Il Palermo continua a vincere e convince e soprattutto fa contento Zamparini. Battendo il Napoli comincia anche avedere l'Europa. Ballardini ha portato idee, concetti nuovi e la convinzione che con il calcio si può ancora sorridere sia in campo che in tribuna.
Ballardini, ma allora è possibile? Il calcio fatto con il sorriso sulle labbra...
"È proprio così, Il nostro, anche se è un lavoro bellissimo, è pur sempre un lavoro. Quindi è fondamentale riuscire a farlo divertendosi, riuscendo a trovare la giusta leggerezza che non faccia perdere la concentrazione e l'attenzione. La mia è una lotta contro la ripetitività. Io credo che, se lo fai divertendoti, tutto quanto diventa più facile e riesci a rendere di più. Ecco, questo è quello che cerco di fare con la mia squadra: cerco di fare lavorare i giocatori e, al tempo stesso, di farli divertire".
E come definirebbe il calcio giocato dalla sua squadra?
"Direi che la mia squadra gioca bene il mio calcio quando riesce a gestire il possesso della palla. Quando riesce a dare profondità a tutte le azioni. Quando resta attenta in fase difensiva e quando riesce a fare pressing sugli avversari. Questo, in sintesi, è il mio Palermo. Quando riusciamo a giocare delle grandi partite è perché mettiamo in pratica tutte queste cose. È chiaro che non sempre ci riesce bene".
Sembra un tipo di calcio nel quale lei chiede molto sacrificio ai suoi giocatori.
"È vero. Ci vuole una grande disponibilità. Tutti quanti devono essere pronti a dare una mano nelle due fasi del gioco. Grande attenzione in fase difensiva e in fase offensiva. È importante creare profondità, ma dare anche molta pressione agli avversari".
C'è qualcuno in particolare al quale lei si è ispirato?
"Ce ne sono tanti e facendo un solo nome rischierei di fare torto agli altri. Il mio calcio è fatto soprattutto di coinvolgimento, di grande applicazione, di partecipazione e di attenzione. Tutto questo si ottiene con il lavoro quotidiano. Un lavoro che deve essere anche divertente per riuscire a mettere in evidenza le qualità dei singoli giocatori".
La sue squadre riescono spesso a cambiare modulo anche a partita in corso. Significa che l'integralismo tattico non paga?
"Per me, più che i numeri, quello che conta sono i principi. Non è importante come sistemi i giocatori in campo, ma sono importanti i principi che dai al tuo gioco. È fondamentale sapere quello che si deve fare quando si ha la palla tra i piedi o quando la palla ce l'hanno i tuoi avversari. Ogni giocatore deve essere messo nelle condizioni migliori per esprimersi al massimo. Questo a prescindere dai numeri e dagli schemi".
C'è un giocatore del quale il suo calcio non può fare a meno?
"Sicuramente questo giocatore è il regista. Nel mio calcio il regista è fondamentale ed è un giocatore che deve avere qualità e grande senso tattico. Dai suoi piedi partono le azioni della squadra. È da lui che la squadra trova i suoi tempi giusti e i suoi equilibri. Nel mio Palermo ho la fortuna di avere uno come Liverani che è tra i migliori nel suo ruolo in Italia".
C'è qualche squadra in Europa che lei segue particolarmente e che magari cerca di copiare?
"In questo momento sono diverse le squadre che giocano bene e che riescono anche a dare spettacolo. Mi piacciono il Barcellona, il Manchester e l'Arsenal. Sono squadre spettacolari. Formazioni che riescono a unire il bel gioco con lo spettacolo e che fanno divertire".
Come riesce a mettere in pratica sul campo tutta la teoria che è alla base della tattica di un allenatore?
"Ci si arriva grazie al lavoro e all'abitudine. È importante trovare delle giocate e degli esercizi sempre diversi. Nella mia idea di calcio c'è la necessità di trovare sempre qualche diversivo che rompa la monotonia. È importante riuscire a diversificare il lavoro. L'allenamento non deve mai diventare una cosa noiosa, ma deve piuttosto essere un divertimento".
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