La lettera dei tifosi della Sambenedettese a Stefano Borgonovo

Ecco la lettera dei tifosi della Sambenedettese a Stefano Borgonovo, ex calciatore della Fiorentina ma anche ex proprio della Sambenedettese, colpito dalla SLA. Questi veri tifosi di calcio hanno organizzato una colletta per raccogliere fondi per la ricerca per poter finalmente combattere e far luce su questa terribile malattia. La riportiamo integralmente. Un plauso a questi splendidi ragazzi

ciao Stefano,
chi ti scrive è un gruppo di ultras della Sambenedettese.
siamo tutti abbastanza giovani, dai 20 ai 30 anni e quindi quasi nessuno di noi ti ha visto indossare la casacca rossoblu.
tuttavia, sappiamo bene chi ha reso grande la nostra squadra e chi ha onorato, seppur per una sola stagione, san benedetto e la sua gente.
appena saputo della tua grave situazione, ci siamo attivati con l'unica cosa che potevamo fare: una "colletta" in curva mediante la quale abbiamo raccolto una discreta somma a cui abbiamo aggiunto il fondo cassa del nostro gruppo. il tutto è stato inviato alla fondazione che porta il tuo nome.
con questo vogliamo testimoniarti la nostra vicinanza. ogni domenica gridiamo allo stadio il tuo nome e ti invitiamo a non mollare, ma su questo non abbiamo dubbi. ultimamente per gli ultras la situazione si è fatta brutta. stampa e tv ci danno addosso appena possono, dipingendoci come il male del calcio. noi come vedi non siamo mostri, come vogliono farci apparire, ma uomini che, con pregi e difetti, cercano anche di restare uniti nei momenti di difficoltà.
un abbraccio grade "Borgo" a te e alla tua famiglia.
sappi che la curva nord di san benedetto, di ieri e di oggi, sarà sempre al tuo fianco.
TIENI DURO! "i ragazzi della nord"

Zizì Roberts, l'amico di Weah... Amico ma non collega


L'Italia è piena di "amici di", "parenti di", "compari di". Anche di "figli di", ma quello è un altro discorso. Il calcio non fa eccezione: prendiamo Zizì Roberts, il bomber liberiano "amico di Weah", parcheggiato dal Milan al Monza e poi al Ravenna, con infausti risultati. Fosse stato un pincopallino qualsiasi, avrebbe avuto di sicuro meno chances di approdare in rossonero, ma almeno sarebbe stato guardato con occhi scevri da pregiudizi e ironia. Che per uno che già è scarso di suo, non è mai una bella cosa.

Kolubah "Zizi" Roberts nasce a Monrovia, capitale della Liberia, il 13 giugno 1979, da una famiglia di agricoltori. Pare che il suo nome, tramandatogli dal nonno, in dialetto Kru significhi letteralmente "forte come il legno", ma non si hanno riscontri effettivi di questa che, a onor del vero, potrebbe essere tranquillamente un'invenzione giornalistica successiva. Perché Zizì, in effetti, è davvero robusto, e anche piuttosto alto: non a caso fin da ragazzino viene schierato come centravanti di sfondamento nello Junior Professionals, uno dei tanti club di Monrovia. Esordisce nel 1994, a soli 15 anni, contribuendo alla promozione dei suoi in serie A; nel 1996 è tra i protagonisti assoluti della vittoria del campionato, la prima nella storia del team. E' un momento magico per Zizì, che assapora anche la gioia della convocazione in Nazionale; debutta nel match contro il Gambia valido per le qualificazioni al Mondiale di Francia '98 (il 16 giugno 1996), e finisce 4-0 per i Lone Star, la vittoria più ampia che la rappresentativa biancorossa abbia mai riportato nella sua storia. Insomma, questo ragazzo sembra nato per porre la sua firma in calce alle pagine del destino. La fortuna gli dà una mano importante quando, nell'estate del 1995, il suo amico e concittadino illustre George Weah si trasferisce al Milan. Conquistata la fiducia di tifosi e dirigenti a suon di gol, e soprattutto acquistato l'intero club dello Junior Professionals, nell'estate del 1997 il centravanti rossonero si reca da Ariedo Braida con questo consiglio/ordine: acquistare Zizì Roberts. Detto fatto. Il ragazzo - che già aveva fallito un provino con il Castel di Sangro, e di cui la dirigenza del Milan conosce a malapena il nome - sbarca in Lombardia a fine luglio, dopo aver risolto alcuni problemi con il visto italiano. Il tecnico Fabio Capello, intuite le doti del ragazzo ma anche la sua inesperienza per affrontare un campionato come quello nostrano, decide di metterlo alla prova, giusto per sicurezza. Lo convoca subito per la tournée in Brasile dei rossoneri; gli concede tre minuti contro l'Atletico Mineiro e un quarto d'ora contro l'America, "rubando" spazio a Kluivert e Andreas Andersson. Come volevasi dimostrare, l'amico di Weah - diviene questo il suo soprannome, un po' provocatorio - viene bocciato dal tecnico friulano (che pure capeggia una folta schiera di meteore, quell'anno) e girato in prestito per un anno al Monza, la società satellite del Milan per eccellenza, appena risalita in serie B. E' con i brianzoli che si inagura ufficialmente l'esperienza italiana di Zizì.

