Il punto sulla decima giornata di serie A

Maggio 2004: il Milan si laurea campione d´Italia. Novembre 2008: il Milan raggiunge nuovamente la vetta dell´Everest della Serie A. Dopo quasi 4 anni e mezzo di distanza rigustare la "cucina italiana" avrà sortito indubbiamente un piacevole effetto nei palati rossoneri, forse stanchi delle bacchette e del sushi giapponese che, Mondiale per club a parte, avevano probabilmente lasciato uno sgradevole retrogusto. E allora via bacchette di legno e spazio alle tanto amate forchette, o se preferite ai forconi, strumenti inseparabili, secondo l´iconografia classica, per l´operato di Lucifero.

L’ultima vittima sacrificale infilzata ieri dai tridenti dei diavoli di Ancelotti risponde al nome di Napoli; proprio così: la storia riscritta dai partenopei, primi in classifica la settimana scorsa dopo ben 22 anni di astinenza, è stata cancellata da una “diavoleria” che non ti aspetti, frutto della mente malsana del miglior “Belzebù” che, per una manciata di secondi, (probabilmente irritato dai riflessi felini di Gennaro Iezzo su Kakà in occasione del rigore) si è impossessato delle membra di Denis, ancora incredulo per la violentissima zuccata che ha beffato l’estremo difensore azzurro, dopo la punizione dal limite dell’area di un ispirato Ronaldinho, con tanto di coscia in mostra –per inciso va bene che Milano sia rinomata nel mondo per essere la capitale della moda ma, alle gambe del “dentone”, preferiamo indubbiamente quelle delle modelle che sfilano in passerella– Questo è il bello o il brutto del calcio, dipende ovviamente dai punti di vista (chiedere a Galliani che ieri dopo il fischio finale mostrò col suo sorriso una dentatura infinita, degna del miglior squalo bianco).
La settimana scorsa si sprecavano i paragoni tra il celebre trio Ma-Gi-Ca, (Maradona, Giordano e Careca) sempre più accostato al contemporaneo terzetto Lavezzi-Hamsik-Denis che per carità, benissimo ha fatto e sicuramente continuerà a fare di qui al termine della massima serie ma attualmente, i confronti col passato, lasciano il tempo che trovano visto che Ma-Gi-Ca più che un trio era un vero e proprio triumvirato l’unico, a cavallo degli anni 80’-90’ del secolo scorso, in grado di spodestare il governo olandese di Gullit, Rijkaard e Van Basten. Ad onor del vero, prendendo spunto dalle pagine dei più autorevoli quotidiani sportivi nostrani, una cosa è certa: la squadra di Reja più che sconfitta, esce ferita dalla “Scala del calcio” (probabilmente pochi giornalisti conosco il teatro “Massimo” di Palermo: sarà forse per questo che paragonano San Siro al noto teatro milanese? Ma questa è un’altra storia), dove gli azzurri giocano con diligenza e tengono alta la testa non lasciandosi intimorire dalle urla di “ringhio” Gattuso - forse l’unico un po’ impaurito dalla veemenza dialettica del calabrese è stato Hamsik, redarguito a suon di vaffa dal metronomo rossonero Gennaro. – Parolacce e sguardi da “Esorcista” a parte decisiva, nell’economia del match, è stata l’espulsione maturata per doppia ammonizione dell’esterno partenopeo Maggio. Sino ad allora, infatti, la supremazia nella zona nevralgica del campo era in mano ai napoletani che, grazie al tanto amato 3-5-2 “rejaniano”, non lasciavano spazio alle folate offensive del Milan. La vetta per il Napoli è sfumata, è vero, ma non è il caso di fare drammi alla Nino D’Angelo, visto che la prima piazza della classifica dista soltanto 2 punti. Ergo il somarello azzurro non dovrà far altro che caricarsi di duro lavoro e buoni propositi per tentare di riacciuffarla il prima possibile. Ma si sa il ciuchino partenopeo è abituato a soffrire e portare sulle spalle macigni, ma dopo le aule di tribunale e gli inferi della C2 questa sconfitta, più che amara, ha un sapore agrodolce (chiedere al patron De Laurentis comunque soddisfatto ieri a fine gara).

