Ibra ma che vuoi?

Pubblicato da Massimiliano Mogavero On 14:23


Tra una settimana potrebbe essere scudetto: l'Inter di Mourinho e di Ibrahimovic è quasi giunta alla fine della sua corsa. E già questo è il punto fondamentale della questione, posto che ormai non c'è più alcun dubbio sul quarto titolo nerazzurro consecutivo. E' l'Inter di Mourinho o quella Ibrahimovic? Se dovessimo scegliere un leader unico di questa squadra, il suo marchio, il suo timbro identificativo diremmo l'Inter dell'allenatore showman portoghese o quella del fenomeno svedese?

L'acrobata Ibrahimovic - 28 anni ancora da compiere, atleta probabilmente al clou della sua carriera - si è preso tutto il finale dell'ultima recita: gol di classe e potenza insieme, un assist sopraffino e persino una rottura clamorosa con il pubblico che aveva cominciato a fischiarlo per il suo egoismo insistente sotto porta (e ci mancherebbe altro...). E probabilmente anche per le sue paturnie esternate recentemente, in quanto non propriamente convinto a restare ancora troppo a lungo nell'Inter. Dopo tanti anni e tanti scudetti (uno con la Juve revocato più due consecutivi e un altro in arrivo con l'Inter) vorrebbe un approdo più sicuro alla Champions League - unico trofeo che manca ancora al suo già ricco palmares - e magari un contratto ancora più ricco. Proprio quest'ultima pubblica uscita ha deluso e sconcertato Moratti che già paga al suo Zlatan un contratto da favola.

Ma non è nemmeno escluso, a questo punto, che si faccia muovere a compassione e conceda pure un ritocchino alla decina di milioni già concessi al fuoriclasse. Unico giocatore del panorama italiano (a parte Kakà forse...) in questo momento in grado di competere con lo star system del football internazionale: Cristiano Ronaldo e Messi in primis. Secondo Mourinho - giudizio di parte, ovviamente - Ibra è anche meglio di loro.

E' soprattutto dopo la partita contro la Lazio, che il marchio di Ibrahimovic si presenta quasi stampato a fuoco sulla pelle dell'Inter. Marchio probabilmente predominante rispetto a quello di Mourinho. Non per sminuire l'importanza e l'apporto del portoghese a questo quarto scudetto consecutivo che si va velocemente costruendo, ma i gol dello svedese sono stati determinanti. Nella partita di sabato sera a San Siro - prima del micidiale gol di Ibrahimovic: una bordata di destro a oltre 100 all'ora, arrivata dopo una finta che gli ha aperto lo specchio della porta (è qui il vero segreto del fuoriclasse) - l'Inter non c'era proprio.

Difettava in gioco, mostrava una manovra lenta e poco costruttiva, non riusciva a creare molte nonché efficaci occasioni. E anche dal punto di vista fisico, che è sempre stata il suo elemento distintivo, sembrava in netto calo rispetto alle giornate migliori e più travolgenti.

E' stato Ibrahimovic a tirarla fuori dalla palude, col suo 21° gol del campionato: un livello cui mai mai era giunto prima. E' stato Ibrahimovic a consegnarle lo scudetto in mano. Come aveva fatto l'anno prima a Parma, quando era rientrato proprio all'ultima giornata per partire dalla panchina, entrare e segnare i gol decisivi che avrebbero tenuto a distanza di sicurezza la Roma. E' addirittura un Ibrahimovic più forte e deciso dell'anno prima. E' stato lo stesso Mourinho ad ammetterlo: "Lo scorso anno Ibra è stato a lungo infortunato, in questa stagione invece è stato sempre bene".

Ibrahimovic in questa stagione ha giocato da unica punta o quasi, tutti gli altri intorno (da Balotelli, a Cruz, a Crespo per non parlare di Adriano) hanno praticamente fatto da comparsa. Gli hanno fatto da assistente. Ibrahimovic ha trascinato la squadra quando le punte intorno sono venute meno: Adriano si è autoescluso fino a decidere di abbandonare, follemente, una squadra ancora in grado di vincere moltissimo; Cruz non è mai entrato tra gli eletti di Mourinho, il quale lo considera indisciplinato tatticamente; Crespo, un attaccante ancora integro e in grado di dare molto nonostante l'età, è stato soltanto una riserva e per un lungo periodo addirittura riserva della riserva; Balotelli, giovane puledro di razza, dopo una partenza burrascosa è diventato il partner ideale di Ibra, ma deve ancora trovare un equilibrio psicologico che gli dia continuità. Ma tra Ibra e gli altri quest'anno c'è un vero abisso. Dopo i 21 gol dello svedese si precipita ai 6 di Balotelli. Già questo dato giustificherebbe da sola l'affermazione che l'Inter è una squadra Ibra-dipendente.

Ingaggiato nell'estate 2006 sfruttando il precipitare della Juventus in serie B e pagando 26 milioni (si dice che ora ne valga addirittura 100) alla società bianconera che non è mai riuscita a rimpiazzarlo efficacemente, nei suoi tre anni all'Inter Ibra è andato progressivamente aumentando il suo tesoro di gol. Quindici reti al primo campionato, diciassette al secondo e siamo già a ventuno al terzo, con possibilità di finire ancora più in alto (anche se domenica prossima a Verona contro il Chievo sarà fermo per squalifica). Con Mancini alla fine il rapporto si era molto logorato, il vecchio tecnico lo pungeva perché restava troppo fermo a causa dell'infortunio, i due non si amavano. Mourinho lo ha rimesso al centro del suo progetto: anzi a dir la verità, se si togliesse Ibrahimovic dal progetto-Mourinho non si sa bene che Inter sarebbe.

Il suo punto debole (ma anche quello di forza) è il caratteraccio: irascibile e litigioso Ibra si fa spesso saltare i nervi, rimedia ammonizioni inutili. Ma è lo stesso carattere che gli permette anche di pensare l'impossibile, di essere egoista e micidiale quanto serve.
Già con Ibrahimovic in formazione l'attacco dell'Inter, per fare un salto di qualità verso la Champions" ha bisogno di rinforzi. Senza di lui la ricostruzione dovrebbe essere totale e diventerebbe un fortissimo punto interrogativo. Ibra sogna la Champions e il Pallone d'Oro: farselo scappare prioprio ora che è al top della sua carriera, significherebbe ricominciare da capo.

Paradossalmente l'Inter potrebbe arrivare allo scudetto proprio nel match col Chievo, quando Ibra non ci sarà per squalifica. Sarebbe proprio un bello scherzo e tutto sommato ci vorrebbe un crollo del Milan, al momento non ipotizzabile. La festa potrebbe essere per il match in casa col Siena (anche lo scorso anno l'Inter doveva festeggiare col Siena, poi rimandò tutto all'ultima giornata...): un'occasione d'oro per riconciliarsi col pubblico dopo i fischi, i veleni, i gesti e i gestacci della partita di sabato sera. O anche l'occasione per darsi un clamoroso addio.
Fonte La Repubblica