Il Monza, guidato dall'esperto Gigi Radice, si presenta ai nastri di partenza della stagione 1997/98 intenzionato a puntare alla salvezza, anche striminzita se necessario. Sull'acquisto di Zizì Roberts, che viene sancito il 22 agosto 1997, qualcuno storce il naso: che ci fa un liberiano "raccomandato", seppure presunto campione, in una squadra che dovrebbe servire a valorizzare i giovani talenti italiani? Lo stesso giocatore non è che faccia i salti di gioia: "Sono sorpreso ma contento - spiega imbarazzato in conferenza stampa - di poter giocare nel Monza. Nessuno al Milan mi aveva infatti preventivato una tale soluzione. Però è chiaro che con giocatori del calibro di Kluivert e Weah gli spazi per il sottoscritto sarebbero stati praticamente inesistenti, dunque il passaggio al Monza mi apre nuove prospettive. Poi qui siamo a pochi chilometri da Milano e l'amico George mi ha garantito che, non appena la serie A effettuerà una sosta, farà di tutto per venire a vedermi e a incitarmi". In effetti, il bomber del Milan quando possibile non fa mancare la sua presenza sulle tribune del Brianteo. C'è, ad esempio, il 14 settembre, in occasione del primo gol ufficiale in Italia del diciottenne, contro il Venezia. Destino bizzarro: addormentatosi in camera ("ero salito a prendere la giacca" la sua versione), il ragazzo era stato dimenticato dal pullman che aveva portato il Monza dall'albergo del ritiro al campo. Raggiunti i compagni in auto, si accomoda in panchina e al 26' del secondo tempo entra, segnando poco dopo un bel gol di testa. "Non è la prima volta che accade di perderlo per strada - svela Radice -. Capita che il compagno che deve bussare alla sua porta o lo deve andare a prendere per gli allenamenti si dimentichi". In ogni caso, il gol sembra essere l'inizio di una stagione scintillante, ma non è così. Il liberiano, nelle partite successive, si dimostra ancora acerbo: "Ha scatto, un forte tiro e due piedi buoni, ma a volte in partita si perde - lo recensisce Bolchi, subentrato a Radice ai primi di ottobre -, si lascia andare a qualche ingenuità. Per questo gioca ancora a sprazzi". Fuori dal campo non va molto meglio: Zizì non sa una parola di italiano e ha problemi a comunicare con i compagni, nonostante la presenza del senegalese Joaquim Fernandez e del tecnico del settore giovanile Andrea Icardi, ex giocatore del Milan che avendo militato un anno in Australia se la cava con l'inglese. "Due volte la settimana lo prendo da parte e gli spiego i movimenti provati in allenamento - racconta Icardi -. Poi passiamo agli esercizi col pallone e senza. Zizi ha grandi qualità, quando sarà anche più smaliziato, diventerà un giocatore completo". Qualche gol comunque arriva: contro il Chievo, il 9 novembre, e poi contro la Salernitana il 5 gennaio, e sono quantomeno reti piuttosto pesanti, anche perché il liberiano quasi sempre entra nel finale e finisce per inventarsi qualcosa proprio in 'zona Cesarini'. Del resto Bolchi, dopo il gol messo a segno in trasferta contro l'Ancona (l'11 gennaio), spiega: "Zizì è come una macchina da corsa che deve essere ancora messa a punto, ecco perché lo faccio giocare soltanto per poco tempo e non per tutti i 90 minuti". Infatti debutta dal primo minuto l'8 febbraio contro il Verona, ma non è che cambi molto. A marzo, peraltro, Bolchi viene a sua volta sostituito da Pierluigi Frosio, e l'attaccante ne soffre non poco, tanto che riuscirà a mettere a segno soltanto un'altra rete, l'11 maggio contro il Padova. Alla fine il Monza si salva per il rotto della cuffia, più che altro grazie alle reti di Francioso e alle provvidenziali parate di Abbiati (lui sì, un giocatore da portare a Milanello!). L'infinita pazienza dei dirigenti del Milan, comunque, consente a Roberts di fare un altro giro sulla giostra della B, stavolta con la maglia del Ravenna. L'operazione - prestito gratuito per una stagione - frutta peraltro ai rossoneri un'opzione sul portiere Andrea Roccati. Per fortuna non verrà mai utilizzata.

