, Obinna
Chievo-Lazio
Chievo (4-3-1-2): Sorrentino; Frey, Mandelli, Yepes, Mantovani; Luciano, Patrascu, Bentivoglio; Marcolini; Pellissier, Esposito. A disposizione: Squizzi, Malagò, Scardina, Pinzi, D´Anna, Bogdani, Iunco
Lazio (4-3-3): Carrizo; Lichtsteiner, Siviglia, Rozehnal, Kolarov; Brocchi, Ledesma, Dabo; Pandev, Zarate, Rocchi. A disposizione: Muslera, Radu, Diakité, De Silvestri, Cinelli, Makinwa, S. Inzaghi
Catania - Udinese
Catania (4-3-1-2): Bizzarri; Sardo, Stovini, Silvestre, Alvarez; Izco, Ledesma, Biagianti; Mascara; Paolucci, Morimoto. A disposizione: Kosicky, Terlizzi, Silvestri, Baiocco, Tedesco, Plasmati, Martinez
Udinese (4-3-3): Handanovic; Motta, Coda, Domizzi, Lukovic; Inler, D´Agostino, Isla; Pepe, Quagliarella, Floro Flores. A disposizione: Koprivec, Sala, Ferronetti, Nef, Pasquale, Obodo, Sanchez
Bologna - Juventus
Bologna (3-5-2): Antonioli; Moras, Castellini, Bombardini; Lavecchia, Mingazzini, Mudingayi, Marchini, Valiani; Di Vaio, Marazzina. A disposizione: Colombo, Zenoni, Terzi, Lanna, Rodriguez, Adailton, Bernacci
Juventus (4-4-2): Manninger; Mellberg, Knezevic, Chiellini, Molinaro; Marchionni, Sissoko, Ekdal, Nedved; Amauri, Iaquinta. A disposizione: Chimenti, Ariaudo, Castiglia, Tiago, F.Rossi, Camoranesi, Giovinco
Quanto è brutta la serie A italiana!
Si gioca male quasi ovunque. E l'Inter, il Milan, la Juve, la Roma sono le prime bandiere di questa regressione evidente. Si segna poco, 16% meno di un anno fa, che non fu un anno particolare. Lo sfizio tecnico è tenere dieci giocatori dietro la linea del pallone. E questo restare molto chiusi, questo correre e ingegnarsi a coprire qualunque spazio, lo si scambia per gioco moderno.
All'atto pratico non c'è mai stato in Italia niente di più vicino al catenaccio.
Siamo vecchi. L'Arsenal che ha giocato mercoledì scorso in Champions aveva 22 anni e mezzo di età media. In Italia molte squadre non hanno nemmeno un under 23 tra i 14 che vanno in campo. Siamo lenti perché ci vogliamo molto esperti. Vediamo la gioventù e la qualità come effetti destabilizzanti. A inizio stagione avevano giocato con piccola regolarità 5 ragazzi tra i 18 e i 19 anni: Pato, Okaka, Jovetic, Sanchez, Balotelli. Oggi nessuno è più titolare, spesso molti vanno in tribuna. La modernità del calcio sta portando alla fine dell'istinto. La preparazione atletica oggi è assolutamente prioritaria. Poi c'è l'evoluzione tattica pignola. Nessun giocatore, nemmeno Kaká, può muoversi secondo piacere. Ha compiti precisi che lo tengono bloccato in una zona di campo e chiuso dentro solo pochi movimenti. Lo 0-0 sta sempre più diventando il risultato esatto.
Il gol è un errore, non più un'impresa. Stiamo cercando dal calcio le conseguenze precise di una macchina. Ma non può essere così. Mourinho ha ragione quando pretende obbedienza e ordine dai suoi giocatori, ma Balotelli-Adriano- Obinna-Cruz non hanno niente in comune, gente così diversa avrà sempre difficoltà a fare la stessa cosa.
Il calcio è gioco di squadra almeno quanto è individualità. D'altra parte, se proviamo a fare il percorso inverso, il risultato diventa semplice: perché dovremmo giocare bene? Non ci sono fuoriclasse, ci sono alcuni grandi giocatori (Ibrahimovic, Kaká, Del Piero, De Rossi e poco altro), sono pochissimi in genere i giocatori che hanno qualità. Inter e Juventus hanno solo mediani dove comincia il gioco. Il Milan è costretto ad averne perché deve coprire l'attacco più anarchico (e di qualità) del campionato. Gioca infatti bene a San Siro quando le squadre aspettano i fantasisti in area. Soffre moltissimo in trasferta (a Genova, a Cagliari, ieri a Bergamo) perché la squadra diventa lunga e sempre in inferiorità numerica quando la palla è agli altri.
