Per due mesi la crisi del Napoli era stata nascosta. Tamburi e giochi di luce mentre la squadra affondava. Dalla zona Champions al decimo posto. Due punti in sette partite. Più che il Genoa sono stati i tifosi ad umiliare società, allenatore, giocatori. Offrendo al calcio italiano una storia nuova: come la violenza ragionata e incruenta di Ultras non assoldati possa far emergere responsabilità coperte da silenzi stampa e interviste di comodo.
I tifosi hanno assediato fino alle 20.45 lo stadio San Paolo, quasi quattro ore. La mediazione della polizia, interessata ad evitare incidenti e a rimandare a casa centinaia di agenti, ha favorito l'incontro di Pierpaolo Marino, il solo dirigente che si sia esposto, con una delegazione di Ultras.
Sono state quindi dettate le condizioni: ritiro immediato e massimo impegno. Il Napoli si è piegato.
Per società, allenatore e squadra è uno smacco. Sono stati espropriati dei loro poteri i dirigenti, dei loro diritti i calciatori. È un golpe che li mortifica, ma scrive una pagina nuova, non esemplare perché segna il trionfo della demagogia, delle minacce, di un assedio.
Tenere una squadra prigioniera negli spogliatoi per quattro ore è violenza, dimostra quanto sia potente e temuta una tifoseria organizzata ma non compromessa da rapporti preferenziali con i dirigenti.
Il movimento Ultras di Napoli è stato negli ultimi anni depurato da inedite inchieste per il calcio italiano, dove tutto comincia e finisce intorno allo stadio, aggressioni e manganelli, sangue e abusi, pietre e coltelli, senza dimenticare attacchi proditori negli Autogrill, poi nemici come prima e arrivedersi alla prossima domenica.
A Napoli no. La Procura antimafia (la Dda) e la Digos hanno attuato una diversa strategia. Le vicende non si sono mai chiuse la domenica, le indagini si aprivano appena terminavano gli incidenti o durante gli scontri.
La Digos, guidata da Antonio Sbordone, ha schierato due formazioni. Una: dialogante. L'altra: investigativa. La prima tiene i rapporti con i tifosi, li conosce, ne studia le gerarchie, i metodi, gli obiettivi. L'altra registra i profili penali in caso di incidenti, ricostruisce oscure alleanze come nella rivolta di Pianura quando i politici reclutarono i professionisti delle sommesse tra gli Ultras. Non disdegna le intercettazioni. Passa quindi alle retate notturne con arresti all'alba, stile blitz anticamorra.
Un pm di punta nel pool anticamorra, Antonello Ardituro, da anni trova il tempo per istruire processi alla tifoseria violenta, senza trascurare il feroce clan dei Casalesi. Questa risposta giudiziaria ha liberato gli Ultras di delinquenti travestiti da tifosi, ragazzi che non sapevano distinguere un gol dalle tangenti, una bandiera azzurra dalle bombe carta, la fede dall'estorsione.
Possono apparire come i nipotini di Masaniello, questi. Sono rappresentanti di commercio o tassisti, studenti fuoricorso o cassintegrati: ma non prendono soldi dalla società, non le chiedono favori, non commerciano biglietti sottobanco. Hanno mani rivide di fatica, ma pulite. Possono sembrare fanatici, ma non corrotti.
Rivendicano la loro indipendenza, non si lasciano manovrare, i loro striscioni sono paventati da società e squadra più delle cartelle esattoriali.
Prima di Napoli-Genoa ne sono comparsi due. In curva B: "Il calcio non è cinepanettone, la programmazione è solo improvvisazione". In Curva A: "Due mesi senza impegno ed ora ci chiedete il sostegno, la nostra posizione è questa: per voi è l'ultima occasione".
Occasione che non hanno colto i giocatori. Fuori forma, anche Lavezzi. Il Napoli ha perso 1-0. E gli Ultras, quasi 400, hanno circondato l'uscita dello stadio. Alla squadra è stato suggerito di non uscire, De Laurentiis e Marino intanto ragionavano con Reja che voleva dimettersi.
Dal 21 dicembre (sconfitta con il Torino e lunghe vacanze) il Napoli non si è più ripreso. Reja non ha letto i segnali di crisi, comunque non ha saputo arginarla. La società neanche, se ha acquistato un grazioso argentino dal piede sapiente per otto milioni di dollari, Jesus Datolo, lasciato in panchina nella partita con il Genoa. Doveva essere il sostituto di Mannini, squalificato per un anno, ma non ha passo né potenza per battere la corsia di sinistra in fase difensiva e offensiva.
Probabilmente la società lo ha acquistato per il prossimo campionato, ipotizzando un allenatore che attui un 4-4-2 e non l'usurato 3-5-2 di Reja. Un errore perché a gennaio è giusto sostituire ruote in corsa come al pit stop, un lusso programmare, trascurando le emergenze. Al Napoli occorrevano giocatori di sostanza a centrocampo per alternare Gargano e Blausi logori, e un attaccante per dare il cambio a Denis. È stato come non accorgersi delle crepe in un palazzo e limitarsi a riverniciare i tetti.
Datolo non copre le necessità del momento, e Reja in un solo giorno ha bocciato tre acquisti. Ha tirato fuori Denis e Maggio, non ha liberato dalla panchina Datolo, preferendogli altri due superleggeri (Più e Russotto) per la rimonta. La squadra è invece apparsa ancora più debole.
Già, la squadra. Gli Ultras rimproverano notti dissennate, tra discoteche e champagne. "Se vi troviamo in giro di notte, sono guai", li avevano avvertiti anche la settimana scorsa. Il calcio scopre a Napoli le ronde contro la dolce vita dei campioni. Interessanti gli sviluppi. Un presidente che ha raccolto il Napoli nella sezione fallimentare del tribunale portandolo dalle macerie alla zona Champions, giocatori superpagati al punto di essere inutilizzati e incedibili: accetteranno la dittatura Ultras?
De Laurentiis ha più volte minacciato di mollare. Stavolta potrebbe davverso pensarci. I giocatori, alcuni ovvio, purtroppo i migliori, sono accusati di notti concitate. Chiederanno di andar via. Discoteche se ne trovano ocunque tante, prima di essere scoperti dagli Ultras. Per loro, come nella canzone della Nannini, c'è sempre un'ultima insegna accesa.
Fonte Antonio Corbo per La Repubblica
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