Sergio Santarini, tecnico del Ravenna, dopo aver tenuto in panchina Roberts nelle prime partite, riceve un'illuminazione: perché non farlo giocare da terzino invece che da attaccante? Del resto è proprio in difesa che il giocatore ha accumulato quasi 30 presenze con la maglia della Nazionale liberiana; dunque vale la pena ripetere l'esperimento. In effetti i risultati si vedono: Zizì innanzitutto si ambienta meglio, e trova nel centrocampista Antonio Casalini, suo compagno di stanza in ritiro, un inaspettato traduttore inglese-italiano. Primo giocatore straniero nella storia del club romagnolo, Roberts - chiuso inizialmente come attaccante - trova subito un buon minutaggio quando viene "riscoperto" terzino. Memorabile, il 13 dicembre 1998, la gara contro il Napoli. Entra a dieci minuti dalla fine con i suoi in vantaggio per 3-2: al novantesimo salta Pesaresi sulla sinistra con uno scatto fulminante, e da trenta metri insacca con una bomba di sinistro. Capolavoro, un gol da Milan. Alla fine saranno 18 le presenze in campionato per il liberiano; a Monza erano state 27, è vero, ma molte di queste soltanto spezzoni di partita. Al Milan, comunque, non basta: la pazienza si esaurisce, ma non prima di aver provato l'ultima carta, la cessione in prestito al Bellinzona, nel campionato svizzero. Dodici partite, esattamente 931 minuti giocati (ah, la precisione elvetica!), ma pochi sprazzi di genialità. Roberts, che a 20 anni non può più permettersi di recitare il ruolo di "eterna promessa", deve cercarsi un'altra squadra. Nel gennaio del 2000, del resto, il suo mentore George Weah lascia il Milan per trasferirsi al Chelsea; i dirigenti rossoneri, finalmente, possono dunque vendere Zizì al primo che passa senza avere rotture di scatole. E ne approfittano subito, qualche giorno dopo la partenza del bomber: ad acquistarne il cartellino è lo Ionikos Nikaias, club del Pireo allenato dall'ucraino Oleg Blokhin. E' probabile che Weah abbia cercato di convincere anche il Chelsea ad acquistarlo, ma in Inghilterra certe cose le sentono a naso…

In Grecia, Roberts ritorna attaccante e con risultati più che discreti: otto gol in 15 partite all'esordio nel campionato ellenico, con un buon quinto posto finale. La stagione successiva il liberiano passa al Panionios, dove addirittura esplode: 13 gol in 30 gare, un'annata decisamente trionfale che gli vale, nell'estate del 2001, il trasferimento all'Olympiakos neo-campione dei Grecia. Il giocatore firma un biennale (con opzione per altri due anni) e il suo cartellino viene valutato circa un milione di dollari. Qui però la sua verve si spegne, anche perché lì davanti Lampros Choutos (sì, proprio lui) ha il posto assicurato, e dunque gli spazi per giocare sono davvero pochi. Quando viene chiamato in causa, tuttavia, Zizì c'è sempre (cinque gol in otto partite, quasi esclusivamente in Champions League), finché a novembre 2002, dopo aver vinto il campionato con il club ateniese, non decide di cambiare aria e di trasferirsi addirittura negli Stati Uniti. Firma infatti per i Colorado Rapids di Denver, che hanno bisogno di una punta di peso da affiancare a Carlos Valderrama e all'altro liberiano Musa Shannon. Negli States iniziano però i guai fisici: arrivato già claudicante nella MLS, Zizì si infortuna ripetutamente al ginocchio, tanto che nel 2004, alla scadenza del contratto (9 gol in 17 partite in due anni in Colorado), è costretto ad operarsi e a concedersi una lunga "pausa di riflessione" in attesa di ristabilirsi fisicamente. Il suo obiettivo è tornare in Nazionale, in vista delle qualificazioni ai Mondiali 2006, ma resterà un sogno destinato a non realizzarsi, nonostante la pressione delle istituzioni locali (che nel 2003 lo avevano eletto addirittura "calciatore liberiano dell'anno"). Alla fine del 2004 si accasa mestamente al Coalisland Athletic, prima divisione dell'Irlanda del Nord, club nel quale - a quanto è possibile desumere dalle pochissime e incomplete fonti a disposizione - milita ancora. Chissà se da Miami, dove vive attualmente, George Weah lo degna ancora di qualche telefonata.