Ma almeno il Milan ci prova, è una squadra «normale», cerca il calcio attraverso il calcio. L'Inter in casa ha sempre grandi difficoltà. Non ha spazio, dovrebbe avere qualità. Ha forza, giocatori importanti, di sicuro anche qualità, ma non quella che serve, non quella che noi crediamo abbia. L'abitudine alla diretta televisiva ha abbassato i nostri riferimenti tecnici e alzato quelli del nostro tifo. Diventa spesso molto bello quello che semplicemente è utile alla nostra squadra. Un tiro, uno stop, un passaggio. Ma le grandi cose sono poche. Fateci caso, un dribbling è diventato un evento. Eppure è l'anima del gioco, ma la modernità prevede che il dribbling non esista, si deve andare oltre l'avversario triangolando. Il dribbling è arte, naturalezza, cose impreviste. Sto esagerando, ma non troppo. Chi si diverte alzi la mano. Il «male» è così diffuso che sta diventando parte del calcio, non si distingue più. Come la classifica attuale. Quattro anni fa con 17 punti si sarebbe stati quarti. Meglio l'equilibrio, sa sempre di aria fresca. Ma dietro la mischia raramente c'è qualità.
Fonte Mario Sconcerti per il Corriere della Sera
Il fair play di facciata: il caso Gilardino
E’ una questione di cultura (anche se in casi come questo occorrerebbe parlare di non cultura e lasciare che la cultura mantenga solo un’accezione di significato positiva). Noi italiani siamo fatti così: ci sarebbe molto da fare, da lavorarci sopra per cambiare l’ordine delle cose. Ma si finisce sempre col non fare nulla. Gli episodi cambiano i protagonisti ma nella sostanza sono sempre gli stessi. Come uguale a se stesso è il dibattito più o meno mediatico che gira intorno ad essi. Favorevoli e contrari: perché se da un lato si accusa dall’altro si deve per forza giustificare. Siamo cerchiobottisti nati.
Quante volte l’avrà detto l’Arrigo, rimarcando la differenza con la cultura (quella sì positiva) di altre nazioni in materia di sport e di calcio in particolare? Oggi, al netto del suo Rolex d’oro e della sua Porsche (così come lo vuole la caricatura satirica cucitagli intorno dal buon Crozza), non possiamo non dargli ragione. Ma con enfasi meno predicatoria e espressione meno bonaria, lo stesso concetto lo aveva espresso Mourinho al termine di Inter - Catania. Solo che lì qualcuno, di cui ora mi sfugge il nome ma che sono certo avesse a che fare con i monasteri del Tibet, aveva subito brandito l’ascia di guerra da spaccare sonoramente sulle gengive del mal capitato tecnico lusitano. Tutto in pieno stile Italians.
Certo che con l’episodio di Gilardino non abbiamo fatto un gran figurone all’estero: specie se per estero si intendono i paesi d’Oltremanica dove il termine Fair Play in verità è stato coniato; terre dove l’aria è così salubre che persino il Paolo Di Canio di turno (senza nulla togliere all’ex calciatore laziale, qui preso semplicemente a prototipo del calciatore professionista italiano) può fermare la palla con le mani in piena area di rigore avversaria se si accorge che il portiere degli altri è a terra fuori dai pali. Lì gesti del genere vengono applauditi e glorificati e l’onda lunga di tale gloria finisce con l’arrivare anche qui, sulla Penisola. Ma già quando ne riparlano i nostri giornali e le nostre tv si ha l’impressione che il fatto abbia perso la purezza iniziale, la verginità britannica, per acquisire già un non so che di strano, originale, bizzarro: ‘Ma guarda un po’ quello che cosa ha fatto!’.
Rimane la lode, ma di fianco le si apre il dibattito: ‘E’ giusto?’. ‘Lo avreste fatto pure voi?’. Ed è qui che l’italiano si perde: perché se dai spazio al dibattito significa che dai avvio alla speculazione filosofica…’Ah sì, ma, però…’. La filosofia costruisce tesi e teorie, alcune pro e altre contro. Siccome siamo amanti del dibattito e il dibattito non si fa se non con il contraddittorio, allora tutte le opinioni hanno diritto ad essere accolte. Ecco, pertanto, che insieme a coloro che tessono le lodi dell’eroe iniziano a comparire, con eguale dignità e diritto di parola, coloro che alimentano la tesi del ‘babbeo colossale’. Lì tutto ritorna di nuovo in discussione e ciò che inizialmente pareva essere un punto fermo, un dato di fatto, si dilegua nell’incertezza e nell’assenza di una soluzione finale, perché a quel punto ciascuno si fa una propria opinione e tutti rimangono delle proprie idee. Finita la magia del Fair Play.