Dando un rapido sguardo alla classifica, dominata in solitudine dal Milan con 22 punti, un gradino nonché un punticino più in basso, troviamo l’Inter che, stanca del monolocale chiamato quarto posto, ha chiesto all’Udinese di dividersi l’affitto dell’attico che da al secondo. Detto fatto: i bianconeri friulani con lo spettacolare 2-2 contro il Genoa, accontentano i capricci di Mourinho che, con affanno e grazie al siluro di Cordoba al 91.mo, gelano una grande Reggina in grado di rimontare il momentaneo 2-0 nerazzurro. Un super Cagliari si sveglia dal tepore iniziale causato dal gol firmato Di Vaio, timido affondo degli emiliani preludio di batoste orbe sarde che affondano l’orgoglio rossoblù con un 5-1 tennistico. Forse la proverbiale pazienza della presidentessa del Bologna Menarini, nei confronti del suo tecnico Arrigoni, potrebbe essere giunta al capolinea. Un’altra sorpresa che non ti aspetti, regalata della 10.ma giornata, è l’impresa targata Giampaolo che da sapiente stratega ha guidato il suo Siena alla vittoria (di misura) nel sentitissimo derby toscano contro la più titolata Fiorentina di Prandelli. Continua il buio pesto per il Toro sconfitto dalla Sampdoria grazie all’euro-gol di Bellucci. La domanda sorge spontanea come mi suggerisce il maestro Lubrano: ma bisogna portare in dote un cognome straniero (non so Ibrahimovic ad esempio), per essere definito “genio” del calcio? Beh consoliamo il povero blucerchiato Claudio plaudendo al suo magnifico gesto e rinfrancando il suo spirito ricordandogli che, realizzazioni così belle, sono degne della miglior Monica che, guarda caso, anche lei si chiama Bellucci…
L’unico match terminato a reti inviolate è stato quello di Bergamo tra Atalanta e Lecce.

Chiudiamo il nostro quadro sulla Serie A parlando del doppio responso avuto da una singola sfida, vale a dire Juventus-Roma, anticipo serale di sabato. La "ex classica" del nostro calcio, vista la balbuziente classifica dei giallorossi (adesso terzultimi), ha infatti decretato la definitiva fine della crisi della “Vecchia Signora” che, testuali parole di Ranieri “adesso vede l’aurora” (ed anche il ritorno in Champions League al Bernabeu contro un infuriato Real Madrid ieri bloccato dal modesto Almeria) e il baratro della retrocessione per gli uomini di Spalletti, che potrebbe dimettersi qualora mercoledì all’Olimpico contro il Chelsea, la fanteria romana dovesse schiantarsi sulle solide palizzate inglesi. Staremo a vedere.

Fonte Simone Alibani per mediagol

Rocchi e l'arte sottile di indirizzare le partite senza che nessuno se ne accorga...

Maledetta sudditanza, ci risiamo. Niente da fare. E’ più forte di loro, cioè degli arbitri. Evidentemente non è proprio possibile fischiare senza avere uno se non due occhi di riguardo per Milan (stavolta in primis) ma anche per Inter e Juve. Le strisce di sempre, insomma.

Ognuno può rinfacciarsi all’infinito questo o l’altro torto subito così da lavarsi la coscienza, ma la realtà è lampante: con le grandi non si può, non si deve, non sta bene. Onore il potente, regola numero uno. Ed il bello è che stavolta non ci sono episodi così clamorosi, o se ci sono si può obiettare per ore, ma è la GESTIONE delle partite che è tornata saldamente in mano alle big ben aldilà delle capacità dei rispettivi campioni di far gol e vincere le partite. La “gestione” degli arbitri è cosa nota e arcinota: consiste nello spezzettare il gioco dei più deboli, distribuire qualche ammonizione al momento giusto, ignorarne altre. E ancora lasciar correre o invertire perfino la rimessa laterale sempre al momento più opportuno. Per le moviole è impossibile documentare tutte queste micro ingiustizie che però alla fine della partita sommate insieme fanno la differenza.

Illuminante è stato il presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, a SKY nel dopopartita di San Siro: “Inutile tirare in ballo la sudditanza, andrebbe tirato in ballo tutto il calcio italiano.” ha detto in pratica il patron azzurro. Un’accusa gravissima che dimostra come il potere nel calcio abbia adesso vecchi-nuovi padroni rispetto al … passato. E non basta neanche Collina a spodestare quella straordinaria inimitabile virtù di cui si dota ogni italiano armato quando imbraccia un briciolo di potere: correre in soccorso al vincitore.

Gli arbitri, per non correre rischi e allo scopo di avvantaggiarsi sul lavoro, iniziano subito dallo 0-0 cioè dal primo minuto così che sconfiggere Milan, Inter o Juve è tornata l’impresa di sempre, ovvero dei tempi di Calciopoli.

