Clamorosi retroscena su Kakà

Pubblicato da Massimiliano Mogavero On 13:37

La cessione di Kaká al Real Ma­drid ha lasciato in eredità tante cose spiacevoli: le bugie, la fret­ta, la miopia dell’entourage berlu­sconiano. Picconate all’immagi­ne del Milan sedimentata negli anni per colpa di un affare gesti­to in maniera contraddittoria.

Le bugie. Se ne sono racconta­te anche più del necessario. Ber­lusconi, ad esempio, avrebbe po­tuto risparmiarci l’ultima, quella della fantomatica telefonata a Kaká per convincerlo a restare «perché nulla è ancora definito». Il contatto tra il patron rossone­ro e Riccardo sarebbe dovuto av­venire lunedì ma, ovviamente, non se n’è avuta notizia semplice­mente perché non c’è mai stato. Era soltanto un disperato tentati­vo di salvare capra e cavoli in vi­sta dell’incombente consultazio­ne elettorale. Un’entrata fuori tempo visto che, stando ad am­bienti contigui al Pdl, la rinuncia a Kaká potrebbe essere costata at­torno ai 2,5 punti percentuali, vo­ti negati dagli elettori-tifosi infe­rociti con il premier. A migliorare le cose non ha contribuito neppure la tattica adottata da Adriano Galliani. Do­po avere dichiarato (la domeni­ca) «faremo di tutto per trattene­re Kaká», poco più di 24 ore do­po il vicepresidente milanista ha caricato il papà del giocatore sul­l’aereo e lo ha portato a Madrid. A proposito di bugie, in queste ore è emerso un particolare in­quietante, che la dice lunga sulla volontà di Berlusconi di fare cas­sa: ai primi di maggio Florentino Perez, il vecchio/nuovo boss del Real, è stato in Italia in incognito e in quell’occasione ha raggiunto l’accordo con il Milan.
La fretta. È quella che, esem­plificata dal blitz madrileno di Galliani, ha caratterizzato le mos­se del club rossonero e che ora ri­schia di penalizzarlo. La fretta, si sa, è una cattiva consigliera. Ber­lusconi ha infatti sacrificato il suo giocatore migliore, quello rimpianto nei lunghi mesi dell’in­fortunio «perché fa la differen­za », per rimediare a due suoi evi­denti errori: il ritorno di She­vchenko e l’impuntatura su Ro­naldinho che, in termini di rosso di bilancio, hanno inciso per al­meno la metà. Ora che non si può più tornare indietro, che ha prevalso la linea più scontata (vendere anziché sforzarsi di in­crementare il fatturato), la prima domanda da porsi è la seguente: siamo certi che i risparmi realiz­zati con la vendita di Kaká saran­no superiori ai costi che questa cessione ha già causato in termi­ni di popolarità e immagine (del suo proprietario e del club) e che certamente ancora causerà? Diffi­cile infatti che uno sponsor pos­sa fare finta di niente: il Milan senza Kaká non può valere quel­lo imperniato su di lui.
La miopia. È notorio che, da sempre, in ambito familiare Ber­lusconi si sia dovuto confrontare con l’ostruzione della figlia Mari­na, concettualmente contraria agli investimenti calcistici del pa­dre. L’errore di Marina (ma pure di Pier Silvio) Berlusconi, che ov­viamente non possono essere ri­tenuti estranei a quanto è accadu­to in questi giorni, è quello di non avere considerato il Milan una sorta di «costo di produzio­ne ». Da sempre, infatti, il club rossonero produce immagine e risultati: impoverirlo equivale a demolire la trave portante di una casa, con relative conseguenze. Ed essere dirigente non significa semplicemente far quadrare i bi­lanci, ma pure avere la capacità di intuire in anticipo i danni di certe scelte, in apparenza rispar­miose. Non avere saputo com­prendere la specificità e il ruolo del calcio nel complesso ambito berlusconiano, è colpa grave del­la famiglia e dell’entourage del premier. Così la sensazione, net­tissima, è che si vada verso un fu­turo di vacche magre. Fossimo in Leonardo ci faremmo il segno della croce.