E questo per un episodio avvenuto fuori dal campionato italiano. Non parliamo di episodi del campionato italiano! Palermo – Reggina, il gesto di Brienza. Apriti cielo! Dibattiti, contro-dibattiti, l’associazione degli allenatori che prende posizione, i tifosi della Reggina passati dal nero all’amaranto, quelli del Palermo che difendono ma che sotto sotto magari pensano: ‘Fortuna che non giocava più per noi’ (nessuna vergogna nell’ammetterlo, signori: siamo in Italia e questi sono pensieri legittimi).
E’ vero: il calcio ormai è luogo degli interessi di business più sfrenati e molto dell’aurea purezza dello sport s’è persa con gli anni. Ma qui siamo di fronte a una forma mentis che è più radicata e profonda del senso degli affari. Il silenzio omertoso di Gilardino è l’autodifesa contro il pubblico dileggio, perché il giocatore sa che se metà degli Italiani lo avrebbero applaudito per la confessione, l’altra metà lo avrebbe crocifisso. E se guarda caso in quest’ultima metà ci fosse stata anche la parte di fede viola? Allora so’ problemi.
I media, in tutto questo, aggiungono il loro condimento: il dibattito, come detto. E questo non ha nulla a che vedere col business…almeno con quello strettamente calcistico. Riguarda semmai il business televisivo ed editoriale: l’audience e la vendita dei giornali. A parte i ‘Porta a Porta’ speciali delle sera stessa del posticipo con i pro e i contrari al gesto dell’attaccante biellese, pure ieri, di fronte ad un insindacabile verdetto del giudice sportivo (squalifica di due turni al giocatore per manifesta condotta antisportiva: cosa che in altri paesi spingerebbe a fare una conferenza stampa ad hoc per manifestare pubblicamente le proprie scuse) la testata di turno apriva, in concomitanza alla news, il forum: ‘Siete d’accordo col giudice?’. Capite bene che così non si mette mai il punto alle questioni e non si consente di andare a capo.
Ha detto Prandelli che anche lui come tutti sogna un mondo in cui certe ammissioni di colpa siano la regola e non l’eccezione spesso mancata. Speriamo che il sogno cominci ad avverarsi sin da oggi, magari con la rinuncia della Fiorentina a presentare ricorso per la squalifica di Gilardino.
Fonte Fabio Giacalone per mediagol.it
Il punto sull'ottava giornata di campionato
Una giornata caratterizzata da sorprese, piacevoli conferme e qualche delusione di troppo. Negli anticipi del sabato il Siena impatta sul Catania: risultato 1 a 1 ma gli etnei devono ringraziare "San Bizzarri" autore di parate straordinarie.
Nella serata di sabato va di scena il derby della Mole tra i più brutti di sempre.
Ne esce vincitrice la Juventus grazie ad Amauri ma soprattutto grazie a Calderoni colpevole sul gol del bomber brasiliano. Un derby privo di spettacolo e azioni degne di nota ma animato dai molti falli e dalle continue interruzioni del gioco.
Il Milan riesce a superare un' Atalanta che non ha siguramente sfigurato ma che anzi avrebbe meritato almeno il pareggio.
Continua la rinascita del Cagliari; stavolta a farne le spese è il Chievo di Iachini che deve piegarsi di fronte ad un gran gol di Acquafresca ( tornato sui livelli dello scorso anno ) e al raddoppio di Fini.
Il Genoa riesce a bloccare sullo 0 a 0 un'Inter apparsa piuttosto contratta e forse anche affaticata. I nerazzuri hanno subito per larghi tratti del match l'iniziativa genoana che si è allentata solo in seguito all'espulsione di Juric.
Continua a stupire il Napoli che riesce a superare fuori casa anche la Lazio. Lo fa soprattutto grazie ad un Lavezzi apparso imprendibile e che ha nettamente vinto il confronto a distanza con l'altro argentino Zarate.
La Reggina supera di rigore il Lecce. Entrambi i tiri dagli undici metri portano la firma di Bernardo Corradi.
Ritorna alla vittoria la Sampdoria che supera il Bologna grazie ad i gol di Delvecchio e Bellucci, tornato titolare dopo l'infortunio patito nello scorso finale di stagione.
La Roma non riesce ad uscire dal periodo nero che sta attanagliando la squadra in quest'utlimo periodo. I giallorossi sono stati letteralmente surclassati da un'Udinese capace di raggiungere la vetta della classifica in coabitizione con Inter e Napoli.
Grandi polemiche nel posticipo serale: i palermitani sono furiosi per il gol di mano di Gilardino che ha dato il là alla vittoria della Fiorentina. In effetti la rete è apparsa nettamente irregolare e il Palermo non meritava assolutamente la sconfitta.