Fonte calciomercato.com

La strega nel cuore: Benevento - Real Marcianise

Delude il derby campano della decima giornata, valevole per il campionato di Lega Pro. Non si fanno male Benevento e Marcianise e si dividono un punto molto più utile ai casertani che ai beneventani.

Entrambi gli allenatori riservano qualche sorpresa negli undici iniziali.
Papagni presenta una squadra spregiudicata lasciando fuori Cejas e schierando Clemente come esterno di centrocampo.
Fusi, dal suo canto, lascia in panchina l'ottimo Russo per schierare Ciano, giocatore più attento alla fase difensiva.
Le prime occasioni della partita sono del Benevento, con Palermo che per due volte non riesce a centrare la porta. Al 37esimo i sanniti passano in vantaggio con un gran gol di Clemente, abile a finalizzare di testa un cross pennellato di Bueno.
La gioia però dura poco: due minuti dopo, infatti, il Real agguanta il pareggio con Innocenti che ribadisce in rete una palla che danzava pericolosamente nell'area giallorossa.
Ad inizio ripresa il Marcianise ha subito la possibilità di portarsi in vantaggio, con Innocenti che, solo davanti a Gori, spara il pallone nel cielo beneventano.
Papagni, viste le scelte infelici del primo tempo, rivoluziona la squadra con gli ingressi di Cejas per Cinelli e di Tesser per Palermo. Grazie alle geometrie del centrocampista argentino, il Benevento riesce ad avere nelle mani il pallino del gioco, anche se non crea grossi pericoli alla difesa marcianisana.
Al 23esimo viene espulso Ciano, per un fallo da ultimo uomo su Bueno, apparso molto dubbio dalla tribuna. Il Benevento ne approfitta per cercare a tutti i costi la vittoria ma, vuoi per la scarsa vena degli attaccanti vuoi per i cambi di Fusi che mette dentro altri due difensori, il risultato non si sblocca, rimanendo impantanato sull'1 a 1.

PAGELLE

GORI: poco impegnato questa sera, ma quando viene chiamato in causa è sempre pronto e attento. 6
AQUILANTI: non molto positiva la sua prova. Appare timido e intimorito da non si sa cosa. Sbagli anche i passaggi più elementari ed è inesistente nella spinta offensiva e nelle sovrapposizioni. 5,5
COLOMBINI: il buon Francesco fornisce una prova finalmente degna delle sue quotazioni. Perfetto in fase difensiva, dà il giusto apporto alla manovra offensiva della squadra, arrivando al cross più volte. 6,5
FERRARO: un passo indietro rispetto alla prova di Pistoia, ma comunque la sufficienza la raggiunge, anche perché difronte ha un avversario di tutto rispetto. Guida bene la difesa, diventandone sempre più leader. 6,5
IGNOFFO: Romano e Innocenti sono due brutti clienti e mettono spesso in difficoltà il roccioso difensore già del Napoli. Non riesce a prendere le misure alle punte marcianisane, sembrando molto impacciato e impreciso. 5,5
DE LIGUORI: solita partita cuore e polmoni. Recupera una quantità industriale di palloni e fa un pressing asfissiante sui portatori di palla gialloverdi. Dovrebbe essere meno frettoloso e ragionare un pò in più quando ha la palla tra i piedi, ma va bene così6,5
CINELLI: come il suo compagno di reparto. Quando si tratta di recuperare palla, il rosso centrocampista è sempre puntuale. Ma nella costruzione del gioco è praticamente inesistente e ne risente tutta la squadra. 6
PALERMO: cerca di riscattarsi dalle prove opache delle ultime giornate, mettendoci tanto impegno. Non ci riesce anche perchè gioca completamente fuori ruolo, risultando spesso spaesato. 5
CLEMENTE: è in buon momento di forma e il gol realizzato è lì a dimostrarlo. Non si capisce perchè Papagni lo schieri esterno di centrocampo tenendolo di fatto lontano dall'area di rigore, avendo anche compiti di ripiegamento difensivo. 6,5
BUENO: arriva da un infortunio muscolare e questo può essere un alibi per la sua grigia prestazione. A parte l'assist per Clemente, non fa nient'altro risultando perfino superflueo nei movimenti offensivi. Da rivedere. 5
CASTALDO: anche la sua prestazione non è delle più rosee. Ma, a differenza di Bueno, cerca di inventarsi qualcosa e, a dir il vero, una rete la realizza pure, ingiustamente annullata dall'arbitro. 6
CEJAS: quando entra dimostra che di lui, proprio non si può fare a meno. Le sue geometrie sono fondamentali per una squadra che altrimenti è quasi abulica. Fondamentale 6,5