Fonte Germano D'Ambrosio per tuttomercatoweb.com



I dolori del giovane Radoslaw... Matusiak chiude col calcio!

Che non fosse poi così aggraziato nei movimenti, che stesse sulla soglia dell’area di rigore sempre spalle alla porta, immobile senza mai provare a voltarsi e guardare per un attimo in faccia il portiere, che non avesse sopraffine doti di palleggiatore e che anche di testa non costituisse un particolare pericolo per gli avversari… beh penso che queste cose le avessero notate un po’ tutte. Ma di tutto ci saremmo aspettati, tranne scoprire che l’ex centravanti per caso del Palermo Radoslaw Matusiak, lo scorso 29 agosto, alla veneranda età di 26 anni abbandonasse il calcio professionistico. Cioè, praticamente, s’è ritirato a vita privata.
Per chi ha un minimo di dimestichezza con l’inglese, potrà trovare riscontro a questa sconvolgente notizia facendo una semplice ricerca sul web digitando nome e cognome dell’attaccante polacco. La news è riportata persino dal sito ufficiale della Uefa, dove in risalto troverete la frase del signor Matusiak padre, tale Janusz, che curando gli interessi del figlio spiega in maniera netta la decisione dell’ex centravanti della nazionale che fu di Zibi Boniek: “Mio figlio diventerà adesso un uomo d’affari!”.

Sarei tanto curioso di chiedere al signor Janusz quali affari vede lui oggi più redditizi dello sport-business calcistico. Fatti i dovuti raffronti, una frase del genere è paragonabile a quella di un ex attore porno pentito che dichiara: ‘Da oggi mi chiudo in convento’.

Il signor Matusiak padre mi risponderà che certo il figlio non guadagnerà più delle migliaia di euro che riusciva a spillare a squadre come il Palermo, ma almeno otterrà la pace della coscienza e un guadagno in termini di autostima. Eh sì, cari lettori, pare proprio che la clamorosa scelte del giovane prematuramente scaduto Radoslaw sia stata dovuta allo stato di depressione morale nel quale il giocatore era caduto a partire proprio dal suo flop palermitano. I dolori del giovane Radoslaw sono iniziati una volta abbandonato il nido del suo primo club polacco, il GKS Belchatow. A Palermo sappiamo tutti com’è andata (anche se riconosco che qualcuno potrebbe già aver rimosso il fuggente ricordo della sua permanenza siciliana). Avendo riscontrato che nel Palermo di Zamparini e, allora, Foschi né sotto Guidolin, il primo che trovò in panchina essendo stato acquistato nel mercato di riparazione 2007 (che in questi casi specifici diventa ovviamente di distruzione), né tantomeno sotto Colantuono, all’inizio del campionato successivo, sarebbe stato ‘valorizzato’ (ancora oggi non ci sembra che il Palermo Calcio si sia attrezzato per compiere certi miracoli come succursale di Lourdes), Matusiak decise (vivamente consigliato dalla società rosa) di cambiare aria.

