Il diavolo e l'acqua santa: derby in panchina

Pubblicato da Massimiliano Mogavero On 17:16

Uno lo vorrebbero allenatore del Chelsea il prossimo anno, l'altro del Manchester City: ma il sogno di Ancelotti è allenare la Roma (lo ha anche detto chiaramente facendo pure innervosire Spalletti), mentre Mourinho vorrebbe vincere la Champions con l'Inter - dopo lo scudetto - e magari allenare una grande nazionale ai Mondiali. Ma forse non gli basterebbe nemmeno il Portogallo. Intanto però c'è un derby Inter-Milan e Ancelotti e Mourinho si giocano, per il momento, lo scudetto.
Il Diavolo (Mourinho) e l'Acqua Santa (Ancelotti): l'uno opposto dell'altro. Salvo scoprire che alla fine il più religioso dei due è proprio il portoghese.
Per definizione, o luogo comune, Mourinho è l'Antipatico e Ancelotti il Simpatico. Ma è vero anche il contrario: a seconda delle preferenze.
Il portoghese passa le domeniche a litigare in tv con i commentatori, non gliene piace uno, gli stanno cordialmente sulle scatole. Davanti al microfono dà l'impressione di uno che sente di perdere tempo: nessuno, pensa, può essere alla sua altezza. E qualche volta, a dire la verità, viene proprio da tifare per lui. L'ex ragazzo di Reggiolo i commentatori se li coccola, li blandisce, elargisce battute e sorrisi.
Mourinho è più irascibile di braccio di ferro, Ancelotti bisogna picchiarlo per farlo reagire.

Mourinho è talmente sicuro di se stesso da non ammettere mai, ma proprio mai di avere sbagliato. Ancelotti è furbo.
Mourinho non ammette critiche, per lui l'Inter è sempre perfetta e spettacolare, ha fatto autocritica solo dopo gli schiaffi presi a Bergamo. Ancelotti sta a sentire, poi fa spallucce: "forse... sì, certo... può essere anche così" risponde. E strizza l'occhio.
Mourinho è diretto, uno da cazzotto del ko. Ancelotti, vecchio frequentatore del calcio italiano, è scaltro, aggira, evita gli scogli. Ma arriva anche lui allo scopo. E qualche volta anche con più efficacia.
L'uomo dell'Inter è un fascio di nervi, quello del Milan è calmo e serafico. Anzi pacioccone, come gli dicevano a Roma.
Mourinho è cocciuto; Ancelotti - il padre contadino nelle campagne di Reggiolo, primi studi presso i salesiani - forse più di lui.
Mourinho è magro e snellissimo, Ancelotti potrebbe divorare un salame intero della sua cantina in pochi bocconi - "questo fa una brutta fine" dice quando ne afferra uno - ma si trattiene perché ha sempre avuto tendenza a ingrassare.
Mourinho ordina e ottiene, se non ci riesce subito pesta i piedi e si impone (vedi Quaresma...), Ancelotti è abituato a convivere con la filosofia del Milan: non sempre si può imporre, e poi il Capo vuole ormai solo star e ballerine. E tutti all'attacco: che fatica...
Mourinho ora gioca col 4-3-1-2, ma ha pasticciato un sacco quando, in molte occasioni, ha cominciato a buttare dentro attaccanti alla rinfusa (Ibra, Cruz, Quaresma, Mancini...). Ancelotti usa l'albero di Natale (4-3-2-1), ma quante volte vorrebbe mettere un Ambrosini in più e un Ronaldinho in meno, ma non lo può fare, se no Lui chi lo sente?
Il calcio di Mourinho non è bellissimo, ma molto, molto fisico e terribilmente efficace (vedi la vittoria in dieci a Catania). Il calcio di Ancelotti è un bel mix tra quantità e qualità, a metà tra l'estetica assoluta di Sacchi e la concretezza spietata di Capello. Con amnesie e crolli ogni tanto (vedi la partita con la Reggina).
Mourinho, nella gestione del gruppo, attira su di sé tutte le tempeste, Ancelotti - che viene dal campo - sa dividere tutto con i compagni di squadra, anche adesso che gli ordini li dà lui.
Certo Mourinho non è un despota dello spogliatoio, ma Ancelotti è molto più democratico.
I giocatori amano Mourinho: ma non tutti, anzi alcuni forse lo detestano. Ha detto che si sarebbe buttato nel fuoco per loro, ma con Balotelli ha quasi ingaggiato una sfida personale. E non solo con lui. E' raro che Ancelotti tuoni contro i giocatori, ma può accadere: certi atteggiamenti di Gilardino, stufo di fare panchina, non gli piacquero e lo disse chiaramente.
Ancelotti è stato un grande giocatore, Mourinho proprio no, non è mai stato un professionista, si è fermato alle giovanili.
Mourinho è geloso di Mancini, al solo pronunciare il nome gli viene l'orticaria. Ad Ancelotti del confronto con Capello o Sacchi non frega assolutamente nulla.
Mourinho è diventato allenatore per una sfida verso se stesso e verso tutti: per dimostrare che non solo chi ha giocato può fare grande calcio. Pur figlio di un calciatore, si è diplomato all'Isef e ha fatto la gavetta vera: cominciando come interprete di Bobby Robson allo Sporting Lisbona: lo chiamavano El Tradutor. Ancelotti agli inizi fu "raccomandato" da Sacchi trovando subito un posto come assistente dell'Arrigo in nazionale.
Come allenatore Ancelotti ha vinto una Champions più di Mourinho, ma la Coppa di Mourinho col Porto fu un evento storico per una squadra di quella dimensione. Ancelotti ha vinto uno scudetto, Mourinho ha conquistato titoli sia in Portogallo che in Inghilterra col Chelsea. Quali pesano di più?
Mourinho litiga anche con i colleghi, vedi Ranieri, o ne storpia i nomi, vedi Beretta diventato "Barnetta", Ancelotti è l'amico di tutti.
Ancelotti è il Ferguson del calcio italiano, allena il Milan ormai da otto stagioni (e non è detto che questa sia l'ultima). Mourinho, dopo Porto e Chelsea, è all'Inter da soli otto mesi con l'obbiettivo di vincere scudetto e Champions League: ma non è certo il tipo da amori così lunghi.

Fonte Fabrizio Bocca