Appiah, che brutta fine: travolto dai debiti

Pubblicato da Massimiliano Mogavero On 23:06

A 28 anni (presunti) l'eroe del Ghana, il capitano non giocatore del paese che ha ospitato l'ultima Coppa d'Africa, è costretto a nascondersi per giocare al calcio. Stephen Appiah, talentuoso e potente centrocampista di Udinese, Parma, Brescia e Juventus, tre figli e moglie nel nostro paese, in questi giorni si sta allenando sotto mentite spoglie a Marbella, costa andalusa, con il Rubin Kazan, club dallo scorso novembre campione di Russia costretto dall'inverno rigido del Tatarstan ad allenamenti su una spiaggia spagnola.
Il peregrinare omerico del massiccio Appiah sta diventando una fuga segreta e protetta a causa della valanga di debiti che il ragazzo di Accra ha contratto ad ogni contratto firmato. L'ultima disputa legale è stata quella con l'ultimo club che lo ha assoldato, nel 2005, il Fenerbahce. La squadra di Istambul, per un'embolia a una gamba mal curata, "ha rischiato di mandarlo al creatore". Lo racconta il suo nuovo procuratore Luca Pagani, ex pr di discoteche lombarde. Alla fine Appiah ha chiesto 21 milioni di risarcimento ai turchi, comprensivi della Coppa d'Africa saltata in patria, e il Fenerbahce ha replicato con una "fattura danni" da 12 milioni per mancato rispetto del contratto.

Nella stagione 2008-2009 Stephen Appiah ha ascoltato una serie di timide offerte da parte di diverse società italiane: la Juventus, il Brescia, poi il Torino. C'è stato anche un affaccio da parte del Milan. Tutti, però, imbattendosi nel macigno della causa Fifa e in una pletora di richieste danni contro il giocatore incardinate in Italia, hanno salutato Stephen e la sua fama di cattivo pagatore. Non tornerà a giocare in Italia. Appiah, allora, ha deciso di raggiungere Londra per allenarsi con il Tottenham e, bruciato anche questo contatto, ha proseguito la fuga dal pignoramento indossando una nuova anagrafe in Spagna e immaginando un futuro nel campionato russo.
Tutta la storia del ragazzo di Accra è un racconto da clandestino. Giovane stella degli Hearts of Oak, arrivò poco più che bambino in maglietta a maniche corte all'aeroporto di Udine. Era febbraio. Gli misero addosso una tuta del club e lui, nei primi sei mesi, mangiò solo gelati perché non conosceva i cibi italiani né i loro nomi. I procuratori più accreditati del calcio ghanese raccontano che Stephen, come buona parte dei ragazzi d'Africa ansiosi di mostrarsi a talent scout stranieri, si fece cambiare il passaporto e abbassare di due anni l'età. Giunto in Italia, il talento si mise in luce per gol straordinari e leggendarie feste con ragazze ucraine. Ma, soprattutto, nuovi debiti. Lasciò senza un grazie lo studio Canovi e il suo primo mentore, quel Domenico Ricci che più di tutti conosce il calcio africano. Oggi l'ufficio gli ha chiesto 105 mila euro di provvigioni non saldate: la sentenza del tribunale di Roma è vicina. Approdato al nuovo procuratore, Santiago Morrazzo, riuscì ad abbandonare anche lui scordandosi del rinnovo del contratto che l'agente gli garantì con la Juventus (un milione e 800 mila euro) e le bollette pagate alla posta per non fargli staccare la luce. Il Tribunale di Roma ha stabilito che Appiah deve a Morrazzo 580.000 euro, ma poiché il calciatore non è mai raggiungibile l'unico risultato è stato che l'ex agente Fifa deve versare - per la sentenza a suo favore - 25.000 euro per i bolli all'Agenzia delle Entrate.
Già, Appiah è in fuga continua. La moglie e i tre figli vivono in una villetta con garage (e auto di lusso) sulla collina di Torino, ma lui ha eletto domicilio personale a Nichelino, nell'hinterland, in un casermone popolare abitato da extracomunitari senza permesso di soggiorno. Fuori dal suo "appartamento legale" non c'è campanello, nell'androne hanno sradicato le cassette della posta e l'ufficiale giudiziario, terrorizzato ogni volta che deve avvicinarsi a quel palazzo per recapitargli una raccomandata, ha stilato un rapporto di "irreperibilità strutturale". A Stephen Appiah ha chiesto i danni anche il vecchio padrone di casa di Torino, quello dei tempi della Juventus. Salutato dalla Triade, Stephen organizzò una festa d'addio all'Italia invitando la comunità ghanese e le solite ragazze ucraine: sfasciarono tutto sradicando lavandini, cessi e pure gli infissi. Le bottiglie di champagne - avrebbe scoperto il giorno dopo il padrone di casa - galleggiavano nello champagne. L'avvocato Mattia Grassani, che per tutte queste imprese difese e spesso salvò il calciatore, a sua volta non è stato mai pagato. E così ha chiesto 400 mila euro di arretrati riuscendo a farne sequestrare 40 mila.
Il bravo ragazzo con il destro preciso è cresciuto dentro una vita da clandestino e ora potrebbe portare la sua fuga nel freddo Tatarstan. Per non smettere di giocare al calcio e per non pagare i debiti.