Migrazione in Olanda, nelle fila dell’SC Heerenveen (proprio la squadra che ieri sera il Milan ha strapazzato 3-1 in Coppa Uefa: qualcuno, esperto di cose internazionali, si sarà magari chiesto dove fosse Radoslaw!). Tanta e tale era la fama del centravanti polacco che su alcuni forum di tifosi olandesi impazzava la domanda: ‘Ma chi c… è sto Matusiak?”. Lì i più informati rassicuravano gli amici sprovveduti con un breve curriculum del giocatore e sottolineavano la parte che più dava valore al suo pedigree di attaccante di razza: ‘Guardate che sto tizio ha giocato nella serie A italiana e ha pure segnato un gol (all’Ascoli, ndr) con la maglia del Palermo (quale onore, nda) e pensate che lo ha scoperto Rino Foschi (non è vero, questa è una mia personale aggiunta…)’. Ma anche nei Paesi Bassi ben presto capiscono che Matusiak e il calcio sono due mondi paralleli. Così l’attaccante, perso anche il treno della nazionale polacca per Euro 2008 (qualcuno di voi ammetta che attendeva di vedere qualche gara della Polonia per la sola curiosità di riammirarlo in campo), finisce (lo scorso gennaio) in prestito al Wisla Cracovia. E siamo ai giorni nostri. Essendo ancora sotto contratto con l’ Heerenveen (i furbi olandesi lo hanno bloccato per tre anni) il giocatore sarebbe dovuto rientrare alla base per la stagione in corso, ma il tecnico del team olandese Trond Sollied ha subito messo le carte in tavola dichiarando di non voler usufruire dei servigi sportivi del signor Matusiak e invitandolo a trovarsi una nuova sistemazione altrove. Radoslaw, convalescente nella sua città natale di Lodz in Polonia per i postumi di un recente infortunio, ha a questo punto annunciato la fine dei giochi. C’è da credergli fino in fondo? Il padre, sempre lui, afferma che il figlio è sconcertato delle critiche mossegli in questi ultimi tempi, specie dalla stampa specializzata. Qualcosa mi dice che la mossa del ritiro è stata decisa proprio perché la stampa riprendesse ad occuparsi del caso (umano) Matusiak. Tanto è vero che già si inizia a sentire la mancanza del possente centrattacco polacco: il club della sua città ŁKS Łodz, l’unico ad essere rimasto in massima divisione dopo la retrocessione del Widzew, lo vuole assolutamente assoldare. Per il tecnico Marek Chojnaki sarebbe il risolutore di tutti i problemi della squadra (devono essere messi proprio male!). Alla fine, cosa deciderà Radoslaw Matusiak? Riprenderà le scarpette dal chiodo dove le ha momentaneamente appese o ce lo ritroveremo un giorno dietro la porta di casa a fare il piazzista di chissà quale compagnia telefonica polacca? Ai posteri l’ardua sentenza!

Fonte Fabio Giacalone per mediagol.it

Il punto su... Le italiane in Champions

Giornata in agrodolce per le squadre italiane impegnate nella manifestazione continentale più importante.
La notizia del giorno è rappresentata sicuramente dall'impresa della Juventus che supera per 2 a 1 il Real Madrid.
Un risultato che lascia sorpresi soprattutto per il momento no che la squadra della stirpe Agnelli attraversava dopo le due sconfitte consecutive in campionato. Ma, spesso e volentieri, i bianconeri ci hanno abituato a risposte rabbiose ai momenti di difficoltà. E così è stato anche martedì sera, trascinati da un Del Piero eccezionale e da un Amauri sontuoso. Ma è tutta la squadra ad aver fatto bene, compresi quei giocatori maggiormente criticati fino a questo momento, vedi Molinaro. Una partita condotta con grinta, concentrazione e condita dai colpi eccezionali dei suoi campioni.
Nella stessa giornata delude la Fiorentina, che esce notevolmente ridimensionata dal match contro il Bayern Monaco di Luca Toni. 3 a 0 il risultato. Un risultato sicuramente bugiardo e troppo severo per i gigliati. che evidenzia però tutte le lacune di una squadra che manca soprattutto dal punto di vista dell'esperienza.
Ciò però non deve portare all'annullamento mediatico di quanto di buono ha fatto fino ad ora la Fiorentina e anche ieri sera le sue occasioni le ha create sbagliando gol clamorosi con Melo, Gilardino e Mutu.
Mercoledì sera è il turno di Inter e Roma. I nerazzurri trovano qualche difficoltà di troppo a superare i ciprioti dell'Anorthosis di Dellas. Il risultato di 1 a 0 la dice lunga su quanto abbia sofferto l'Inter, anche se i ciprioti hanno creato pocchissime azioni offensive. La rete decisiva porta la firma del redivivo Adriano, abile ad insaccare un preciso cross del solito Maicon.
La Roma esce sconfitta dallo Stamford Bridge, contro un Chelsea che non è sembrata affatto una squadra imbattibile. Una partita condotta bene dai capitolini che hanno creato qualche grattacapo ai Bleus. Alla minima disattenzione difensiva, sono stati puniti da Terry che in area, liberissimo, insacca un calcio d'angolo di Lampard, firmando la rete del definitivo uno a zero.