Le sorprese di Nedved.
Pavel, che festa: ora la clamorosa tentazione Inter.
"La mia maglia numero 11 va ad Amauri, ci teneva".
"Ora posso smettere tranquillo". Ma può continuare.
Pavel dice: "Ho smesso di correre". Ma il suo procuratore è convinto che non finirà così.
L'agente è lo stesso di Ibrahimovic, nasce un clamoroso interessamento dell'Inter.
(Gazzetta dello Sport)
Il centrocampista ceco esclude nuovi ingaggi. Raiola insiste.
Pavel Nedved: "Chiudo qui", ma il suo agente continua a giocare.
La tanto sognata «Coppa con le grandi orecchie» è al sicuro a Barcellona, ma almeno l'aria di Champions l'ha accarezzato con affetto. In mancanza d'altro, Pavel Nedved si è commosso lo stesso sulla colonna sonora del «Gladiatore». Non c'era Bocelli a cantarla ieri all'Olimpico (di Torino) per l'atto finale del ceco, ma i brividi non sono mancati nel Pavel-Day. Tutto organizzato in fretta e furia perché molti erano convinti che fosse un arrivederci, non un addio, ma l'affetto è stato ugualmente travolgente. La scritta «La gloria rende gli eroi immortali» sui maxischermi nel giro d'onore, l'abbraccio dei compagni che vestivano tutti la sua maglia, la standing ovation dell'Olimpico al minuto 38 della ripresa di un balneare Juve-Lazio e i cori continui della curva hanno piegato anche l'Inossidabile. Piangeva Pavel in campo e piangeva la moglie Ivana, insieme ai figli Ivana jr e Pavel jr, in tribuna. Applaudiva la Juve e allo stesso tempo si ringraziava «l'uomo vero», «l'eroe bianconero: cuore ultras e spirito bianconero» e il reduce di mille battaglie che «merita qualcosa più di un grazie».
Pavel Nedved: "Chiudo qui", ma il suo agente continua a giocare.
La tanto sognata «Coppa con le grandi orecchie» è al sicuro a Barcellona, ma almeno l'aria di Champions l'ha accarezzato con affetto. In mancanza d'altro, Pavel Nedved si è commosso lo stesso sulla colonna sonora del «Gladiatore». Non c'era Bocelli a cantarla ieri all'Olimpico (di Torino) per l'atto finale del ceco, ma i brividi non sono mancati nel Pavel-Day. Tutto organizzato in fretta e furia perché molti erano convinti che fosse un arrivederci, non un addio, ma l'affetto è stato ugualmente travolgente. La scritta «La gloria rende gli eroi immortali» sui maxischermi nel giro d'onore, l'abbraccio dei compagni che vestivano tutti la sua maglia, la standing ovation dell'Olimpico al minuto 38 della ripresa di un balneare Juve-Lazio e i cori continui della curva hanno piegato anche l'Inossidabile. Piangeva Pavel in campo e piangeva la moglie Ivana, insieme ai figli Ivana jr e Pavel jr, in tribuna. Applaudiva la Juve e allo stesso tempo si ringraziava «l'uomo vero», «l'eroe bianconero: cuore ultras e spirito bianconero» e il reduce di mille battaglie che «merita qualcosa più di un grazie».
Un grazie ripetuto 327 volte per una festa a senso unico. Il popolo della curva si è schierato: «Più rispetto per Pavel Nedved», il leit-motive. Nessuno saprà mai cosa è realmente successo negli ultimi giorni e anche ieri le parti in causa hanno giocato la loro partita a poker. «Saluto tutti e smetto», ha subito commentato Nedved prima di finire prigioniero dell'antidoping. «Pavel giocherà ancora e le offerte in Italia e all’estero non mancano», ha spiazzato tutti Mino Raiola, suo agente presente allo stadio e assai ciarliero.
«Mi auguro che continui a restare in società con noi», ha poi aggiunto Cobolli Gigli per completare il quadretto dell'assurdo. Ognuno ha la propria versione e non è così scontata la parola «fine» sul film hollywoodiano che proponeva la sfida del cuore del centrocampista esploso nella Lazio e diventato Pallone d'oro nella Juve.
«Non è una questione di soldi - giura Raiola - ma le carte che ci ha dato il croupier non erano buone. Abbiamo passato. Se dovesse intervenire la famiglia, forse si potrebbe riflettere». Qualcuno bluffa, anche se il diretto interessato nega. «Ho smesso di correre - ha commentato a caldo Nedved - e ora voglio stare vicino alla mia famiglia. È un giorno difficilissimo, ma anche molto bello: ho sentito tanto affetto da parte di tutti, compagni e tifosi. Posso smettere tranquillo perché so che abbiamo fatto grandi cose».
Il numero 11 lo lascerà in eredità ad Amauri e il biondo di Cheb assicura che resterà a Torino. «Mi sento piemontese - sorride - e i miei figli tifano Juve: non possiamo andare via». In attesa di decifrare il suo futuro, la vecchia guardia onora il suo Gladiatore. «Mi sono commosso perché a lasciare è un grandissimo campione», dice Ferrara. «Stavo per piangere - aggiunge Camoranesi - perché lui ci ha fatto vincere molto». L'abbraccio della squadra è il segno tangibile dell'affetto, la fascia di capitano concessa per l'addio, un momento storico. «Era il minimo che si poteva fare - chiude Del Piero - ci legano tante cose, tante vittorie. Mi dispiace, speravo non finisse così». (La Stampa)
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